TOSOLINI, Giovanni Battista
Viene riportato uno studio di Giovanni Comelli,
pubblicato sul volume TRESESIN del 1982,
a cura della Società Filologica
Nonostante il supporto di un fitto apparato bibliografico, più di
apparenza che di sostanza, ricorrente in vari articoli e pubblicazioni
di storia dell'arte, sono molto scarse e frammentarie le notizie
sulla vita e l'attività di questo pittore.
Egli appartiene alla schiera di quegli autori, il cui nome è
appena ricordato dagli specialisti della materia, ma che meritano
di prendere forma e consistenza per inserirsi nel grande
panorama pittorico del Settecento veneto, alimentato anche con
l'apporto e il contributo dei minori, non di rado
partecipi o promotori dei successi delle maggiori personalità.
Nato a Felettano il 6 agosto 1739 (la data
viene per la prima volta precisata dopo laboriose
ricerche d'archivio da parte del parroco di Tricesimo, mons. ltalo Dreosto,
che vivamente ringrazio), Giovanni Battista Tosolini venne avviato
alla carriera ecclesiastica, come risulta dalla qualifica di «abate»
con la quale è nominato nei documenti coevi.
Avendo dimostrato fin da ragazzo evidenti inclinazioni artistiche,
è da supporre che molto presto abbia frequentato qualche studio privato
per ricevere la sua prima educazione alla pittura e ciò con l'aiuto
dei suoi due zii, i fratelli Don Vincenzo e Don Gio Batta Tosolini,
che dal 1739 ressero l'uno dopo l'altro la pieve di Tricesimo.
Non sappiamo chi fu il suo maestro, ma è da escludere che a
impartirgli le lezioni sia stato il carnico Nicola Grassi ( 1682-1748),
come ventilato da qualcuno.
Uno dei suoi primi lavori, databile tra il 1755
e il '60, è la Madonna del Rosario nella chiesa parrocchiale di
Castions di Strada. La pala, rimasta ignorata per oltre un secolo,
è stata pubblicata e illustrata da Giuseppe Bergamini nel 1968.
Rappresenta, oltre alla Vergine con il Bambino,
S. Caterina da Siena e S. Domenico.
E' un'opera che manifesta qualche imperizia nell'impostazione
ascensionale delle figure, ma che, a parte certi atteggiamenti di
maniera, denota la personalità del
giovane artista, già capace di affrontare con eleganza e vigore
cromatico un tema abbastanza complesso.
Appena ebbe i mezzi per provvedere al proprio mantenimento,
il Tosolini si trasferi a Venezia, che a quel tempo stava vivendo in campo
culturale la stagione piu felice del suo dorato tramonto.
La presenza del friulano nella città lagunare è documentata dal 1757,
perchè in quell'anno, e precisamente il primo agosto, il suo nome
compare per la prima volta nelle cronache veneziane
«esponendosi la nuova Imagine della B .V. delle Grazie nel Capitello in Corte della Madonna a
San Severo». Nell'occasione fu stampato un componimento in onore del Tosolini,
autore del dipinto (Notizie d'arte tratte dai Notatori e dagli
Annali del N.H. Pietro Gradenigo, a cura di Lina Livan, Venezia, 1942, p. 32).
La Livan, nel breve commento a questa notizia, rileva che il dipinto
andò perduto, «mentre rimane ancora il tabernacolo».
Le esperienze fino allora acquisite e i risultati ottenuti non furono di sua soddisfazione,
se il Tosolini sentì il bisogno di perfezionarsi iscrivendosi, intorno al venticinquesimo
anno di età, all'Accademia di disegno e intaglio del palazzo Pisani a S. Stefano
( ora Conservatorio «Benedetto Marcello» ) dove ebbe come direttore
e maestro il famoso Pietro Longhi.
Il nome del friulano, infatti, figura nel Catalogo dei studenti della
nuova Accademia di disegno eretta da S.E. Almorò Pisani (s. a., ma c. 1764 ),
il cui contenuto è stato pubblicato da E.A. Cicogna, Saggio di bibliografia
veneziana (Venezia, 1847, n. 4659).
L'Accademia di disegno, sciolta nel 1765, è da distinguersi dalla
veneta Accademia di pittura e scultura, costituitasi ufficialmente nel 1756 nel Fontego
della Farina (ora Capitaneria di porto) sotto la presidenza
di G.B. Tiepolo e da cui ebbe origine l'attuale
Accademia di Belle Arti.
