RECENSIONI

a cura di Michele De Felice

 

Hatfield & The North/ Omonimo

 

 La "scuola di Canterbury" nasce nel 1967 grazie a quattro amici studenti che in seguito diverranno prestigiosi nomi della musica progressiva. Stiamo parlando di Richard Sinclair, Robert Wyatt, Hugh Hopper e Mike Ratledge, fondatori dei Wilde Flowers.

 

Quello che propongono al pubblico è qualcosa di assolutamente nuovo; concentrano il lavoro sugli sviluppi strumentali della musica colta inglese, ma senza indugiare troppo sulla stesura  di rigide partiture che in qualche modo ne limiterebbero la creatività.

Gli Hatfield & The North, con all'attivo solo due album, con questo intelligente esordio confermano le buone cose viste nei Wilde Flowers e ne arricchiscono le trame con alcune semplici trovate dal gusto pop, quello che poi farà la fortuna di Sinclair con i suoi Caravan.

 

Il disco è stupendo, uno dei più piacevoli del soft progressive, ed il merito va dato non solo al citato Sinclar dei Caravan, ma anche a  Stewart e Miller, provenienti rispettivamente da EggMatching Mole, musicisti con esperienze musicali diverse che riescono a trovare in questo disco un meraviglioso punto di convergenza, nemmeno con tanta fatica. Un jazz nobile, se vogliamo, alla Soft Machine con romanticismo alla maniera dei Caravan, senza mai far prevalere l'abilità strumentale sulla ricerca melodica, o viceversa.

Non passa inosservato nemmeno il break vocale di Wyatt nella quarta traccia Calyx, con la sua voce drammatica e malinconica.

 

Disco delicato e sensibile da ascoltare preferibilmente in cuffia: masterpiece.

 

 

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