Margherita Guidacci Leonardo Rosito L.
Rosito e M. Guidacci Pietro Parigi A. Zagari e P. Parigi Voltolino Fontani Nedo Luschi I
ragazzi
di Terezìn e
la fotografia di Claude Andreini I ragazzi del
Darfur

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I RAGAZZI DI TEREZìN
Fra
gli artisti che amiamo non potevamo non inserire le opere
-poesie e disegni- dei bambini e dei ragazzi deportati nella
città di Terezìn divenuta tra il 1942 ed 1944 il
"ghetto dell'infanzia". Vi furono rinchiusi 15.000
bambini di cui, al momento della liberazione da parte delle truppe
sovietiche, soltanto un centinaio erano ancora vivi. Gli altri,
tutti trasportati, e uccisi, per lo più nel campo di sterminio
Auschwitz-Birkenau...
Uomini e donne, di straordinaria sensibilità, anch'essi
deportati, destinati alla sorveglianza dei ragazzi, in quella
allucinante situazione riuscirono a mantenere vivo in essi il
senso della vita e della speranza facendoli lavorare e studiare,
distribuendo a tutti quel calore umano e affettivo tanto necessari
nell'età infantile.
Si deve alla loro opera se oggi possiamo offrire alla riflessione
di tutti noi le testimonianze di questa terribile vicenda della
storia moderna.
I 4.000 disegni e le 60 poesie che ci sono così pervenute
sono custodite nel Museo Ebraico di Praga.
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Dal
catalogo della mostra organizzata a Livorno da il "Centro
di Documentazione per l'Antifascismo e la Resistenza" in
occasione de "IL GIORNO DELLA MEMORIA" celebrato il
27 gennaio 2003, riportiamo alcune -NON chiedetici il criterio
della scelta...- delle opere esposte:
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Siamo abituati
...
Siamo abituati
a piantarci in lunghe file alle sette del mattino,
a mezzogiorno e alle sette di sera,
con la gavetta in pugno; per un po' d'acqua tiepida
dal sapore di sale o di caffè
o, se va bene, per qualche patata.
Ci siamo abituati
a dormire senza letto,
a salutare ogni uniforme scendendo dal marciapiede
e risalendo poi sul marciapiede.
Ci siamo abituati
agli schiaffi senza motivo,
alle botte ed alle impiccagioni.
Ci siamo abituati
a vedere la gente morire nei propri escrementi,
a veder salire in alto la montagna delle casse da morto,
a vedere i malati giacere nella loro sporcizia
e i medici impotenti.
Ci siamo abituati
all'arrivo periodico di un migliaio di infelici
e alla corrispondente partenza
di un altro migliaio di esseri
ancora più infelici... |
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estratto da un testo in prosa
di Peter Fischl
(nato il 9.9.1929 - morto
ad Auschwitz nel 1944)
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Eva Freundovà
(n. il 14.1.1933 - m. il
4.10.1944
ad Auschwitz) |
Ilona Weissovà
(n. il 6.3.1932 - m. il 15.5.1944
ad Auschwitz) |
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A Terezìn
Appena qualcuno arriva qui
ogni cosa gli sembra strana.
Come, io devo coricarmi per terra?
No, io non mangerò quella sudicia patata nera.
E questa sarà la mia casa? Dio com'è lurida!
Il pavimento è solo fango e sporcizia
e qui io dovrei distendermi:
Come farò senza sporcarmi!
C'è sempre un gran movimento quaggiù
e tante tante mosche:
le mosche non portano le malattie?
Ecco, qualcosa mi ha punto: una cimice forse.
Com'è orribile Terezìn!
Chissà quando ritorneremo a casa. |
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1943 "Teddy" dati anagrafici non accertati
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Berta Kohnovà
(n. il 11.9.1931 - m. il
18.5.1944
ad Auschwitz) |
Hana Grunfeldovà
(n. il 20.5.1935 - m. nel
1944
ad Auschwitz) |
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La paura
Di nuovo l'orrore ha colpito
il ghetto,
un male crudele che ne scaccia un altro.
La morte, demone folle, brandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.
Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stesso trovare la morte.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore:
Vogliamo fare qualcosa. E' vietato morire! |
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Eva Pickova
(nata il 15.5.1929 - morta
il 18.12.1943
ad Auschwitz) |
I dimenticati
O chiaro ricordo che m'inviti
alla quiete
e mi rammenti colei che amai,
ancora sorrido alla tua carezza,
ancora con te mi confido come al migliore amico.
O dolce ricordo, raccontami la storia
della mia ragazza perduta,
racconta, racconta dell'anello d'oro
e chiama la rondine che la vada a trovare.
E tu pure vola da lei e sottovoce
domandale se ancora pensa a me,
se sta bene e se ancora, se ancora
sono rimasto il suo amore di un tempo.
E poi ritorna veloce, non ti perdere,
perché io possa ricordarmi qualche altra cosa:
Era così bella: chissà se mai più la rivedrò.
Addio, mia cara, addio! Ti amavo. |
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Anonimo |
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Sona Waldsteinovà
(n. il 20.22.1926 - sopravvissuta) |
Pavel Sonnenschein
(n.
il 9.4.1931 - m. il 23.10.1944
ad Auschwitz) |
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