Ultimato il suo tirocinio, il Tosolini si iscrisse nel 1765 alla Fraglia
dei pittori veneziani e dovette conquistarsi un buon nome con i suoi lavori se
l'8 dicembre 1776 venne chiamato a ricoprire come accademico effettivo
( era già accademico di merito sopranumerario) il posto lasciato vacante
dallo scultore Giovanni Battista Lucatelli, partito per l'Inghilterra.
E' bene precisare che non era facile l'ingresso in questo
consesso, il cui organico prevedeva un numero
chiuso di 36 membri tra pittori e scultori. Le norme statutarie prescrivevano che il concorrente
doveva avere almeno 25 anni, godere buona fama e
aver dato prova di abilità per «aver fatto opere
di sua invenzione, e propria mano, che meritino
le lodi de' professori».
Dopo di che il presidente poteva proporlo «in piena congregazione», in cui
avendo ottenuto due terzi dei voti veniva approvato accademico (Cfr. G. Fogolari, L'accademia
di pittura e scoltura del Settecento, in «L'Arte», XVI, 1913, p. 381).
Come risulta dagli Atti dell'Accademia, che ho potuto personalmente consultare,
l'elezione del Tosolini venne approvata a maggioranza con 8 voti favorevoli e 2 contrari.
L 'atto di nomina reca la firma del presidente Giacomo Marieschi, del consigliere Giacomo Guarana e
del maestro Pier Antonio Novelli.
Questo nuovo incarico contribuì non poco all'affermazione del
nostro artista, tanto che, secondo un'annotazione
della Livan, ricavata da documenti accademici, nella casa che teneva in S. Marco, egli potè aprire
uno studio privato, dove ebbe parecchi allievi, tra
cui Romualdo Turini da Brescia, Giovanni del Piano da Belluno, Kofolo Kokli da Zurigo e
G. Antonio Zanotti da Vicenza (Notizie d'arte...,cit.).
L'Accademia di pittura e scultura non si limitava solo all'insegnamento dei giovani, ma provvedeva
anche agli interessi dei suoi membri allestendo pubbliche mostre, riservate esclusivamente
agli accademici, durante la celebre fiera della Sensa, che
si teneva in piazza S. Marco e durava 15 giorni.
All'esposizione del 1777 il Tosolini figurava con
una S. Famiglia. Esiste l'elenco completo dei 27
quadri esposti, con l'indicazione della loro collocazione. Quello del Tosolini era il decimo
nell'ordine e si trovava tra Il frate che si confessa di
Pietro Longhi e Angelica e Medoro di Pier Antonio Novelli. Gli altri dipinti erano di
Antonio Canal, G.B. Pittoni, Giuseppe Angeli, dei due Maggiotto, di Francesco Zuccarelli, Giacomo Guarana
e Domenico Tiepolo (G. Fogolari, op. cit. p. 390).
Le tracce del Tosolini continuano negli anni
seguenti negli Atti dell'Accademia, in cui il suo
nome ricorre nei verbali delle «congregazioni» e
«riduzioni» generali, sempre come appartenente
al corpo accademico e partecipante attivamente alle deliberazioni e votazioni assieme a Giacomo
Marieschi, Giacomo e Vincenzo Guarana, Pietro e
Alessandro Longhi, Domenico Tiepolo, Giuseppe
Diziani e altri. Poi le tracce del nostro pittore si
perdono nelle sue frequenti peregrinazioni in Friuli e nel Veneto.
Della sua permanenza nella zona di Portogruaro e nella Destra Tagliamento abbiamo
testimonianza nelle pale delle chiese di Portovecchio e Mezzomonte, ambedue firmate e
datate, giudicate prive di particolari pregi (P. Metz -
P. Goi, Pittura del XVII-XVIII secolo: ricerche
nel Sanvitese e Friuli Occidentale) S. Vito al Tagliamento, 1972, p. 33).
La prima, del 1781, rappresenta la Madonna col Bambino e. i Santi Giovanni Battista e Pietro;
la seconda, del 1788, è una
Madonna con Bambino e i Santi Antonio da Padova e Antonio Abate.
Ritroviamo quindi il Tosolini a Udine, forse
richiamatovi dal precipitare delle vicende politiche che portarono alla caduta della Serenissima.
