Poesia di Don Lando Leoncino dedicata alla sua "Patria" Orte
Poesia originale dal manoscritto di Don Lando Leoncino Orte (1548-1634) |
Dal libro “ Cenni storici di Orte” di Corrado Ralli - 1923 |
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Del sito di Orte
Tra due vallette apriche S’erge e si estende in lungo un picciol colle Nella cui cima estolle Orte, città, le sue muraglie antiche.
Ove fresc’aure e sano Vi porge il ciel benigno e grato albergo. Che da fronte e da tergo Scopre con lieta vista il monte e il piano.
Delle due valli l’una Un torrente di nezzo fende e parte Tal che per uman’arte A macinar frumento essi opportuna.
Ha piene ambo le sue rive D’arboscelli fruttiferi e fecondi, Terren colti e giocondi D’ottime viti e sempre verdi olive.
Quivi la copia getta E’ vuota il corno alla stagione non poco Si che più d’altro loco E da Bacco e da Venere diletta.
Vari ruscelli ancora Di chiare e lucid’onde Tra picciol sassi e sponde S’odono mormorando scorrer fuora.
Vari boschetti intorno Di odoriferi mirti e di ginepri, D’olmi, di lauri e vepri Fanno di spesse ombrelle il sito adorno.
Mira come natura D’estinta lava in loco aperto e basso E di nativo sasso Quinci e quindi gli ha fatto sponde e mura |
Poesia originale dal manoscritto di Don Lando Leoncino Orte (1548-1634) |
Dal libro “ Cenni storici di Orte” di Corrado Ralli - 1923 |
Accio, che oltraggio e danno Ella non abbia mai da parte alcuna D’orribile e importuna Rabbia de’ venti che fremendo vanno.
Mirate l’altra valle Di più capace seno e largo piano, Ove con lento e piano Corso il famoso Tebro parte il calle;
Che con l’acque sue flave, Cinto le chiome d’arundinee fronde, Adorna ambo le sponde Del letto suo con fresca ombra e soave,
Mentre sovente all’aura Nel tempo estivo con le bianche Ninfe Dalle sue proprie linfe Uscendo il padre Tebro si restaura.
D’olmi di viti accinti Sta parimente pieno il colle e il piano, Colti da dotta mano E in maestrevol ordine distinti.
Qualche si bella e vaga Contrada rimirando in tale aspetto Non sente al cuor diletto Che d’ogni altro desio l’animo appaga.
A te dunque sereno Sia sempre il ciel, gentile paese adorno, E da furore e scorno Di tempesta ti scampi e di baleno.
Né contraria fortuna Abbi giammai nimica a’ frutti e l’erbe, E a le stagioni acerbe Ti sian benigni e sole e luna.
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