RECENSIONI

a cura di Valerio De Felice

 

 Gentle Giant/ Omonimo

 

Il "Gigante Gentile", dal faccione buono e rassicurante, è un insolito sestetto uscito di scena troppo presto per le potenzialità espresse soprattutto nei primi lavori. Sorretta dalla versalità artistica dei fratelli Shulmann, la band incide almeno due grandi dischi come "Gentle Giant" e "Octopus", riscontrando un discreto successo di pubblico (Italia inclusa) e conquistando buona parte della critica più intransigente.

 

L'album d'esordio, come spesso accade per le formazioni aderenti a questo filone musicale, dimostra di essere tecnicamente ineccepibile, ibrido interessante di variegati gusti musicali che vanno dal rock al folk con sfumature di musica classica e jazz. I Gentle Giant passano alla storia anche per le insolite stravaganze vocali (spesso cantano a cappella), che intrecciate alle dissonanze strumentali, colorano le composizioni di qualcosa di unico.

 Ben riuscite anche le sovrapposizioni di sassofono, tromba e violino soprattutto nella prima traccia "Giant" ed in "Alucard". Ma non sfigurano le canzoni  più rockeggianti con soli alla Hendrix, ed acustiche: all'ipnotica "Nothing at all" spetta lo scettro di miglior canzone del disco, all'elegante  "Funny ways", composta un anno dopo la crimsoniana "Epitaph", il titolo di prog-ballad dell'album.

 

Ottimo disco quindi, privo di sbavature ed  in perfetto equilibrio fra complessità stilistica e facilità di ascolto: condizione mai più raggiunta dalla band negli anni a seguire, quando nella ricerca di uno stile elaborato fino all'esasperazione, finisce per andare decisamente fuori rotta.  

 

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