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     Notre Dame de Paris - Parlami di Firenze

Profeta della Pace
 

Firenze - Manifestazione

 di Giuseppe Dall’Asta   

Vi è un tema affrontato da Giorgio La Pira che rappresenta il momento di trapasso, senza soluzione di continuità, tra il suo impegno di sindaco di Firenze e quello a favore della pace e della collaborazione internazionale: il ruolo storico e futuro delle città in un’epoca di minaccia di guerra nucleare.

La Pira ne parlò in un discorso pronunciato nell’aprile 1954 a Ginevra in una seduta del Comitato Internazionale della Croce Rossa.

In quell’occasione egli sostenne che ci troviamo nell’"epoca storica delle città" e questo è confermato dalla più accreditata letteratura non solo urbanistica, ma anche storica, politica e pure filosofica e religiosa.

La cultura e la metafisica della città - osserva La Pira - sono diventate il centro nuovo di orientamento di tutta la meditazione umana. Siamo ad una nuova ‘misura’ dei valori: la storia presente, ma ancora più quella futura, si serviranno sempre più di questo metro destinato a fornire la misura umana a tutta la scala dei valori1.

Ma a questo periodo di preminenza delle città fa riscontro, per un misterioso paradosso della storia, proprio l’epoca in cui la distruzione simultanea delle principali città del mondo può essere compiuta in pochi secondi. "Che sarebbe dell’umanità - si chiede La Pira - senza questi centri essenziali del mondo civile e che diritto hanno gli Stati di distruggere queste ‘unità viventi’ in cui si concentrano i valori essenziali della storia passata e futura?". Le generazioni attuali non hanno il diritto di distruggere una ricchezza che è stata loro affidata in vista delle generazioni future. Il diritto all’esistenza delle città nel loro valore storico, artistico, culturale, politico e religioso si fa più grande a misura che si chiarisce nella meditazione umana attuale il significato profondo delle città stesse.

La Pira concluse il suo discorso affermando solennemente:

Io domando che il diritto delle città all’esistenza sia formalmente riconosciuto dagli Stati che hanno il potere di violarlo; io domando, anche a nome delle generazioni future, che i beni di cui sono destinatari non siano distrutti2.

Ma perché questo avvenga occorre che gli Stati si sentano responsabili dei luoghi essenziali per l’esistenza stessa della civiltà umana e che, di conseguenza, siano sottratti a qualsiasi minaccia mortale di azioni di guerra. Il problema è veramente la magna quaestio del nostro tempo e risolverlo significa avere salvato l’umanità intera da certa rovina.

Queste idee furono ribadite da La Pira in occasione del Convegno fiorentino dei Sindaci delle Capitali, da lui promosso nel 1955: "Ciascuna città e civiltà è legata organicamente per intimo nesso e scambio a tutte le altre: formano tutte insieme un unico grandioso organismo". Le città restano, specie quelle fondamentali, arroccate sopra i valori eterni, portando con sé, lungo il corso dei secoli e delle generazioni, gli eventi storici, di cui sono state protagoniste e testimoni. Esse sono come "libri vivi" della storia e della civiltà umana, destinati alla formazione spirituale e civile delle generazioni future.

 

 Messaggero di fede e di pace

L’azione politica e profetica di Giorgio La Pira a favore della pace si espresse in molteplici e ardite iniziative che caratterizzarono il suo impegno pubblico di sindaco di Firenze e di ‘ambasciatore’ di pace.

Per comprendere il valore e l’importanza della sua opera, ci soffermeremo su alcune iniziative e interventi che possono aiutarci a capire la singolarità di una testimonianza che ha una sua logica e una sua profonda motivazione.

Giorgio La Pira nel 1959 si recò nell’URSS, con invito ufficiale dell’ambasciatore Bogomolov. Il viaggio avvenne dopo il rapporto Krusciov al XX Congresso del PCUS e quando ormai si delineava la politica di coesistenza. In questo nuovo clima di collaborazione internazionale, La Pira inserì per primo, in modo costruttivo e non polemico, il tema della libertà religiosa come elemento essenziale di un processo di edificazione pacifica3.

Davanti al Soviet Supremo al Cremlino, egli espose tranquillamente ma con fermezza le sue idee di credente e di uomo amante della pace:

Signori, io sono un credente cristiano e, dunque, parto da questa ‘ipotesi di lavoro’: credo nella presenza di Dio nella storia, nell’incarnazione e resurrezione di Cristo e credo nella forza storica della preghiera; perciò, secondo questa logica, ho deciso di dare un contributo alla coesistenza pacifica tra Est e Ovest come dice il Signor Krusciov, facendo un ponte di preghiera fra Occidente e Oriente per sostenere come posso la grande edificazione di pace nella quale tutti siamo impegnati. [...] Il nostro comune programma costruttivo, il nostro disegno architettonico, deve essere questo: dare ai popoli la pace, costruire case, fecondare i campi, aprire officine, scuole e ospedali, ricostruire e aprire dovunque le chiese e le cattedrali. Perché la pace deve essere costruita a ogni livello della realtà umana: livello economico, sociale, politico, culturale e religioso. Soltanto così il nostro ponte di pace fra Oriente e Occidente diventerà incrollabile. E così lavoreremo per il più grande ideale storico della nostra epoca, un pacifico tempo di avvento umano e cristiano4.

