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Gerardo Sorrentino


ventinovenne di Cava dei Tirreni, ci ha mandato otto poesie pervase da patos,  "melanconia"  ed un certo pessimismo, che volentieri pubblichiamo:

 Dimmi che lo vedi anche tu.  Gocce in caduta libera
 Io vento  L'ultimo gesto

nuove
 Avamposto della mia ragione  Il mio nome
 Cannella e Vaniglia  Una speranza perdente
 

ritorno a "Accademia di Talia"

     
   Dimmi che lo vedi anche tu.  
Dimmi che lo vedi anche tu
quest'orizzonte
dove le lacrime dei sogni
e dei desideri
possono confluire
in glorioso unire,
lo senti, è il mio cuore,
che ad ogni alito di speranza vibra
e sa amare anche una voce sconosciuta
e ora il silenzio che allontana
che compie il misfatto del dubbio
…parlare …tacere,
ma stasera le stelle fanno da falò
per le nostre divinità
sono dipinte sull'anima
che hai intagliato come una tela
per la mia fantasia,
per il tuo silenzio,
e ho cercato demoni e beffe della vita
per darmi una ragione,
una ragione per cui sempre sul più bello
è un miraggio,
e ora dimmi che la stella del desiderio
che è calata nei cristalli dei miei occhi
ha incrociato anche i tuoi.
 
     
     
     Gocce in caduta libera
  Strade scoscese lungo la mente
la mia coscienza è perdente
e risparmiatevi dal mio sguardo
voi che di falso peccato fate baluardo
la vostra santità rinnega Maddalena
il vostro tradimento è da ultima cena.

La carta pretende far morale e giustizia
ed il potere solo soldi e milizia
ma in questo ballo in maschera
ci sono ancora gocce in caduta libera
e la storia lo ha insegnato
questo mondo ne sarà inondato.

L'arte vive in celle fastose
prostituendo le mani talentuose
non chiedendosi della disperazione
una bocca affamata rovina l'ispirazione
ormai i maestri allenano le loro lingue
per esibirsi in spettacolari lusinghe.

La vita rincorre la morte
in un gioco che sa di sorte
mentre il re-boia parifica i salmi
con una mano semina pace, con l'altra armi
e scopro dell'innocente l'ingiusta agonia
atroce sacrificio dell'immemore follia.

E il silenzio si fa confusione
dopo aver riscoperto l'acquazzone
gocce in caduta libera con determinazione
al di fuori d'ogni canalizzazione
e la storia lo ha insegnato
questo mondo ne sarà inondato.
     
     
   Io vento  
Io, puledro sperduto in questa prateria
allagata dallo sputo di Bacco,
cosa potrò mai alleviare
a quest'umanità vagante,
come potrò mai concedermi tregua
se è la vita ad essere condanna.
Io vento, tempesta, uragano,
che apre le porte
per poi sbatterle all'uscita
come e cosa potrò fare
per scagionare e alleviare
il dolore che scaturisce ad ogni domanda
che aborto trova per risposta?
L'arguzia dell'ubriaco
potrà mai far spazio nella mente
come la breccia di un'idea sacrosanta?
Il concetto di valore
contrapposto all'interesse
oppure semplice immaturità
è la teodicea del mio agire?
Qual Dio se non il mio cuore
potrà mai condannarmi?
 
     
     
     L'ultimo gesto
  Cerco nelle tasche dell'anima
un motivo degno
per non barcollare tra tristezza
e un'insana malinconia.

Avrei mille e più ragioni
per tirare la veste alla morte,
ma non sarà la cecità di un attimo
a far d'eternità un'intuizione.

Strascichi di ricordi
a far da guida a un'anima troppo stanca
ma la storia è troppo lunga per essere attraversata
dalla purezza di due ali senza artigli.

Mi chiedo con franchezza quale sarà l'ultimo gesto
degno di questo palcoscenico,
e avaro d'emozioni mi trafiggo
cuore ed anima per uno spunto che doni poesia.

Ma la poesia è magia,
è l'arcobaleno di mille colori
nel cielo dipinto senza colori,
e ancora una volta mi chiedo come, quando e perché,
ma che senso hanno mille domande che non trovan risposta.

