RECENSIONI

a cura di Michele De Felice

 

 Jethro Tull/ Aqualung

 

Per uniformarsi alla fiorente scuola progressive che imperversava in tutta l'Inghilterra, siamo nel 1971, anche i Jethro Tull si propongono con un concept album incentrato sull' esperienza di un mistico vagabondo. E' un album quindi ricco di citazioni di natura religiosa, e per dare forma al progetto Ian Anderson capisce che deve osare quel tanto che permetterebbe alla band di elevarsi al di sopra della massa, anche perchè i Jethro Tull non abbandoneranno mai radicalmente i propri target musicali, che si sa propendono verso un folk-blues.

Ian Anderson è l'ennesimo virtuoso che va ad affiancare i vari Peter Hammill, Robert Fripp, Peter Gabriel, Steve Howe e naturalmente Andy Latimer.

 

Anche in "Aqualung" riecheggiano prepotentemente le sonorità più care alla band, in brani come "Locomotive breath", Up to me" e "Mother goose", sapientemente colorati da un geniale flautista in grado di oscurare anche molti grandi chitarristi dell'epoca. La title track, con l'intro elettrico di chitarra è uno dei brani più significativi degli anni settanta, dove la ruvidezza iniziale viene stemperata, nella parte centrale, da un refrain acustico molto orecchiabile; manca però in un pezzo importante come questo il timbro del flauto di Anderson, che invece irrompe nella seconda traccia su un morbido tappeto di mellotron.

 

Incantevole la breve "Cheap day return", costruita con chitarra acustica alla maniera Genesis, coinvolgente "Mother goose" ( che mi ricorda The snow goose per l'omonimia!),una dei brani più belli dei Jethro Tull. Significativo il riff iniziale ancora di flauto in "Up to me", superba infine la prestazione di Anderson nell'oscura e biblica "My God", brano rimasto nella storia.

 

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