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Abbandonata, è stata acquistata e ripulita dalla Fondazione Moreni




San Carlo, una splendida chiesa sfortunata fin dalle origini: potrebbe diventare un eccezionale auditorium ma non si possono aprire le uscite di sicurezza

Non si è incredibilmente previsto un piano complessivo di fruizione dell'intero comparto dove si sta procedendo al recupero di Palazzo Visconti per trasformarlo in uffici e abitazioni


La chiesa di S.Carlo, in via Bissolati a Cremona, si potrebbe chiamare - se l'aggettivo non sembrasse persino sacrilego - una chiesa sfortunata. Fin dalla sua costruzione- come leggerete nella sua storia - non è mai stata troppo amata dai cremonesi, è stata profanata e successivamente abbandonata, ed è stata trascurata persino dalle suore canossiane che quando hanno occupato anche a scopi scolastici l'adiacente, straordinario palazzo Visconti, si sono assai poco impegnate per questo complesso architettonico che, pur tuttavia, ha una sua grande nobiltà.
Adesso palazzo Visconti è in fase di ristrutturazione. Ce ne occupiamo con splendide foto ed anche con qualche domanda (andate a leggere). Le canossiane l'hanno venduto e l'impresa Lameri ( che ha ceduto l'area dove si sta costruendo l'Ipercoop sulla Paullese) ha ottenuto dal Comune di Cremona tutte le autorizzazioni per l'adeguamento del palazzo ad uffici ed appartamenti.
E l'adiacente chiesa di san Carlo? Pareva che il rio destino dovesse mutare cavalli. Finalmente ha trovato un proprietario, la Fondazione Moreni, attraverso il suo presidente che è anche il parroco di san Pietro, monsignor Attilio Arcagni. La Fondazione, consapevole della dignità ed importanza storica della chiesa seicentesca, l'ha acquistata dalla parrocchia di Sant'Imerio, alla quale apparteneva.
Si potrebbe farne una sala di grande prestigio a disposizione della città. Ma che accade?
Cremona cade ancora in uno di quei tranelli urbanistici che qualche volta va davvero a cercarsi. Non pare che sia stato realizzato, in fase di autorizzazione ai lavori nel comparto alcun piano di sistemazione complessiva dell'intero blocco che comprende palazzo Visconti e la chiesa di San Carlo. La quale non potrebbe quindi essere posta a disposizione della città perchè pare che allo stato attuale, non vi sarebbe alcuna possibilità di aprire le obbligatorie uscite di sicurezza. Speriamo che si trovino immediatamente delle soluzioni, posto che i lavori a palazzo Visconti sono ancora in corso.
La chiesa di San Carlo torna ad essere sfortunata. Ma quante altre sfortune Cremona urbanistica è andata a procurarsi negli ultimi tempi?


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San Carlo non era troppo popolare fra i cremonesi...




(Lia Bellingeri - Marco Tanzi) - Sopra ruderi di San Donnino, che esisteva fin dall'Xl secolo, venne ricostruita nel 1612 la chiesa che prese il nome di San Carlo, in onore del Santo Borromeo, santificato a ventisei anni dalla sua morte nel novembre del 1610. La riedificazione di San Donnino venne terminata nel 1617: Marco Antonio Salomoni, vescovo cremonese di Sora e devoto alla figura di San Carlo, contribuì grandemente alla decorazione di questa chiesa, che si occupò della cura delle anime fino al 1788, quando fu chiusa e profanata e venne poi riaperta e riconsacrata per divenire sussidiaria della chiesa di Sant'llario.
Appare interessante notare come venne tributato grande onore al Santo da parte di Cremona, che aveva visto nei vescovi Nicolò Sfondrati, poi Papa Gregorio XIV, e in Cesare Speciano due fedeli esecutori dei dettami post-tridentini voluti e sostenuti da San Carlo Borromeo.
La città intervenne subito con una chiesa dedicata a questo giovane Santo, anche se le forme di culto per questa figura non arrivarono mai ad essere popolari, data l'immagine di austerità e d'intransigenza di questo arcivescovo di Milano, noto per il suo impegno controriformista, oltre che per il suo appoggio per l'istituzione di nuovi complessi culturali adibiti alla formazione di laici, quali furono, per esempio, il Collegio da lui fondato in Pavia, o il forte impulso dato al nucleo dell'attuale Biblioteca Ambrosiana in Milano.
Il Genovesino, Luigi Miradori, dipinse per questa chiesa due quadri con la nascita e la morte di San Carlo.