Qui pure apri uno studio, nel quale continuò a
svolgere la sua attività didattica. Tra i suoi scolari sono da annoverarsi Giovanni Battista Ronchi
da Martignacco, il nipote Giuseppe Tosolini e Odorico Politi.
Quest'ultimo, divenuto poi artista
famoso e insegnante di pittura all'Accademia di
Venezia, incominciò a frequentare lo studio udinese del Tosolini dopo aver compiuto il decimo
anno di età e quindi dopo il 1795. Sembra però
che il periodo trascorso in questa scuola non abbia lasciato durevoli impronte,
dato che gli insegnamenti ivi appresi non vennero mai ricordati
dal discepolo (G. Comelli, Odorico Politi pittore udinese in
«Atti dell'Accademia di scienze lettere e arti di Udine», s. VI, voI. IX, 1945-48,
pp. 203; 221-222).
L'esistenza di questo studio
privato è confermata da Giovanni Battista de Rubeis (1743-1819), il quale nel suo catalogo di
quadri udinesi (c. 1798) annota quelli posseduti
dal Tosolini «nella sua camera della scuola di disegno» (G. B. Corgnali, Il pittore Gio. Battista de
Rubeis e il suo catalogo di pregevoli quadri udinesi, in «Odine: rassegna trimestrale del comune»,
1938, n. 6, p. 15).
Della produzione del Tosolini, che doveva essere stata notevole, è difficile fare un inventario,
sia perchè alcune sue opere sono andate disperse,
sia perchè giudicato un autore di poco conto, limitato a soggetti di carattere sacro,
e quindi trascurato dai collezionisti e dai critici. Tra i suoi
lavori in età matura è da registrare la pala di
S. Andrea Avellino della chiesa del Redentore, a
Udine, eseguita nel 1782 e riprodotta nel volume
di C. Donzelli, I pittori veneti del Settecento
(Firenze, 1957).
Raffigura il santo nei paramenti liturgici durante la celebrazione della Messa, nel
momento in cui, colpito da apoplessia, sta per spirare, sostenuto da un angelo e da un chierichetto,
mentre una teoria di altri angeli e santi si libra
nel cielo. In basso a sinistra una donna attonita
impersona lo stupore dei fedeli presenti alla scena. La drammaticità dell'evento è bene resa dalla
forte tensione del volto del protagonista. La dinamica delle figure è leggermente teatrale, ma
l'effetto è mitigato dalla coralità dell'insieme e dalla ricerca plastica di certi particolari, che fanno di
quest'opera un saggio significativo della vitalità
dell'artista.
Per quanto riguarda la datazione della pala, da alcuni ritenuta del 1760, un'indagine
nell'archivio parrocchiale del Redentore mi ha permesso di rettificare tale asserto e di stabilire con
certezza il riferimento cronologico. Dal libro dei
Battesimi (V, 1782-1818), contenente anche la
cronaca dei principali avvenimenti di quella comunità, ho potuto appurare, per gentile
segnalazione del parroco, mons. Giuseppe Della Marina,
che il 4 agosto 1782 fu celebrata una festa per
l'esposizione della nuova pala di S. Andrea Avellino. Nell'annotazione si precisa che l'incarico di
dipingere la tela era stato affidato «all'abate Tosolini nostro friulano che con credito esercita la
sua bell'arte a Venezia ; ed egli ce la diede compiuta dopo le prossime passate feste pasquali pel
prezzo di zecchini 24. La medesima fu anche
fatta mettere in rame per compiacere la divozion
dei fedeli; e le copie si dispensarono gratis, unitamente a divoti librettini fatti stampare a bella
posta». L'incisione fu eseguita dal Leonardis (G.B.
Corgnali, op. cit., 1937, n. 3, p. 14).
Di mano del Tosolini erano gli affreschi, che
ornavano il soffitto della parrocchiale di Tricesimo e che sono andati distrutti a causa del
rifacimento del tetto parecchi anni prima del terremoto
del 1976, mentre sono ancora visibili l'affresco monocromo sopra la porta principale all'interno
della chiesa, Gesù che guarisce ciechi storpi e paralitici, firmato e datato 1787, e l'altro nel catino
dell'abside, Il sacrificio di Melchisedech.
Si conservano pure le 15 scene della Vita di Gesù, dalla
pennellata nervosa e vibrante di acceso cromatismo, realizzate su altrettante lamine di rame, e
le due grandi tele, dipinte per la cappella della
Madonna della stessa chiesa, a imitazione di due
scenografici quadri biblici di Giuseppe Diziani,
esistenti a Udine nella basilica delle Grazie.
