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Davide Riccio
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SENZA PACE
Poesia per la pace?
Pensiero introduttivo dell'autore:
GUERRA ALL'IRAQ (Pace da tutti i balconi)
Marte - il dio della guerra - fu ancor
prima il dio dei luoghi agresti, e degli agricoltori, della vegetazione
in primavera.
Marte lo si invocava al risveglio della natura nel mese di marzo.
Chi era dunque buono a difendere le ricchezze della terra dagli
insetti e dalla siccità, dalle talpe e le altre calamità
divenne buono a difenderle anche dalle incursioni dei bramosi
nemici.
Poi, a marzo, finiti i primi lavori nei campi, si aveva un po'
di tempo libero per andare a menar le mani.
Comunque la faccenda sia andata, Marte, divenne il dio della
guerra.
Trascorsi da allora duemila e più anni di progressi e
civiltà, tornerà forse di marzo anche quest'anno
la guerra.
Altri romani oggi vanno alla conquista del Mondo.
Le bandiere della pace, le bandiere arcobaleno, le bandiere ai
balconi io le guardo e non sono convinto.
Dio pose il suo arco celeste nella nuvola, e così disse
a Noè: «Avverrà che quando lo guarderò,
mi ricorderò del mio patto perpetuo tra me ed ogni essere
vivente ché nessuna carne sarà più sterminata
dalle acque di un diluvio».
Fra Dio ed ogni essere vivente
L'arcobaleno non è
dunque il segno di un patto fra l'uomo e l'uomo. E, infatti,
guerre e stermini vanno avanti da allora, e non finiranno. Non
ancora.
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BERLINO
Certi se ne stanno così
Come una Chiesa della Memoria
Devastata e mai ricostruita
Un sacro profanato
E un profanamento sacro
Sono i poeti
E le loro parole
Pezzetti venduti
Di un odiato Muro abbattuto
Commento dell'autore:
A casa conservo un frammento del Muro
di Berlino. Il Muro di Berlino, noi lo odiavamo. Poi a Berlino,
il 6 ottobre 1989, andò il grande Gorbaciov (avevo 23
anni). Il 9 novembre arrivò il decreto che consentì
l'apertura delle frontiere tra Germania Ovest e Germania Est.
E, dopo trent'anni di assurde sofferenze e tristezze, il Muro
crollò al grido di "Noi siamo il popolo, un solo
popolo!". Lo odiavamo, eppure intorno ad esso si era infine
costruito, quanto meno nella Berlino ovest, un certo fascino
maledetto. Che era poi il fascino della Berlino tutta degli Anni
'70. Erano gli anni della trilogia Bowie-Eno, "Low"
e "Heroes" in particolare; del trasgressivo nightclubbing
berlinese; di Wim Wenders e "Il cielo sopra Berlino";
di Christiane F. e i ragazzi dello Zoo di Berlino, giusto per
dare in un flash l'idea. Ma veniamo alla poesia in versi liberi:
certi poeti, solo i più grandi, sono impressionabili dalla
storia, verso cui sono sensibili e a cui sono quindi partecipi.
E della storia dell'uomo ne scrivono alla memoria parole inevitabilmente
di dolore. Sono come la Chiesa della Memoria distrutta durante
la seconda Guerra Mondiale e così lasciata, mai più
ricostruita, a perenne ricordo degli orrori di guerra.
Una sacralità
profanata e un profanamento divenuto sacro per la non meno importante
memoria agli uomini di buona volontà, se non più
di Dio, degli orrori perpetrati dall'Uomo a Se Stesso (ricordate
"Solaris" di Tarkovski: sarà la vergogna a salvare
l'uomo?). Poeti che di poesia in poesia abbattono e vendono o
regalano anch'essi frammenti, pezzi del Grande Muro di una Incomunicabilità
vasta però quanto il Mondo e i tempi. Noi siamo il popolo,
un solo popolo! Dann sind wir helden fur einen tag
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GLI ULIVI
Cammino
nel mio oliveto
Si contorce
il corpo degli olivi
Protesi in ogni spazio
Con rami capaci di ogni angolo
Cambiano
Ripensano si corrugano
Si espandono ritornano
Si avvitano a volte
Combattono
gli olivi
Tra diversi infiniti modi
Di essere e di crescere
Di andare o tornare
Più
che un simbolo di pace
A me pare dell'inquietudine
Talvolta
Invecchiano le foglie
S'inargentano canute
Alla luce
E le piccole
drupe ovali
Dei loro frutti
Già sanno dell'unica pace
Di un'estrema unzione
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RADIO DELL'EST
Specie di
sera mi piace
Coricarmi ad ascoltare
Le onde corte
E la modulazione d'ampiezza
A captare le radio del mondo
Di lingue che non conosco
E musiche arabe o balcaniche
Dai modi inafferrabili
Jugoslavia
Polonia Albania
M'immagino
d'essere un immigrante
Bisognoso e sprovveduto
Da poco tempo arrivato
Sono mio
nonno a Filadelfia
Sono mio padre a Lucerna
O sono io - questa volta
Lo straniero
Il diverso
E mi fa
bene
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VI PREGO,
NON SIATE QUESTO MONDO
E' accaduto lungo una linea dell'Essex,
dove venti treni sono passati su un cadavere per non mettere
a soqquadro gli orari. Venti macchinisti sono stati "costretti"
a rallentare e, con il benestare della Polizia e l'obbligo della
loro compagnia privata, a passare sui resti di una giovane donna
che era stata investita, per verosimile atto suicida, da un precedente
treno.
