RECENSIONI

a cura di Valerio De Felice

 

 Camel / Harbour of tears

 

Dopo la rinascita artistica della band avvenuta inaspettatamente nel 1991 con "Dust and Dreams", quando ormai gli addetti ai lavori li consideravano definitivamente tramontati, ecco che i Camel ultimano il loro secondo impegno discografico con la Camelproductions di Latimer stesso.

L'ennesimo concept-album basato sulle vicende del popolo irlandese costretto ad espatriare nel nuovo mondo e non far più ritorno nella propria terra natale.
Il porto dove avvenne l'imbarco, Cobh Harbour, fu il luogo dove ci fu il triste ed ultimo saluto dei familiari: per questo motivo il porto fu chiamato "Harbour of tears".


I Camel ritornano, dunque, alla ribalta con un sound innovativo rimanendo comunque fedeli ad un genere, come quello progressivo, molto distante dagli stilemi musicali odierni, invischiato com'è dalla necessità di costruire un prodotto di interesse di mercato, più che di qualità musicale.
Molti ex-artisti progressive, purtroppo, sono rimasti intrappolati in questa nuova realtà e vi si sono prontamente omologati.

 

Con  "Harbour of tears" i Camel danno vita ad un concept suddiviso in 13 parti ben legate tra loro, indirizzato ad un sound molto introspettivo che fa da sfondo ad uno scenario di grande desolazione: non mancano, tuttavia, brani più energici ed evocativi, come "Watching the bobbins", nonchè fantasiosi come "Running from the paradise". L'album apre una nuova strada compositiva che sarà perfezionata successivamente con "Rajaz" del '99 e "A nod and a wink" del 2002, in cui sono chiaramente riscontrabili gli elementi evocativi e le innovative idee di "Harbour of tears".

 

L'album inizia con "Irish air", una ballata dal sapore irlandese ripresa nella seconda traccia con i  cambiamenti tra flauto e chitarra. Seguono "Cobh" e "Send home the slates", più lente e malinconiche mentre "Watching the bobbins" rispecchia ampiamente la carica e la vitalità dei fraseggi di Latimer, ben affiancati dalle melodiose parti vocali.

"Eyes of Ireland" è costruita con le consuete linee acustiche che aprono la successiva "Coming of age", uno dei più bei pezzi dell'album, interamente strumentale, con un originalissimo tema melodico che caratterizza buona parte del brano.
Ultima track dell'album è la lunga "The hour candle", molto "Cameliana", costruita su armonie nostalgiche che ben si addicono al concetto dell'album.
Latimer supera se stesso con un solo ricco di espressività ed energia che ricorda molto la famosa "Ice" del lontano 1979.

 

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