Altre sue opere note sono: la pala, la SS. Trinità che incorona la Vergine, eseguita nel 1785
per la chiesa di Villafredda e riprodotta in Chiesette votive da Tarcento a Cividale di Tarcisio
Venuti (Udine, 1977, p. 54); due tele raffiguranti rispettivamente S. Gerolamo e l'Agnus Dei,
che, secondo l'inventario compilato nel 1807 e
cioè nel momento del passaggio delle consegne alla neo-costituita «R. Accademia delle Belle Arti»
di Venezia, erano esposte nelle due salette risevate ai membri della vecchia Accademia (G. Fogolari, op. cit., p. 206; sull'esistenza
dell'inventario e delle due tele, ora irreperibili,
il Soprintendente ai Beni Artistici e Storici e qualificati funzionari della stessa Soprintendenza
non hanno saputo darmi spiegazioni plausibili); un disegno firmato «Batta Tosolini», rappresentante Sei
bambini, nel Museo di Montpellier; la pala, S. Anna
e la Vergine , nella «cappella da basso» del palazzo arcivescovile di Udine,
registrata dal de Rubeis (G.B. Corgnali, op. cit., 1938, n. 5, p. 11),
ma non presente in loco ne rintracciata altrove; un
S. Luca, nella sacrestia di S. Moisè a Venezia.
E' questo un ovale caratterizzato dalla scarna ed energica figura dell'evangelista,
che con il volto ispirato e la sinistra alzata tiene sulle ginocchia un
volume aperto e nella destra la penna. Sullo sfondo si intravede uno squarcio di cielo,
dal quale emerge la testa del bue, simboleggiante l'autore del
terzo vangelo.
La consueta tipologia iconografica
trova accenti personali nella singolare vitalità del
braccio e della mano scrivente, che sembrano percorsi da un fluido magnetico,
e nelle vivaci tonalità delle vesti, che lasciano nuda una spalla.
Il dipinto, ricordato come già esistente nella sacrestia
di S. Moisè e forse perduto, si trova effettivamente in quel grazioso ambiente settecentesco,
collocato di fronte all'altare entro cornice a stucco come
gli ovali degli altri evangelisti disposti alle pareti: S. Matteo di Michelangelo Morlaiter,
S. Marco di Vincenzo Guarana e S. Giovanni di Giambattista Canal.
Nel citato volume del Donzelli il
dipinto del Tosolini è menzionato, ma nella riproduzione fotografica appare come S. Luca quello
che in realtà è il S. Giovanni di G.B. Canal.
Come si vede, si tratta di opere di un certo rilievo,
in parte non meglio identificate e su cui occorrerebbe operare un'approfondita ricognizione per
conoscerne l'attuale ubicazione e lo stato di conservazione e per un piu accurato esame critico.
A questa serie di quadri nominalmente conosciuti sono da aggiungersi altri dipinti meno noti (alcuni
dei quali cortesemente segnalatimi dal Bergamini), esistenti nelle chiese di Piano d' Arta,
Adegliacco, Rizzolo, Reana e Qualso e presso privati a Reana e Tricesimo.
Nella parrocchiale di Adegliacco l'affresco del soffitto, La gloria della Vergine, è cosi slavato e anemico nel colore e goffo
nel disegno da far dubitare della paternità del Tosolini se non ci fosse la firma e la data: G.B. T. p .
1793. Tra questo e le 4 ariose e brillanti scene
bibliche (una rappresenta Giuditta con in mano
la testa di Oloferne) affrescate a Reana nella sala al primo piano di casa Lunazzi (costruita nel
1785, ora Gobessi) c'è un abisso.
A Reana una Madonna del Tosolini è conservata nella collezione Linda e nella parrocchiale è esposta la
movimentata pala di S. Valentino, forse del 1773, riprodotta in Il Rojale di T. Venuti (Reana, 1979,
p. 143).
Secondo una comunicazione verbale dello stesso Venuti, pale d'altare raffiguranti la
Madonna appartengono rispettivamente alle chiese
parrocchiali di Rizzolo e di Qualso. A Tricesimo
altre due piccole Madonne figurano nelle collezioni Ciceri e Brusini. La prima, su tela, rappresenta
la Vergine a mezzo busto con le belle mani incrociate, il volto ben modellato appena piegato a
destra, gli occhi leggermente abbassati, dall'espressione dolcissima, resa viva dal caldo
tessuto cromatico, esaltato nel rosso e nel verde delle vesti.
