Esaurite
ormai le proprie risorse, i Genesis chiudono il primo ciclo di attività
con “Wind & wuthering”, un disco ispirato al romanzo di Emily Bronte "Cime
tempestose". E’ frutto
soprattutto dell’ispirazione di Tony Banks alle tastiere, personaggio
introverso che s’inquadra abbastanza bene in un contesto post-Gabriel, o
almeno sembrava.
La realtà invece è che i successivi lavori saranno assolutamente
superflui, anche se con un notevole riscontro di vendite. Se nell’
incredibile “A trick of the tail” l’inattesa bravura di Collins in qualche
modo compensava l’uscita di scena di Peter Gabriel, qui il suo spettro
aleggia minaccioso. C’è ancora, come sempre, perfezionismo esecutivo nell’
impeccabile “Eleven earl of mar” oppure in “One for the vine”,
sicuramente le più fedeli ai Genesis che apprezziamo, però non si respira
più quell’atmosfera magica e contagiosa.
Nulla da dire sulla fattura delle canzoni che, come lo stesso Tony Banks
dichiarò, rispecchiano in toto la complessità artistica dei Genesis, anche
se sembrano più parole di circostanza dette nella consapevolezza di un
lavoro non esaltante in termini di idee ed originalità.
Per quanto mi riguarda non ricordo momenti memorabili, ma nemmeno grosse
falle. Phil Collins appare totalmente fuori luogo e sempre più deciso a
cambiare l’anima barocca dei Genesis. Forse è lui il vero responsabile
della disfatta della formazione originale.
Oltre ai primi due
brani, interessante è anche il tentativo di ripetere il successo acustico
di “Horizons” nella parte iniziale di “Blood on the rooftops”, ma siamo su
altri livelli. Da dimenticare “In the quiet earth”, molto dolce invece la
finale “Afterglow”.
Avevo detto che con “A trick of the tail” cala il sipario sul teatro
Genesis. Confermo.
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