Potrei chiedere in prestito alla fantasia mille parole,
sarebbero l'estremo tentativo di lasciare una traccia
su una spiaggia orfana di orme
cancellate dalla marea del tempo.

E ora son giunto alla fine
possa calare il palcoscenico con anticipo,
la fine come eterno tentativo
di una silenziosa eternità.

Forse è stato solo una puntata persa
quella di una vita spenta
tra un gargarismo stanco di un contreau
e un avanzo di pizza fra le dita.

Annaspo nel credere ad un'eguale possibilità
quella riconosciuta ad ogni uomo di vivere
e lasciarsi vivere secondo la propria morale
ma sconsolato m'accascio contro un muro
e m'accorgo che è pura illusione la libera espressione.


Ma la Poesia è magia,
è l'arcobaleno di mille colori
in un cielo senza più colori,
guardo e mi rattristo: un muro completamente bianco
mancano i graffiti degli ultimi Artisti di strada.

Vorrei un mondo colorato,
intriso dallo stridere dell'anima,
e a volte senti che una regola
è profondamente inadeguata,
perché semplicemente non sente il pulsare del cuore.

Spazzerei via ricordi e nostalgia
per poter ricominciare dalla purezza di un'anima
che non ha mai saputo conoscere
la convenienza di un compromesso.

L'orizzonte è lontano
ma quanti passi sono stati fatti per veder sorgere
il Sole che attendevo.
dov'è più quel sole?

Gelido scende lo scenario
di un'epoca senza più speranza
senza più pietà,
orfana di eroi e di idee.

Ma la Poesia è magia
è un pezzo di cielo rubato a Dio,
a un Dio orfano delle proprie speranze,
del proprio amore infinito
per suo figlio che non comprende più.

E mi verrebbe voglia di sputare in viso a potenti
e ai vili che assecondano il loro gioco di supremazia,
e alla fine so di aver sbagliato
ho preso lista dei mie fallimenti
ho lasciato sterile la mia voglia di comprendere.

Ma cosa volete che questo sia
se non il casino delle mie idee
il rigurgito annacquato di un nuovo pretesto
quello di coltivare sogni in un campo arido.

Ma cosa volete che vi dica,
siamo tutti il risultato di una vita
andata così senza un itinerario ben preciso,
abbiamo perso bussola e speranza ancor prima
che la sera delle stelle dei desideri potesse riconciliarci con la vita.


E l'Anarchia di un mondo di uomini liberi e uguali
resta la proiezione di un mondo egualitario
dove non esista più la parola che possa diminuire
l'immensa dignità del miserabile
e della sua grande capacità di sognare.

Ma la Poesia è magia
è l'ultimo rantolo del ribelle
la fase di ricostruzione del grande spirito,
quello che pervade la gioia di essere un guerriero,
un guerriero dell'anima.
     
     
   Avamposto della mia ragione  
Mastico i resti di un'anima,
trasudo angoscia da ogni poro della mente
annaspo nell'inseguire chimere mascherate
cerco l'ultimo sigillo,
cerco uno scrigno dalle mille serrature
l'avamposto della mia ragione,
barcollo tra pseudo-certezze,
quelle dell'ultimo baraccone
quelle dell'ultimo palcoscenico,
recita regale per la regina del creato:
un manto nero
una maschera bianca
una falce fedele per amica.
Un campo di girasoli
dal capo riverso
mi sorride spavaldo,
mi vorrebbe raccontare di mille carcasse
che in quella curva hanno conosciuto
come un fiore può sgocciolare sangue.
Una nenia funerea mi stordisce
confonde le mille strade della verità
ma la verità è un'illusione
è una ricetta bella e pronta
per chi rinnega la forza del dubbio.
Ma la verità grida
grida fra corpi straziati dall'ignominia,
l'uomo ama ammazzarsi
ammazzarsi per una ragione,
ma il non senso di un assassinio
risiede nella precarietà del creato.
Tutta una vita è destinata al resoconto
di una decina di righe lette da un parroco annoiato,
la comunione, il sangue di Cristo, la benedizione,
e per favore ora andate in pace
senza scannarvi prima dell'uscita dalla chiesa.
 