Nei successivi contatti La Pira esortò i dirigenti sovietici a liberarsi dai "rami secchi" dell’ateismo di Stato, di derivazione illuministica e borghese, che divide anziché unire i popoli.

Il futuro dell’umanità

Un’altra testimonianza di amicizia e di fratellanza internazionale è offerta dal messaggio che Giorgio La Pira rivolse da Firenze alla Comunità degli scrittori europei nel 1962, in cui espose la sua concezione biblica della storia.

Siamo ormai - affermò La Pira - sul ‘crinale apocalittico’ della storia: in un versante c’è la distruzione della terra e dell’intera famiglia dei popoli che la abitano, nell’altro versante c’è la ‘fioritura messianica dei mille anni’ intravista da Isaia, da San Paolo e da San Giovanni: i popoli di tutta la terra e le loro guide politiche e culturali sono oggi chiamate a fare questa estrema scelta. Per non compiere il ‘suicidio globale’ e per andare, invece, nel versante della pace millenaria, bisogna accettare il metodo indicato dal Profeta Isaia: bisogna, cioè, trasformare i cannoni in aratri ed i missili in astronavi e non devono più i popoli esercitarsi con le armi5.

Francobollo commemorativo

Ciò esige una generale e profonda revisione dei concetti, dei metodi e dei fini nella teoria e nell’azione politica, esige una nuova metodologia capace di edificare nell’unità e nella pace una società nuova e proporzionata a questa epoca: la metodologia del Vangelo, che impone a tutti i popoli di amarsi e di integrarsi reciprocamente come membri solidali di un unico corpo.

Tutto questo richiede la promozione a tutti i livelli, da quello economico a quello spirituale, culturale e politico, di tutti i popoli, antichi e nuovi, della terra; esige, in particolare, una tale strutturazione del sistema economico da permettere di fondare saldamente sul lavoro la comune società dei popoli e delle nazioni: una città nuova attorno alla fonte antica, come disse papa Giovanni XXIII.

L’albero su cui questo messaggio fiorisce è davvero ben radicato, afferma La Pira, sale dalle radici più profonde della civiltà cristiana e umana di Firenze, porta i nomi di Dante, del Beato Angelico, di Leonardo, di Michelangelo e del Savonarola. A queste radici del passato si sono aggiunte le altre grandi radici del presente: quelle degli uomini più qualificati della Resistenza fiorentina, che dissero no al fascismo e al nazismo e che con il loro sacrificio contribuirono in larga misura alla fine di un tristissimo periodo di odio e di guerra ed all’inizio di questa nuova epoca carica, malgrado tutto, di fraternità, di comprensione e di pace.

 Il dialogo interreligioso

Giorgio La Pira iniziò il dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani nell’ambito dei "Convegni per la pace e la civiltà cristiana", che promosse a Firenze dal 1952 al 1956.

Il crocevia dei sentieri dei popoli mediterranei partiva da Gerusalemme, la città santa di tutte e tre le famiglie discese da Abramo6.

Nell’introdurre il III "Colloquio mediterraneo" del 1961, La Pira ricordò che l’idea dei colloqui si precisò in lui nel Natale 1957 mentre era in pellegrinaggio in Palestina ad Hebron, presso la tomba del Patriarca, di Abramo, padre della triplice famiglia dei credenti: Israele, la Cristianità, l’Islam. Egli si rendeva ben conto che il Mediterraneo da fossato quale era per diventare un grande lago di Tiberiade avrebbe dovuto abolire tutte le ragioni conflittuali, da quelle economiche a quelle politiche. Occorreva fare leva sulla fede nel medesimo Dio, con quel ricco tessuto di implicazioni etniche e sociali che aveva dispiegato lungo la storia. La struttura capace di annullare tutte le cause di divisione era, per La Pira, "la componente religiosa della rivelazione divina che trova in Abramo, il patriarca dei credenti, la radice soprannaturale comune".

Il patto di Alleanza con il Dio vivente, con il Dio di Abramo, di Isacco, di Israele e di Giacobbe, costituisce la genesi, il polo di orientamento e l’asse di sviluppo del popolo; della nazione e della civiltà di Israele e dei popoli, delle nazioni e della civiltà cristiana e araba. Il tempio, la cattedrale e la moschea costituiscono l’asse attorno al quale si edificano i popoli, le nazioni e le civiltà che coprono l’intero ‘spazio di Abramo’.