(da "Le chiese di Cremona"- Fondazione Arvedi)

Fabrizio Loffi su “Cronaca” (dalla quale abbiamo tratto anche alcune immagini di R. Rastelli della chiesa di San Carlo, esclusa quella della facciata, che è di A. Leoni) ha descritto ottimamente lo stato della chiesa e gli interventi compiuti dalla Fondazione Moreni.
Scrive Loffi: ” Il tempo e l’incuria degli uomini l’hanno pesantemente segnata senza riuscire, peraltro, a scalfirne l’intrinseca bellezza. Ora che è stata completamente spogliata, la chiesa di San Carlo mostra senza alcun velo la sua ineffabile armonia. La perfetta scansione delle cappelle laterali, dove rimangono ancora ben visibili tracce di affreschi e grottesche barocche, il profondo presbiterio, dove a ricordare la presenza del corso è rimasta solo la parete lignea di fondo, l’ariosa cupola uniformemente dipinta di giallo ma destinata probabilmente ad ospitare quadrature mai realizzate.
Il saccheggio è durato forse decenni. Oltre gli scranni del coro e gli arredi degli altari (solo il reliquiario di San Carlo è sopravvissuto allo scempio), è sparito l’intero pulpito sulla parete destra della navata, quella esposta a nord, incastonato alla sommità di una lesena che si è in seguito sbriciolata.
Il muschio ha invaso la prima cappella a sinistra, ma ha benevolmente risparmiato il resto delle pareti, dove compaiono ancora tracce di affreschi, per lo più costituiti da quadrature a trompe l’oeil che incorniciavano le ancone lignee.
Su una parete un cartiglio dipinto ricorda un restauro del 1764 realizzato dalla Compagnia degli Officianti per farne il proprio sacello.
La corposa opera di pulizia degli ambienti condotta da monsignor Attilio Arcagni ha risparmiato alla vista il solito corredo di carcasse di volatili decomposti, di guano stratificato, di polvere e calcinacci. Lo scenario di rovina che probabilmente non aveva risparmiato l’antica chiesa abbandonata ha lasciato il posto ad una strana sensazione di incolmabile vuoto...
La chiesa di San Carlo è d’altronde una sopravvissuta.
Agli interventi urbanistici ed agli sconquassi architettonici degli anni Cinquanta, a due guerre mondiali ed agli sconvolgimenti politici e sociali dei secoli. Basti osservare quello che le sta accanto: un ex galoppatoio con le arcate aperte sul vuoto, un ex monastero divenuto caserma e poi un altro divenuto a sua volta anche ex caserma, ed ora anche un ex istituto Canossiano trasformato in residenza.
Vi è da dire, però, che anche le madri Canossiane non erano state particolarmente tenere con la nostra chiesa: intorno all’inizio degli anni Ottanta avrebbero voluto farne una palestra. In attesa di una decisione crollò rovinosamente a terra la palla della sommità del campanile, franarono in cortile i vetri dei finestroni e si ruppero i canali di scolo. Erano gli anni in cui la chiesa era divenuta magazzino della Caritas.
Così la descrive nel maggio del 1981 Italia Nostra: “Nella navata della chiesa si accumula il più incredibile relitto che sia mai venuto ad arenarsi sulle spiagge senza frangenti del cremonese: reti metalliche da letto, materassi, tubi di stufa, stufe, reliquati d’organo, tavoli, scarpe da prete, borse, biciclette, carrozzine per bambini e scatoloni, scatoloni pieni di vestiti, montagne di scatoloni che danno disordinatamente la scalata alle volte. Il tutto immerso in un greve, ammorbante odore di cesso. E’ il guano dei colombi: hanno eletto la chiesa a loro universo: vi si accoppiano, vi nidificano, vi depongono uova ed escrementi, vi muoiono infine a decine. Lo strato di guano che copre a grandi chiazze irregolari le carabattole ammucchiate deve essere quintali: in certi punti dove il pavimento è libero da impedimenti si cammina sopra l’elastico terreno di un bosco. Qua e là il pavimento si fonda in vasti avvallamenti inquietanti e si apre in precipizi più stretti e profondi. Nelle cappelle le ancone in legno degli altari, private delle tele che portavano, inquadrano pezzi di muro lebbroso: sulle pareti i lunghi filamenti neri dei piovaschi mescolano la loro rigidità gravitazionale con le decorazioni neoclassiche.
E’ ancora in piedi l’altare maggiore, ma l’organo, ormai privato delle canne, mostra solo occhiaie vuote, sono uscite dai supporti le colonnine di legno dell’elegante coro e si inclinano sghembe, appese ad un solo cardine, le ante che custodivano gli arredi. Trionfale (e incredibile) infine, nell’abside, sotto volte percorse da vaste crepe allarmanti, la grande tela dell’altare maggiore con dipinta l’Annunciata: uno squarcio netto la fende verso il basso”.
Ora quella pala, fortunatamente, è depositata al museo civico. Esistevano altre opere d’arte nella chiesa, chiesa, sconsacrata nel 1788, poi riaperta per divenire sussidiaria di Sant’Ilario e poi ancora chiusa”.




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23:26:00
di Sab, 16 giu 2007