RECENSIONI

a cura di Valerio De Felice

 

 Camel/ I Can See Your House From Here

 

Siamo nel 1979. E i Camel attraversano un periodo oscuro. Scarsa creatività, incomprensioni all'interno della band, pochi stimoli: questi i mali della band. Del resto la personalità poliedrica di Peter Bardens ha prematuramente abbandonato il gruppo e ciò ha comportato, inevitabilmente, una certa povertà compositiva.

Il lavoro si orienta su melodie più vicine al pop-glam, che spadroneggia agli inizi degli anni '80, tuttavia non sprofonda mai in opere ridicole ed insulse di una banale forma canzone tipica di quegli anni. Encomiabile, sotto questo punto di vista, lo sforzo degli Inglesi nel mantenere una linea di composizione colta ed impegnata, nonostante ci siano brani sicuramente meno articolati rispetto ai precedenti dischi.

 

Il primo brano "Wait", è un buon inizio: veloce, dirompente e un buon solo del tastierista Watkins. I due pezzi successivi sono più soft, piacevoli, ma è difficile collocarli in un contesto progressivo.

"Hymn to her", invece, è davvero interessante. Bel ingresso con il riff di Latimer, coadiuvato dall'ottimo basso di Colin, bravo tra l'altro anche nelle vesti di singer. Ci sono diverse variazioni melodiche e ritmi sincopatici, con venature sparse di stampo jazz. Un brano che i Camel suonano meravigliosamente dal vivo.

Nota dolente del disco è "Remote romance". Vi si raggiungono, a mio avviso, livelli  veramente bassi con suoni elettronici orribili, indecorosi,  ed idee molto confuse. Non riesco proprio ad ascoltarla!

All'estremo opposto, invece, troviamo "Ice". E' incredibile pensare come sia stato possibile partorire un brano del genere in album come questo. Sembra un fiore nel deserto, un'ineguagliabile ballad densa di pathos e di totale abbandono, in cui Latimer sfoggia tutta la sua inesauribile creatività nel catturare note divenute, ormai,  indimenticabili per gli appassionati dei  Camel.  

 

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