Alessandro Volta
Autosvezzamento

Passare dalla “poppa alla pappa” viene vissuto da molti bambini come un momento difficile e spesso la crisi investe tutta la famiglia. Gli schemi di svezzamento sono numerosissimi e probabilmente, almeno parzialmente, sono tutti validi. Ma ciò che riguarda il cibo ha sempre una valenza culturale e sociale, e lo svezzamento non è escluso da questa regola. Proprio per questo non dovremmo considerare valida soltanto una “ricetta” per proporre ai nostri bambini un cibo diverso dal latte. 

Da diversi anni abbiamo appreso che allattare all’orario richiesto dal bambino dandogli la quantità di latte che desidera, rappresenta la modalità migliore di alimentazione nei primi mesi di vita. Per lo stesso identico motivo perché non dovremmo continuare a fidarci del bambino e della sua capacità di regolarsi secondo il proprio appetito e quindi di autogestirsi la propria alimentazione ? Se nel primo semestre di vita cerchiamo di adattarci ai suoi bisogni, perché non continuare anche nei mesi successivi ? 

Le attuali conoscenze pediatriche ci autorizzano a incamminarci su questo “nuovo” sentiero a patto di attendere il compimento del 6° mese per iniziare l’introduzione di alimenti solidi o semisolidi. Questo schema è in linea con le indicazioni fornite dalla Organizzazione Mondiale della Sanità che propone di alimentare il bambino soltanto con latte nei primi sei mesi di vita posticipando lo svezzamento dopo questo periodo. 

Passato il 6° mese il bambino è abbastanza maturo per interagire in modo articolato con l’ambiente e con le persone, riuscendo più facilmente a far conoscere i propri desideri e preferenze anche rispetto al cibo. Partecipando al pasto dei genitori mostrerà curiosità e interesse, desiderando imitare il “gioco” che vede fare dai grandi. Seduto sul seggiolone o sulle nostre ginocchia sarà lui a decidere di passare dalla suzione alla masticazione indicandoci con decisione le sue preferenze. (Ricordiamoci che il bambino è già allenato al gusto, perché nel periodo fetale attraverso il liquido amniotico e poi attraverso il latte materno, egli ha già sperimentato il sapore dei cibi assunti dalla mamma). 

Questa modalità che può essere definita di autosvezzamento riesce a trasformare il momento delle prime pappe in un gioco graduale e personalizzato, evitando di farlo diventare occasione di crisi o di conflitto tra i genitori e il figlio. Il bambino che non mostra interesse per il cibo ha probabilmente bisogno di altro tempo per prepararsi a fare questa esperienza o semplicemente deve poter condividere questa nuova attività con le persone che lui ama e con le quali si sente sicuro. 

Se ci pensiamo un attimo, fino al momento dello svezzamento il bambino vive la propria alimentazione in stretto rapporto fisico con la mamma (e se mangia al seno si nutre addirittura di lei); non c’è un motivo serio perché anche nel rapporto col cibo solido, almeno nelle fasi iniziali, questa relazione rassicurante e felice non possa continuare. 

Che cosa può mangiare un bambino a 6-7 mesi ? A questa età la principale differenza tra lui e i suoi genitori riguarda la funzione della masticazione; dovendo masticare senza denti avrà bisogno di cibo triturato e frammentato. Ricordiamoci inoltre che è sempre meglio non aggiungere sale o zucchero al cibo e che alcuni alimenti (latte vaccino, uovo intero e pesce) sarebbe opportuno indrodurli verso i 10-12 mesi. I cibi speciali per l’infanzia rimangono validi per quei bambini che vengono svezzati molto precocemente (verso i 3-4 mesi), e quindi ancora immaturi, o per quelli che mostrano importanti predisposizione per allergie e intolleranze. 

Affinché il bambino possa partecipare al pasto e al cibo dei suoi genitori è però indispensabile che questi abbiano abitudini alimentari sane e corrette o che colgano l’occasione per migliorare la loro alimentazione, considerando che prima o poi il loro bambino arriverà comunque ad adeguarsi al loro stile alimentare mantenendolo probabilmente per tutta la vita. 

Ma quanto deve mangiare un bambino nel secondo semestre di vita ? Come quando succhiava al seno, potremo continuare a lasciargli mangiare la quantità di cui lui ci mostrerà di avere bisogno, in relazione al suo appetito e ai suoi “scatti di crescita”. Se accettiamo di fidarci di lui, non avremo bisogno di forzarlo a mangiare, perché sarà lui a chiederci e noi a concedere. 

Questa proposta di svezzamento recentemente è stata formulata con criteri scientifici e pubblicata su riviste di pediatria dal collega Lucio Piermarini che forse qualcuno di voi conosce per aver letto alcuni dei suoi acuti articoli pubblicati sulla rivista per genitori Un Pediatra Per Amico (UPPA). 

(Tratto da Vocidibimbi.it)