     
     
   Il mio nome
  I poeti che brutte creature
ogni volta che parlano è una truffa
(F. De Gregori - Le storie di ieri)

A volere tutto
troppo spesso si annaspa
tra un desiderio e un'illusione
forse solo il sudario di un'emozione,
ma se le stelle fossero amnesie di un Dio
orfano della propria creazione
allora saprei che il progetto ultimo
di queste mie parole
è dare colore ad un orizzonte
l'orizzonte di mille pensieri
troppo stanchi per girare
il mappamondo annacquato
di un viaggio verso l'agguato
di un ultimo ideale di vita
del poeta e i suoi versi che a memoria cita,
ma è la pazzia degli uomini savi
che governano il mondo.

Ho bevuto tanto vino
che se fossi un angelo
vedrei doppia la strada
che porta al dipinto
di un'anima,
affresco della notte
fatto di vita e morte
fatto di acqua santa e sangue
e volerei via lontano
lontano dove lo sguardo si perde
e si riconcilia con l'infinito,
lontano fra i frammenti di un sogno
e la spavalda arroganza
di chi osa guardare sempre oltre
anche quando il confine della propria ombra
cade perpendicolarmente
sotto un cielo oscuro.

La mia libertà l'ho venduta
per un piatto di utopie
condite bene
ma alla lunga
troppo pesanti da digerire
e allora ho aggiunto l'acqua al vino
e qualche ideale l'ho dipinto sull'anima
credere in un mondo di fratelli
dove i colori non fossero più fardelli
credere in un mondo di uguali
e un mondo senza i suoi mali
ma poi ho ucciso la speranza
con le mie ali intrappolate
in una gabbia dalle sbarre di cristallo
e allora ho comprato un pappagallo
per farmi ripetere in un assurdo monologo
il mio nome da stronzo.
     
     
 Cannella e Vaniglia  

Se avessi dato al destino
Un senso a cui poter donare
Una giustificazione al fallimento
Di una vita vissuta in bilico
Tra una lucida eresia
E una preghiera a Cristo uomo
Ora potrei darmi una ragione ontologica
Del mio dolore e delle sue paure
Paura di credere in un regista strambo
Che detta le scene dei nostri piccoli romanzi
Dall'alto di una nuvola a cinque stelle
Una di troppo me la stampo sullo zigomo.

Ma Dio avrà qualche hobby
Forse è troppo serio e triste
Per perder tempo ai dati
Le nostre vite - una pallina
Un giro di giostra
E niente va più,
gli strapperei un sorriso
con cui schiodare dalla croce suo figlio
eterno uomo condannato ad esser Dio
Divinità di miliardi di parole
Troppo spesso confuse
Nell'estremo tentativo di un addio.

E se anche l'odio fosse
una limpida forma d'amore
Un veleno lento che ti tiene in vita
Ora saprei dipingerti addosso
La tua cannella fatta di parole
Quella vaniglia che mal si addiceva
Al mio tabacco e agli itinerari
Dell'iperbole del mio fumo
Ma lasciamo una porta aperta
Al tuo miracoloso olfatto
E al mio desiderio d'incrociare
le stelle dei tuoi occhi.

 
     
     
   Una speranza perdente
 

Il potere serpente
vomita locuste affamate
sulla strada dell'avvenire,
tutto è terribilmente ingiusto,
tutto si muove secondo logiche precostituite,
e in tutto questo mi sento solo
come solo è l'urlo delirante
in un bosco di betulle,
tutto marcisce al sospiro della verità
perché la verità è una dura incantatrice:
ti rapisce e ti lascia orfano
lungo le strade del destino.

Potrei fare dei miei dubbi
adeguata speranza su cui costruire:
è meglio una speranza perdente
intrisa di sogno
che un cinismo immacolato
che conosce solo la strada più semplice.

Alla fine mi ritroverò solo
come il rigurgito di un poppante
ad una festa popolare,
solitudine e silenzio sono fratelli
il silenzio è la magia donata dagli ultimi Dei
all'ultimo uomo.

     

ritorno a "Accademia di Talia"