Cogli l'attimo,
come rapido t'inchini ad estirpare un fiore, tra milioni di filamenti
verdeggianti agitati dal medesimo vento, carpendone in un solo
gesto, con una generosa quanto ingrata voluttà, la bellezza,
il profumo e la vita.
Cogli l'attimo, saccente come un fiore di loto, nella sua capacità
di visioni euforizzanti ed evanescenti. Licita il tuo prezzo
che ad altri s'opponga: egli non ritorna.
Egli è il tuo sole ma l'evezione che procurerà
al tuo peregrinare sarà più avara ed infedele di
quanto potrà esserlo la notte che, nella sua inutilità,
nulla più inquieta: né il rimorso né il
rimpianto.
Cogli l'attimo così come la placenta lo ha intriso: senza
né aggiungere né togliere. Egli non ha un futuro,
perché mille sono i padri che hanno posseduto la vagina
che lo ha sgravato. Mutare il suo destino è come voler
morire: generare altri padri di figli insanguinati. E tu, prefica,
non darai altra luce alla notte.
Cogli l'attimo come l'ultimo pasto succulento di chi alla morte
è destinato. In esso troverai tutti gli aromi di spezie
antiche e ricercate, tutti i sapori per palati sopraffini unti
da un'ambrosia generosa e forestiera.
Ingozza la mente ed il tuo cuore, prima che il fuoco, nella sua
assurda schermaglia, disciolga l'ultimo nocciolo di cera, poiché
altro tu non avrai che la certezza di quella fiamma che, sfavillando,
ghermisce l'estrema sua speranza.
Io non vi sarò: poiché all'attimo non appartengo,
anche se in esso ho vissuto. Io non vi sarò: perché
l'attimo è già dei ricordi ed io son vivo. Io non
vi sarò, perché tu vuoi che io non vi sia.
Questa è la differenza tra il fuggente ed il sogno: il
primo geme di verità, il secondo è mera fantasia.
E la realtà non può essere negata dall'utopia,
neppure per un attimo. Il tuo è un sogno che appartiene
alla notte e che codesta intruglia di sapori diurni. L'attimo
riluce di vita.
Per questa considerazione la crudeltà del momento è
molto più greve di quella del sogno e chi s'illude di
cogliere l'attimo senza morire per esso, schernisce se stesso.
Non esiste l'attimo, ma la vita, anche se non vi è alcuna
differenza tra i due, ma alla vita abbiamo dato attributi meno
fuggevoli.
Ecco, la tua alcova, dipinta da mani maestre in ogni suo particolare,
è pronta ad accoglierti e se sarai lesta nell'apporre,
alle tue finestre, la giusta trama, sicché il contorno,
anche alle ombre incerte, svanisca lasciandoti nell'oblio, meno
subirai il silenzio della tua anima.
Il fragore del mondo, in ogni modo, coprirà qualunque
reminiscenza.
Cogli il tuo sogno, di speranze perdute, e ponilo dinanzi ai
tuoi occhi e anche se, di brividi assenti, l'animo non trasale
lascia, comunque, a me il tormento di ciò che ho vissuto,
goduto ed amato.
Non volger indietro il tuo sguardo chè la vita in sale
trasmuta dando al vero la sua sacra essenza e all'uomo la sua
nudità.
Vivi della gloria del ricordo scevra da ogni rimpianto o rimorso:
che il sogno sia attimo e l'attimo sogno. Giungere dovrai al
dunque quanto io, e in questo comune destino si rispecchia il
nostro esser fratelli. Lascia, pertanto, le gesta vane alla follia
di chi all'attimo, invero alla vita, ha creduto fino all'ultima
sua stilla, di non so che cosa, corsa nelle sue vene. Tu, rifuggi
spedita tra le braccia di Morfeo ove tanti tuoi frati giungono
esausti dalle retrovie: che il dolore non t'appartenga più
di quanto ti è dovuto sopportare.
Ecco, è l'alba. Nulla più rimiro che a te m'accomuna,
eppure io ti amo.
Prendi la mia mano, dolce chimera, ché giunger io possa
al mio confine senza altri travagli e senza spine. Ma se anche
al dunque venire dovrò tra pene ancora invissute, che
il mio capo sia ritto oltre l'utopia, nel pieno di ciò
che è stato prescritto.
E con il cuore sereno tendo la mia mano ad ogni ricordo e pensiero:
essi sono miei, come io di loro.
Null'altro m'appartiene e a nient'altro appartengo, oltre all'amore
ch'è nel mio cuore. |