A questa componente teologale La Pira ne aggiungeva altre due: quella metafisica, elaborata dai Greci e dagli Arabi e quella giuridica definita da Roma. Ma nella sua costante e tenace azione per un’intesa tra le nazioni dello specchio del Mediterraneo, la componente più importante restava la prima, in frontale contrapposizione all’ateismo pratico del capitalismo e a quello ideologico del Marxismo.

Questa immersione nelle profondità della cultura mediterranea non era per lui una fuga mistica dal presente, né poteva appagarsi di un anacronistico ritorno al passato: era la condizione stessa della pace nel mondo, dato che l’unità dei popoli della terra non è concepibile senza l’universalità delle tre grandi famiglie monoteistiche7.

A rendere improrogabile questa scelta era la condizione apocalittica inaugurata nell’era atomica. Il disegno architettonico era semplice, dichiarava La Pira: si trattava di convocare a Firenze i popoli mediterranei, di farli incontrare in Santa Croce nel ricordo di San Francesco e nella sua azione di pace svolta nel 1210 con il Sultano, ed iniziare a Firenze, nell’occasione di questo incontro, quel negoziato di pace destinato a dare unità a tutti i popoli mediterranei, membri dell’unica famiglia abramitica e destinati a dare un nuovo essenziale apporto alla nuova civiltà del mondo.

Questa esperienza fiorentina fu per La Pira un "progetto operativo" che si articolava in tre parti strettamente collegate tra di loro: la prima riguardava la presente età apocalittica e nucleare della storia del mondo; la seconda considerava la finalità, la "teleologia" della storia in generale; la terza si riferiva specificamente alla storia mediterranea, dei popoli membri della comune famiglia del Patriarca Abramo.

E qui entra in campo quello che La Pira chiama il "sentiero di Isaia". La storia universale è paragonata a un grande fiume che, nonostante le sue anse e i suoi percorsi tortuosi, sotto la spinta della forza soprannaturale della Grazia, va verso la foce dell’unità dei popoli. Il fiume storico dell’utopia profetica di Isaia costituisce, come rilevò anche Paolo VI, l’autentico realismo della storia. A questo finalismo oggi non c’è alternativa se non la distruzione apocalittica del genere umano.

Osserva La Pira: tutta la storiografia biblica - Antico e Nuovo Testamento - e anche la tradizione del Corano, sono animati da questa invincibile speranza. Una speranza che si radica in Abramo, che percorre tutta la storia di Israele e di Ismaele, che attraverso i Patriarchi, Mosè e i Profeti, perviene fino al Cristo risorto, sino al termine dei secoli.

Questa nuovissima "età finale" della storia - età nucleare ed età apocalittica - va vista ed interpretata in funzione del sentiero di Isaia e del moto messianico di speranza della storia del mondo.

Giorgio La Pira

A questo punto si specifica la storia dei popoli mediterranei; una storia estremamente complessa, drammatica e contraddittoria. Ma salendo dal comune ceppo l’albero della triplice famiglia monoteistica - ebrei, cristiani, musulmani - si è profondamente radicato presso tutti i popoli mediterranei e da essi si è esteso su tutti i popoli e su tutte le civiltà. Perciò questi popoli mediterranei, anche se con lacerazioni e contrasti, hanno un fondo storico comune.

L’azione di Giorgio La Pira ebbe una duplice valenza: politica e profetica. Ciò significa che egli si fece portatore di idee, ma anche e soprattutto di opere e di iniziative. Il suo campo privilegiato fu l’incontro fraterno tra i diversi credenti dello stesso Dio e questo anelito inter-religioso nasceva da una straordinaria e, nello stesso tempo, semplice e cristallina fede cristiana. Era la sua una adesione profonda al messaggio evangelico nelle sue radici bibliche e nella sua universalità; in questo senso il suo cattolicesimo ecumenico lo portava naturaliter ad aprirsi agli altri fratelli di fede, con particolare predilezione a chi credeva in modo diverso allo stesso Signore e allo stesso Padre. Ed in questo campo Giorgio La Pira si cimentò non solo con profonde riflessioni teologiche, ma soprattutto con iniziative e con clamorosi incontri in momenti difficili, e in un certo senso impossibili, della storia, se questa è vista senza la prospettiva della speranza profetica.

La Pira visse in maniera straordinaria questa esperienza di uomo politico e uomo di fede; operò ad ogni livello, soprattutto nella vita contemplativa, ma ugualmente nell’impegno sociale e politico, con la predilezione per i poveri, per le vittime della guerra e della sofferenza. E seppe in modo singolarissimo associare i luoghi di preghiera e di meditazione ai suoi incontri con i potenti della terra, nella sua infaticabile opera tesa a salvare la pace nei momenti più drammatici della guerra fredda.

 

 

 

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