RECENSIONI

a cura di Michele De Felice

 

 King Crimson/ In the court of the crimson king

 

Storicamente riconosciuti come una delle formazioni più innovative del campo musicale, mantenendo nel tempo uno stile unico e difficile da emulare, i king Crimson esordiscono, nel 1969, con “ In the court of the  crimson king “. Ed è subito leggenda. Sono i primi a sperimentare con successo nuovi suoni distorti,  atmosfere e testi visionari, che saranno in seguito il comune denominatore del movimento progressivo.

 

C’è molto  in tutta l’opera del talento e l’eccentricità di Robert Fripp, abilissimo nel creare riffs di chitarra possenti come nella celebre “21st century schizoid man” , delicati come in “Moonchild” ed in “Epitaph”. Pete Sinfield, che in seguito collaborerà con la Premiata Forneria Marconi,  è il paroliere della band, e le sue sono spesso riflessioni sulla crisi di un mondo oppresso e di un uomo stanco e disperato. La copertina dell’album, creata da un giovane e sconosciuto artista é emblematica: un urlo soffocato che ha, a mio avviso, notevoli similitudini con il  famoso  dipinto di Munch.

 

L’album in questione è il concentrato della musica, tutta, del “Re Cremisi”. Il cantante Lake, dopo questo primo e ottimo lavoro, abbandona la band per unirsi ad Emerson e Palmer, anche riproponendo idee dei King Crimson,  soprattutto nel primo album, ma non riuscendo tuttavia a mantenere la carica emotiva mostrata ad esempio in “I talk to the wind”.

"Epitaph" è una delle più belle canzoni della storia del rock e Lake è semplicemente magnifico nell' esecuzione, ma tutti i brani regalano spunti che proiettano verso un futuro lontano che solo i King Crimson (siamo nel 1969) riescono già a scrutare.

Dopo diverse collaborazioni e frequenti cambiamenti di formazione i King Crimson arrivano comunque fino ai giorni nostri con ancora tanto da dire e da insegnare. Tra gli immancabili della loro discografia consigliamo “ In the wake of poseidon”, “ Starless and bible black” e “ Lark’s tongues in aspic".

Monumento.

 

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