Rallentano,
si avvicendano
I treni pendolari
in perfetto orario
rotolando
lo stesso
mostruoso sonno ferreo
sul bianco telo disteso
sopra corpo
di suicida
per sfida persa a oltranza
contro questo mondo immondo
maciullato
mai abbastanza
e non per pietà rimosso
più in là seppur di poco.
Quanto a
voi, macchinisti,
nulla ho
da dirvi
come a macchine non parlo.
Sia lode al management
previdente
che ben altro
biglietto rimborserà
alla piena coscienza.
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SREBRENICA
E ALTROVE
Non l'angoscia
per queste fosse comuni,
i corpi ammassati
e trasformi,
i lugubri
impasti di terra
e della carne
che vi si riporta
e sfilaccia;
così
fa la morte.
E' invece il delirio
del delitto
che non passa
nei secoli a ferirmi!
Mi tormenta
risapere
sempre da capo
che l'uomo all'uomo
ancora può
essergli
meno di niente.
Perciò anch'io c'entro
e mi detesto
davanti a ciò che resta
di una foto di famiglia
o di un perone scheggiato
appena fuori
da un marcio scarpone.
(Labili sentimenti delebili,
giusto il tempo di un servizio).
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SOTTO UNA
ROTTA MILITARE
Alchimia
Ciò
che sta in basso
Sta in alto
Sotto
Il volo erratico
Zigzagante
Improvviso
Delle farfalle vitali
Sopra
I voli bassi
E lineari
Dei cacciabombardieri
Mortali
E ciò
che sta in alto
Sta in basso
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BOAT PEOPLE
Il battello
è tutta ruggine
che ruggisce orribilmente:
inutilmente incagliato nelle secche
barcolla ubriaco marcio, inadeguato.
Il battello
ha mille occhi stralunati
sotto illuni schiere celesti
e ridesti avviliti sussulti
di topi a far la fine del topo,
sorpresi,
immuni mai da implacabile
traversia nei canti che più bui
parevano prima e sicuri, e mille
macilenti figli sbattuti sopra,
e mille
progetti lenti delle madri mute
che torce straniere sfacciate dintorna
sulle facce-bozzolo di immemorabile
soggiogo che mai gioco
ha vagheggiato
di pigli più attuali
e studiate camminate occidentali
dipanate a colpi emancipati
di aderenze dure in nero chic.
La bagnarola
ha mille torpidi
tenaci mani sulla battigliola
dove il braccio di tenebra si arresta,
pauroso si increspa al maestrale,
e mille
ultimi dollari di speranze
su di noi, Dioscuri luciferi
ed altri acuti e insieme stupidi
ossimori, umanissimi dispensieri.
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Note biografiche
Davide Riccio, di origini scozzesi, irpine
e normanne, è nato nel 1966 a Torino, dove vive svolgendovi
dal 1986 l'attività di educatore professionale in favore
di disabili e in abito psichiatrico presso una comunità
alloggio di pronto intervento. E' inoltre giornalista. Ha collaborato
con il quotidiano "Torino Sera" (cultura in genere,
recensioni) dal 1999 al 2001 e con "La Val Susa" nel
1998 (pagine musicali). Articolista e divulgatore per la rivista
nazionale di turismo, arte, scienze e misteri "Oblò"
dal terzo numero ad oggi (fondata nel 2000 con sede a Livorno).
Dal 1994 al 2002 ha collaborato fin dal primo numero alla rivista
nazionale di letteratura "Vernice" della Genesi Editrice.
Collabora inoltre ad alcuni e-magazine. Ricercatore e inquirente
del C.U.N. (Centro Ufologico Nazionale) tra il 1997 e il 1998.
Pubblica poesie e racconti dal 1983, prediligendo antologie e
riviste, e da due anni Internet al fine di non pagarsi l'autopubblicazione,
com'è praticamente sempre richiesto dalla piccola editoria.
Ha collaborato con diverse note testate di ufologia (come Dossier
Alieni e Stargate Magazine).
Musicista polistrumentista e cantante autore con diversi dischi
e compilazioni a nome proprio (di cui tre microsolchi tra il
1991 e il 1994, in tempo per togliersi la soddisfazione del vinile
ormai morto e sepolto), e in gruppi (molto attivo negli anni
'80 nell'undergorund rock torinese e tra le avanguardie, concerti
etc., a cui sono seguiti solo lavori di studio nei '90.
Insieme a De Caro, Pontillo e Avenati, è stato uno dei
fondatori del "Gruppo Factory", gruppo aperto di performance
di poesia multimediale (reading e recitazione di poesia su musiche,
video, mostre, balletti etc. propri e di collaboratori), attivo
in teatri, strada, locali etc. tra il 1998 e il 2000 (spettacoli
"Alias" e "Telekoma"). Il Gruppo Factory
ha a suo tempo interessato Aldo Nove per la pubblicazione alla
Bompiani (collana InVersi) del libro con cd "Factory's";
poi
non se n'è fatto più niente: la collana
chiuse poco prima (si sa, "la poesia non vende"). Riccio
è fra l'altro autore di una biografia storica (la prima
e al momento unica) sull'omonimo Davide Riccio (1533-1566, musicista
torinese, segretario personale e amante di Maria Stuarda brutalmente
assassinato in un complotto di Stato in Scozia). Biografia che
si può scaricare e leggere in e-book.
Per leggere altre sue opere, ve n'è un discreto numero
in rete. |
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ritorno a
"Accademia di Talia"
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