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Lo scempio dei resti dell’antica Porta Mosa e dei contrafforti dell’area Snum


 


Le antiche difese della fedelissima

e il delitto urbanistico del Comune


 

Adesso che Milano recupera i resti delle mura spagnole e sta per organizzare un grande mostra sul cinquecento ed in altre città le cinte divengono le protagoniste del turismo locale a Cremona il disinteresse perdura. Basta rammentare il felice esempio di Pizzighettone.

 

di Angelo Garioni Sabadini ©

In questi giorni sulle colonne del Vascello ( e molte altre volte negli anni passati) si è alzato un grido strozzato per salvare i resti delle mura cittadine. Parole, fotografie hanno testimoniato l’abbandono dei resti presenti nell’area ex-SNUM. I resti ridotti all’altezza di un metro e predati spesso dai ladri di mattoni sono le testimonianze di un tempo passato. Una storia complessa che inizia nel XII secolo e termina agli albori del ‘900 quando le mura sono state smantellate dalle idee urbanistiche dell’ingegner Remo Lanfranchi. Leggendo le argomentazioni addotte dal Lanfranchi di vede trasparire il desiderio di abbattere le mura non perché simbolo della repressione straniera ma per creare un nuovo progresso. La demolizione appariva ai nostri antenati necessaria per fornire alla città lo spazio vitale all’espansione urbana ed industriale. Vale la pena di sottolineare all’attento lettore che le mura di Cremona sono state edificate dai nostri avi per difendere la città e non sono state imposte dal dominatore straniero come simbolo d’oppressione e controllo.



Lo sfregio più grave è del Comune che apre fori, abbassa e ridimensiona le mura, installa assurde cancellate


Dopo circa un secolo dallo smantellamento della struttura difensiva, che ha comportato tra l’altro l’abbattimento completo del settore nord e dell’area del castello di Santa Croce, occorre riconsiderare il rapporto tra la città, la cittadinanza e le stesse. Partiamo dal principio che oggi Cremona ha raggiunto una stabilità demografica che l’attesta sui circa 70000 abitanti. Il doppio circa dai tempi del Lanfranchi. La città vive nella pace quotidiana e da anni perde abitanti piuttosto che acquistarne. Quindi la prima ovvia considerazione è che non esistono più le condizioni che nel XX secolo avevano portato alla demolizione delle mura.



Il fogliame scavalca e invade anche l'interno, copre le panchine, distrugge


La successiva domanda che dobbiamo porci è semplice: quali gesti esprimono il progresso di un popolo? Una risposta complessa certamente richiede molte riflessioni ma a ragione possiamo affermare che in Italia, il valore della storia e la tutela delle memorie storiche, dei monumenti rappresentano certamente una prova del progresso raggiunto dalla società.
Se ipotizziamo che questa affermazione risponda alla verità allora dobbiamo arrenderci all’evidenza che il popolo cremonese sta vivendo un lungo ed eterno oblio. L’abbandono dei resti della mura cittadine agli sterpi, alle edere ed ad ogni genere di pianta infestante rappresenta il peggiore degli scempi. Pari alla dimenticanza.




Pericoli e pericolanti


Forse la memoria dei cremonesi è corta? Non dedichiamo alle mura nessun monumento, nessuna notizia. Lasciamo i ruderi in uno stato di pessimo abbandono, le mura nascoste tra i condomini degli anni sessanta, e gli unici tre baluardi tutt’ora esistenti dimenticati ed aggrediti dalle nuove costruzioni. Ovviamente ci si chiede perché? Adesso che Milano recupera i resti delle mura spagnole e sta per organizzare un grande mostra sul cinquecento ed in altre città le cinte divengono le protagoniste del turismo locale a Cremona il disinteresse perdura. Basta rammentare il felice esempio di Pizzighettone.




La mura depredate e le brutte, indifferenti architetture della mediocrità culturale


Il caso dell’area ex-SNUM, insieme all’abbandono del baluardo di San Giorgio, è la semplice rappresentazione della decadenza della società cremonese. I baluardi di San Giorgio, di San Michele e a quello di via Cadore sono gli unici sopravvissuti ma il primo è l’unico che ad oggi rimane visibile e visitabile alla cittadinanza. Le edere stanno sgretolando le possenti mura, il giardinetto soprastante è decadente e solo la presenza di qualche pensionato evita al luogo l’abbandono totale. Non esiste un totem, una qualsiasi informazione che fornisca delle informazioni al cittadino sull’importanza del luogo.




L'ordine dell'orticello: fuori, oltre le mura dimenticate e stuprate dalla indifferenza pubblica


Il vero scandalo del baluardo di San Giorgio è lo stato d’abbandono della Porta Mosa.
Porta Mosa è l’unica porta cittadina che il tempo e gli uomini ci hanno conservato. Le altre sono state abbattute dal progresso. Il loro ricordo rimane nei toponimi che con ostinata fermezza permangono nel lessico cittadino. Tutti i cremonesi conoscono Porta Po, sanno dove si trova, ma pochi rammentano il nome della piazza. Così succede per Porta Venezia (l’antica Ognissanti), porta Milano (l’antica San Luca) e Porta Romana (l’antica Porta Nuova). In città tutti conoscono Porta Mosa, posta al termine della contrada Gonzaga. Eppure pochi cittadini sanno che la porta esiste ancora con il suo fornice murato che dava sulla campagna circostante. Esistono ancora i resti dei marmi delle mensole dell’antico ponte levatoio. Però nessuna scolaresca nelle mattinate di maggio vi si reca per contemplare la memoria. La porta è senza tetto e giace abbandonata da oltre trent’anni, riempita da piante infestanti e degradanti.




Le porte abbandonate al degrado


Un portone in legno verso la città racchiude l’antica memoria patria. Anche le città confinanti con Cremona hanno perso parte delle mura, delle porte, ma non tutte. Noi che abbiamo solo porta Mosa attendiamo il suo inesorabile crollo. Con una stupidità degna di uno stolto. Sorge subito una ovvia considerazione: perché? Non riusciamo a dare risposta. Per non farci del male probabilmente. Per non avvallare la sensazione interiore che le parole a Cremona sono vuote, che i fatti sono sogni.
Il destino di Porta Mosa è lo stesso di altre memorie cittadine che noi con ostinazione vogliamo citare: San Benedetto, Santa Monica, Corpus Domini, Seminario di Santa Margherita, il Galoppatoio, Palazzo Colletta ex distretto militare per citare solo gli esempi maggiori.




L'accerchiamento di Porta Mosa e l'indifferenza persino nella qualità e discrezione dell'illuminazione comunale


Tutti questi monumenti sono il frutto del lavoro dei nostri avi e spesso degli stati più poveri della società. Rappresentano quindi non solo un monumento ma anche un documento della storia materiale di Cremona. Come tutti i documenti in conseguenza meritano il nostro rispetto e la tutela.
Cosa chiediamo al comune di Cremona, al nostro Sindaco ed al consiglio comunale? Semplicemente la tutela delle memorie patrie e la sola manutenzione ordinaria del Baluardo di San Giorgio ed il salvataggio di Porta Mosa. Sarebbe utile avere anche una mostra sul seicento a Cremona, sulle mura e sui successi della tutela dei monumenti ma questi avvenimenti li lasciamo al 2008 e ci accontentiamo solo della nostra Porta Mosa.
Non vorremmo ricordare l’amministrazione del 2007 solo per le occasioni perse oppure per un nuovo piano integrato sull’area della ex-SNUM per fondare nuovi condomini, che in una Cremona dove ogni anni si perdono abitanti, forse non servono a nulla. 

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di Sab, 18 ago 2007