S Agostino narra nelle Confessioni l'episodio del furto delle pere per dimostrare che il peccato è presente nell’uomo fin dalla nascita.
Nelle Confessioni sant'Agostino racconta di un furto da lui commesso in giovane età. Vicino a casa sua c'è un pero carico di frutti. Di notte Agostino insieme ad altri coetanei, lascia la casa, va nell'orto del vicino e
ruba una grande quantità di pere, per poi gettarle ai maiali, avendone in abbondanza e di migliori in casa propria. Da ciò si capisce che
Agostino è spinto al furto non per esigenza, per bisogno, ma per lo stesso peccato. Si commette il male, si ruba qualcosa non per necessità, ma per il solo gusto di commettere quell'azione. Infatti
Agostino sostiene di non essere allettato dal sapore e dalla forma delle pere, ma dalla stessa malefatta, dal piacere di peccare insieme agli altri compagni. Ed in questo consiste l'essenza vera del peccato, nel compiere un'azione triste e sgradevole in quanto inutile, senza nessun tipo di guadagno o necessità al solo scopo di compiere un'azione solo per il desiderio di farla, senza nessun tornaconto, solo per il gusto dell'avversione alla giustizia.
Si commette il male gratuitamente e senza motivo.
Come dice lo stesso sant'Agostino "il mio cuore a che cosa mai mirava se non a esser malvagio senza alcun tornaconto, tanto da non trovare altra causa alla malvagità, se non nella malvagità
stessa". Sant'Agostino sostiene che il furto è punito dalla legge del Signore, e anche dalla legge che è scritta nel cuore di ogni uomo e che neanche l'iniquità riesce a cancellare: in realtà, qual ladro lascia derubarsi di buon animo da un altro ladro?