Recensione: Tony Levin Band a Roma

Cosa dire... mi aspettavo tanto da questo secondo passaggio alla Stazione Birra di Mr. Tony Levin e la sua band. Le mie aspettative sono state soddisfatte a pieno! Dopo averli visti in azione ad Ottobre, ho deciso (con enorme piacere) di fare il bis con la data di Venerdì 28 Aprile. In più, avendo intervistato il chitarrista (eccezionale) Jesse Gress, e lo stesso Tony Levin qualche tempo fa avevo la certezza di poter incontrare la band e
di potermi intrattenere con loro prima e dopo il concerto.

Così è stato... infatti, appena entrato nel locale, ho incrociato Jerry Marotta (batterista già di Peter Gabriel, nonchè stimato multi-strumentista), e dopo le dovute presentazioni, gli ho chiesto di chiamare Jesse per me. Ecco che Jerry mi dice "come with me" e mi porta vicino al palco, poi comincia a urlare "JESSE! JESSE! There's somebody waiting for you" e scorgo il chitarrista al piano superiore. Gli vado incontro e mi presento... Gress è da subito gentilissimo e mette a mio agio me e i miei due brothers. Scambiamo qualche battuta, poi mi chiede se voglio incontrare Tony e io ovviamente non gli faccio neanche finire la frase. Mi porta in un posto un pò buio e isolato, dove la band sta mangiando una pizza. Sento il nervosismo salire quando Tony mi accoglie con un "ciao" e mi stringe la mano. Gli chiedo se la pizza è di suo gradimento e mi risponde con sufficienza "si, buono" (in Italiano...). Ero talmente confuso in quel momento che non ho saputo dirgli di meglio, quindi ho iniziato a tirare fuori i "doni" che avevo preparato, in segno di riconoscenza per tutta la gentilezza dimostrata nei miei confronti... una bottiglia di limoncello fatta in casa e una scatola di caffè Lavazza per Levin (che, per chi non lo sapesse, è un GRANDE estimatore di caffè italiano). A questo punto vengo sommerso dai vari "grazie" e vedo i volti illuminati di Larry Fast e Pete Levin (tastiere, fratello di Tony), che probabilmente non vedevano l'ora di assaggiare il limoncello. Tony mi ha poi chiesto, con il suo curioso italiano, "Il caffè è già... maciullato?". "Si è già macinato" gli ho risposto io, poi sfortunatamente non ho potuto aggiungere altro, dato che Jesse ci ha gentilmente chiesto di lasciarli in pace per un pò
(comprensibilmente... in fondo sono arrivato a rompere le palle mentre mangiavano!), con la promessa di rivederci prima dello show time. Li salutiamo e ce ne andiamo giù a mangiare delle buonissime pappardelle (ma a voi non ve ne frega nulla).

Il tempo di mangiare e digerire un pochino, poi decido di andare al banco del merchandising per comprare qualche CD... purtroppo il nuovo "Resonator" non è in vendita, dovrò cercarlo nei negozi ma credo sarà un'impresa ardua. A quel punto vedo Jesse passeggiare per il corridoio e vado a rompergli l'anima ancora un pò. C'è ancora poca gente e l'atmosfera è molto tranquilla. Quasi nessuno si accorge di lui, solo un ragazzo si ferma un attimo per fargli i complimenti. Mi intrattengo con Gress per circa 40 minuti... parliamo di molte cose, soprattutto di musica e delle sue esperienze... gli ho dato il mio CD e mi ha promesso che lo ascolterà. Mi saluta poco prima che il gruppo di supporto inizi a suonare. Gli Spaces si sono dimostrati un'ottima band di Prog/Fusion strumentale. Molto bravi tutti quanti, soprattutto il batterista e il tastierista. Il chitarrista, seppur bravo, è quello che mi ha impressionato di meno: ho avuto l'impressione che stesse dando più importanza alla tecnica piuttosto che al gusto, e che fosse attento a non sbagliare, ma il suo suono era eccellente.