La stessa sensibilità coloristica in quella di Brusini, che è su un cartone e, pur non essendo
rifinita, si anima di singolari vibrazioni nei grandi
occhi luminosi di Maria.
Una vera sorpresa è stato il riconoscimento,
in seguito a una segnalazione manoscritta di Giuseppe Costantini all'inizio del Novecento, di due
pregevoli pale inedite, appese alle pareti del presbiterio della moderna parrocchiale di
Martignacco e provenienti dalla vecchia chiesa, fondata nel 1504.
Rappresentano rispettivamente S. Lucia (con
la firma e la data: R.D. G. Tosolini Ven. 1784) e
S. Antonio di Padova (pure con la firma: Giambattista Tosolini). Sono due lavori che per la
scioltezza del linguaggio e la dignità estetica della struttura compositiva si inseriscono
nella migliore tradizione del Settecento veneto e ci danno la misura della maturità
raggiunta dal Tosolini, la cui personalità artistica dovrà essere notevolmente
rivalutata.
L'unico cenno a queste due opere si trova
nel rarissimo opuscolo, La parrocchia di Martignacco: note storiche (Udine, 1904, p. 8), dove,
dopo la segnalazione di due mediocri tele eseguite da Giovanni Battista de Rubeis ne11775-76 per
50 ducati, si afferma che «le altre due pale, pure dipinte intorno a quel tempo, sono di miglior
fattura e vengono attribuite ad un prete Tosolini».
Dell'ultima parte della vita piuttosto intensa
di questo nostro artista conosciamo ancora meno
della prima, anche se egli, tra gli impegni accademici, ebbe modo di soddisfare numerose
commissioni partecipando alla splendida vicenda pittorica veneziana della seconda metà del Settecento,
che nel risveglio della tradizione coloristica aveva
fondato le sue fortune, fino alle soglie del nuovo
secolo, percorso dai fremiti delle teorie neoclassiche.
Non sappiamo quanto rimase in Friuli ne
quali interessi lo richiamarono a Venezia, dove
morì nei primi anni dell'Ottocento, certamente prima del 1808.
Citato dal Thieme-Becker, dal Benezit, dal Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e incisori italiani)
da antiche guide di Udine
e di Venezia e anche da recenti studiosi, che hanno esaminato qualche suo singolo quadro,
Giovanni Battista Tosolini non gode presso i posteri buona fama come artista, al contrario di quanta ne
godeva in vita. Ricalcando lo stesso giudizio sbrigativo, quasi tutti gli autori, meno il Donzelli, gli
negano il diritto di occupare un posto onorevole
tra i pittori veneti del Settecento.
Si tratta di un giudizio affrettato, che dovrebbe trovare eventuale conferma o smentita in un riesame
radicale della sua opera complessiva.
Ad influire su questa tendenza negativa devono aver contribuito le parole astiose, rivelatesi
anche in altri casi inattendibili, di Giannantonio
Moschini (Della letteratura veneziana) Venezia, t.
IV, 1808, p. 59), il quale afferma che «quell'ab.
Giambattista Tosolini Friulano, che trovasi fra gli
Accademici di Venezia, dove viveva e dove morì
ultimamente, non è stato che un pittor meschinissimo».
Di diversò parere Antonio Zurico ( 1778-1856), che conobbe personalmente il Tosolini e
lo definì un pittore notevole «per il fluido e vivacità del colorito chiaro-scuro veneto»
(Biblioteca comunale di Udine, ms. .870/2). Non meno
lusinghiero il giudizio di Giuseppe Costantini, che
incluse il Tosolini tra i «tricesimani memorabili»
nella Piccola guida illustrata di Tricesimo (Udine,
1905) esaltando i pregi dei suoi quadri sacri e
profani per lo «stile decorativo» e per la «ricchezza di tinte».
La questione pertanto rimane aperta, ma è già un passo avanti l'aver tratto
dall'ombra questo nostro artista, di cui si è identificata una trentina di opere oltre le 15 piccole scene
della Vita di Gesù; l'aver stabilito con certezza
la sua data di nascita, che getta nuova luce sugli
avvenimenti successivi della sua vita; l'aver precisato la sua appartenenza come membro effettivo
all'Accademia di pittura e scultura di Venezia e
la sua presenza operativa tra i piu quotati maestri
del suo tempo.