RECENSIONI

a cura di Valerio De Felice

 

Rush/ Caress of Steel

 

Si è molto dibattuto se i Rush fossero una band collocabile in una sfera progressiva (quella pura si intende), oppure rientrassero in un panorama rock. Questa incertezza, tuttavia, ha delle reali motivazioni perché se da un lato molti album dei Rush, i primi, mostrano evidenti impronte di progressione, come le lunghe suite, testi che attingono dalla letteratura, difficili partiture, molti altri riflettono uno spirito decisamente più duro e ribelle, con riff vigorosi e scenari dark, capaci di influenzare molte band appartenenti al genere prog-metal dei giorni nostri.

"Caress of steel", del 1975, rientra nel primo periodo ed è a mio avviso un grande album progressivo. Nel medesimo anno i Rush realizzarono anche "Fly by night", lavoro un pò ingenuo ma con una novità che risultò fondamentale per la band: l'ingresso del talentuoso batterista Neil Peart.

 

Ma torniamo a Caress of steel. E' un un disco che a primo impatto spiazza l'ascoltatore. Partendo dalla prima traccia, "Bastille day", si potrebbe pensare non ad un lavoro prog, ma ad un lavoro prog-rock, e già questa definizione potrebbe far storcere il naso ai "puristi". Ma per fortuna il trio (sì il trio!) sale in cattedra con delle vere gemme come "The Necromancer" e "The Fountain of Lamneth", due lunghe suite che fanno levitare il valore dell'album con incantevoli fraseggi, tempi dispari, ritmi spaventosi, soli di chitarra e batteria.

 

"The Necromancer", suddivisa in tre parti, la amo particolarmente. Il primo tema "Into the darkness" inizia con un arpeggio appena accennato su un background di una voce narrante, poi via via si addensano contemporaneamente tastiere sintetizzate e chitarre cariche di flanger, sovrapposte ai tocchi morbidi del batterista Peart: un vero spettacolo.

Il tema due, "Under the shadow", scivola su un tempo velocissimo con pregevoli duetti fra chitarra e batteria. Infine, per accontentare anche i più malinconici e sognatori, ecco il terzo tema: "Return of the Prince", particolarmente orecchiabile e  molto coinvolgente.

Un album da collezionare!

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