La Tony Levin Band ha cominciato il suo set verso le 22.45, con il consueto
"Barbershop Quartet" (una divertente 'piece' vocale senza accompagnamento). La percussiva "Pieces Of The Sun" ha rivelato tutta la maestosità e richezza del sound che il gruppo ci ha via via proposto durante tutto il corso della serata. Levin si divide alla perfezione tra basso elettrico, contrabasso elettrico e stick, oltre a cantare qualche brano del nuovo "Resonator" (molto belle le canzoni, mi hanno colpito molto "Break It Down" e "Places To Go") e a suonare la tastiera, sempre su una nuova canzone, "Fragile as a Song", toccante ballad. Jerry Marotta è un musicista straordinario... il suo drumming preciso e creativo mi lascia sempre a bocca aperta, decisamente un musicista con cui suonerei ad ogni costo! Jerry è anche un ottimo cantante, e ha dato una mano a Tony su alcuni classici del repertorio, come "Sleepless" dei King Crimson, "Back in NYC" dei Genesis (tratta da "Lamb Lies Down on Broadway") e la STUPENDA "On the Air" di Peter Gabriel (che grande canzone!). Jesse Gress è un ottimo incrocio tra la chitarra "schizoide" di Adrian Belew e la verve rock di solisti come Satriani o Steve Vai. Questo per darvi un'idea, ma ha comunque uno stile alquanto personale. Su "Utopia" ha fatto faville: un assolo da brividi... la canzone è imponente, sembra uscita dalla colonna sonora di un film di fantascienza, e mi sentivo completamente avvolto dal suono, così pieno e trascinante. Sulla destra del palco siedeva quel genietto di Larry Fast, mago dei synth (anche lui ex della band di Peter Gabriel), tastierista anomalo e per niente appariscente, poco avvezzo ai soli e più propenso alla ricerca del suono e alla cura degli arrangiamenti. Alla sinistra c'era invece Pete Levin... che di base è un musicista Jazz... e si sentiva. Ha sicuramente contribuito a rendere il sound generale ancora più caldo, anche grazie alle sue frequenti parti di Hammond. E al contrario di Fast, è un tastierista solista... notevole il duello tra lui e Gress sulla massiccia "Black Dog" degli Zeppelin (in un'inedita e grintosa versione strumentale).

Tony Levin ha parlato al pubblico quasi sempre in italiano, ed il suo è uno sforzo apprezzabile... qualche errore involontario (come ad esempio l'aver detto "ano" invece di "anno", come ha specificato lui stesso sul suo diario on-line il giorno dopo!) ha fatto ridere di gusto i presenti. Tra una canzone e l'altra ha raccontato diversi aneddoti interessantissimi riguardanti la sua carriera, sempre con garbo ed ironia. Quando alla fine del bis, ha imbracciato lo stick e ha suonato le prime note di "Elephant Talk", è stato un tripudio. La canzone è stata riproposta benissimo, sembrava quasi di sentire l'originale. Prima di salutarci, la band si è esibita in un barbershop quartet di chiusura, in una straordinaria versione a cappella di "Don't Give Up" di Peter Gabriel. Standing ovation di diversi minuti e poi le luci si sono accese...

Ho avuto modo di salutare nuovamente Tony più tardi (verso l'una e mezza, quando molta gente era già andata via) e ovviamente ho dato il mio CD anche a lui, ahahah! Uno ci prova... comunque, era molto indaffarato a smontare dato che non hanno tecnici in tour con loro (a parte il fonico), quindi non mi si è filato più di tanto. Ho scambiato altre due chiacchiere con Gress al volo e poi ho salutato anche lui, ringraziandolo di tutto, e Marotta, simpaticissimo come sempre. Larry Fast e Pete Levin erano li in giro e mi sono fatto firmare il libretto del cd live "Double Espresso".

Siamo tutti tornati a casa con la sensazione di aver assistito ad un grande concerto, suonato con il cuore da ottimi musicisti, rivelatisi anche persone estremamente amichevoli e disponibili...

MM


 

 

 

 

 

 

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