RECENSIONI

a cura di Michele  De Felice

 

 Camel / Coming of age

 

Attesissima, arriva la pubblicazione di questo doppio disco live registrato a Los Angeles il 13 Marzo 1997 che, tra l'altro, sancisce la definitiva consacrazione dell' inossidabile Andrew Latimer. Dopo il grande ritorno in scena, con "Dust and dreams" ed "Harbour of tears", era d'obbligo per la band ripresentarsi con una grande performance dal vivo, e così è stato.

Il livello qualitativo della registrazione è eccellente, come del resto la forma dei musicisti, ma nulla lasciava presagire un ritorno così devastante. La formula del concerto è la stessa adottata per la pubblicazione di "A live record" con diversi cavalli di battaglia nel primo disco e un intero concept-album nel secondo.

Qui viene suonato l'intero "Harbour of tears", che riesce a reggere dignitosamente  il confronto con lo storico "The snow goose" registrato alla Royal Albert Hall esattamente venti anni prima.

 

La possente  "Lunar sea" apre le danze riportandoci per un  attimo indietro nel tempo; il ritmo scandito e martellante di Colin Bass spiana la strada alla chitarra di Latimer che irrompe maestosa. Basta poco per accorgersi che si è di fronte ad una delle grandi composizioni del prog-rock. "Hymn to Her", cantata da Colin è sorprendente, non soltanto per l' elegante indipendenza tra il lavoro di basso e il cantato, ma soprattutto per la sua romantica melodia che non è  valorizzata al meglio nello studio-album da cui è estratta. Finalmente possiamo ammirare una "Rhayader goes to town" tiratissima dall'inizio alla fine, con una distorsione molto potente ed inedita per i gusti di Latimer, ma ritengo che questo capolavoro vada suonato in questo modo, sospeso fra  delicati fraseggi di flauto e violenti attacchi di chitarre distorte. Il solo che chiude il brano non lascia dubbi sulla grande tecnica chitarristica di Andy. La quinta e sesta traccia del primo disco riservano la più bella sorpresa della serata: "Preparation" e "Dunkirk". Inutile dire che le sonorità evocate amplificano una sensazione di distacco dalla realtà fino all'apoteosi nel finale di "Dunkirk".

 

Il duetto "Docks-Beached" come sempre, (vedi il live "Pressure points"!), sazia i puristi del progressive con le marcate scale in progressione e i veloci ritmi alterni, ma è ancora Bass ad emozionarci con la sua bellissima voce nell' unica "Spirit of the water", le cui  meravigliose note di pianoforte vengono usate anche per l'intro di "Ice"! A rompere l'estasi creata dai due classici della band, arriva la finale "Sasquatch" e con mia grande sorpresa, considerando l'album a cui si è attinto, ne viene fuori una bellissima canzone dinamica.

Nel secondo disco, dopo vari momenti tratti da "Dust and dreams" , fra tutti da segnalare "Mother road", si arriva all' intero concept. A priori avrei detto che non ne sarebbe uscita una grande esecuzione, vista la difficoltà oggettiva di portare su un palco un lavoro molto ricco di arrangiamenti. Invece ancora una volta i Camel valorizzano dal vivo un disco difficile come questo, pur mantenendone  intatto l' Irish-sound di cui  si nutre. Certo, nei pochi sprazzi di puro rock come "Watching the bobbins" Latimer si mette in risalto con la sua stratocaster, sempre delicata anche nelle sfuriate. Le chitarre acustiche e le voci di Latimer e  Bass  si intrecciano spesso,  come nella particolare ed elegante "Eyes of Ireland"; bravissimo è anche Patterson alle tastiere con le sue miriadi di effetti.

La strumentale "Coming of age", paragonata da molti allo stile Genesis, rasenta la perfezione, mentre la Pinkfloydiana "The hour candle" chiude la serata nei modi dolci a cui i Camel sono tanto devoti.

Mi resta solo da dire che "Coming of age" è uno dei dischi più belli che io abbia e anche la migliore performance dei Camel dal vivo. Da possedere assolutamente.

 

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