PIETRO PARIGI, nella sua proverbiale modestia, non avrebbe
mai immaginato che dopo aver trascorso tutto il ventesimo secolo
nell'umile lavoro di xilografo, avrebbe usufruito, nella più
grande ed anche più celebre chiesa francescana del mondo,
di un concerto di musiche modernissime e nello stesso tempo adatte
alla sacralità del luogo: musiche composte da David Tukici
per lui, Pietrino Parigi, dirette dallo stesso maestro compositore
ed eseguite da orchestrali fiorentini e da artisti venuti da
Roma, da Parigi, e persino dal lontano Giappone.
II giorno dopo, 20 settembre,
alla presenza del Cristo di Cimabue e dell' Albero della Vita
di Taddeo Gaddi, nel Cenacolo dei chiostri di Santa Croce, il
canto della notte precedente si è trasformato in parola
parlata. Dieci notevoli personalità dell'arte e della
letteratura hanno espresso i loro pensieri o in diretta o in
traduzione simultanea. Altri cinque hanno consegnato le relazioni
che sono inserite negli Atti secondo un criterio di ordine logico.
Due «INSERIMENTI ALLA MEMORIA»
sono stati:
- una
scelta di Pensieri sull'arte, di Pietro Parigi;
- una
prosa e due poesie di Margherita Guidacci (1) dedicate all'amico Pietrino
che riesce «a splendere», come luce vera, nelle tenebre
dell'anima perdutamente disperata della poetessa.
Gli ATTI del
Convegno sono stati raccolti nel volume «Pietro Parigi
dal segno al simbolo» - Edizioni Città di Vita
e presentati venerdì 28 febbraio presso l'Oratorio della
Maddalena.
[per richiederli:
ind.: 50122 - Firenze - Piazza Santa Croce, 16
tel/fax: 055,242783
email: info@cittadivita.org
sito internet: www.cittadivita.org]
I lavori hanno visto alternarsi, in qualità di relatori: ANNA
MARIA PETRIOLI TOFANI, L'ultimo
grande Maestro di Santa Croce MARIO LUZZI, la
castità nuova del segno; PIER FRANCESCO
LISTRI, Toscanità e planetarietà nel segno di un
realismo profetico; GIUSEPPE APPELLA, Un confronto
ineludibile con gli artisti europei; NATACHA FABBRI,
Dai "Diari" lo splendore di un'arte divinamente personale; DERMOT KEOGH, Pietro Parigi: an encounter with the
artist; ENDA McDONAGH, Una fede tra stupore umano
e attrazione divina; GIOVANNI MANCO, Nel tormentato Novecento
Pietro Parigi artista dell'uno e del molteplice (2); STEFANO MAZZACURATI, Una vita tracciata con la sgorbia; SIBILLA PARICCHI, Il maestro dei maestri; ANNA
BUCCINOTTI, Ne "Il Frontespizio" (1931 - 1936): l'artista
di maggior rilievo; CATHERINE O'BRIEN, Slancio
poetico di una modernità disarmante; GIUSEPPE
ANDREANI, Fra segno e simbolo; MAURO PRATESI,
Pietro Parigi e la politica artistica italiana nel 1931; DON SILVANO NISTRI, La collaborazione di Pietro Parigi
con la LEF. |
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Bisogna
rendere merito a Padre Rosito, al suo entusiasmo che nessuna
difficoltà può scalfire, al suo carattere tetragono
che lo porta, pur nella francescana umiltà che gli è
connaturata, a smuovere mari e monti e a mettere insieme questo
consesso di autorevoli esperti nel nome di Pietro Parigi, questo
"artista artigiano" come lui stesso amava definirsi
uscito dalla Scuola Professionale di Arti Decorative di Santa
Croce. Deve essere stata davvero significativa questa scuola
artigianale, tutta pratica, quasi una seconda bottega per Pietro
Parigi che frequentava negli stessi anni (siamo tra il 1906 e
il 1912) la bottega del Farnesi, ben noto incisore di metalli
nobili, vera fucina di artisti. Dico questo perché negli
stessi anni è uscito dalla medesima scuola Zulimo Rossellini,
lo scultore che vinse il Concorso per il primo monumento al Foscolo
da porre in Santa Croce nel 1927 per il I Centenario della morte
del Poeta. Dopo ben quattro concorsi andati a vuoto, una giuria
autorevolissima, composta tra l' altro da Ugo Ojetti e Bistolfi,
amici ed estimatori di Parigi, decretò vincitore del concorso
uno sconosciuto scultore di soli ventiquattro anni, uscito appunto
dalla Scuola Professionale di Santa Croce. Mi soffermo su questo
per rilevare come Città di Vita si ponga come continuazione
di una viva attività artistica e culturale vissuta all'interno
della Basilica stessa, seppur tra mille difficoltà, a
mantenerne viva la memoria e a continua-re sulla stessa linea
ma, nello stesso tempo, come abbia la necessità, per mantenersi
in vita, della collaborazione e del sostegno di tutti noi.
Grazie quindi al Comune che ha voluto essere presente nella persona
del Dottor Brasca e ha voluto sottolineare il riconoscimento
del valore artistico di un suo concittadino. La scelta, inoltre,
di questo luogo di sublime grandezza tra il Cristo del Cimabue
e L 'Albero della Vita di Taddeo Gaddi non poteva essere che
il più confacente a chi, secondo quanto illustrato dalla
Dottoressa Anna Maria Petrioli Tofani è da considerarsi
L'ultimo grande Maestro di Santa Croce.
Ma se la Scuola Professionale di Santa Croce è stata una
fucina di artisti, la rivista Città di Vita nella sua
sede nei chiostri della Basilica è stata ed è il
polo di incontri e di scambi culturali di respiro internazionale.
Ed è qui che il Professor Dermot Keogh nel 1977 ha incontrato
Pietro Parigi, incontro del quale ci parla nel suo intervento
Pietro Parigi: an encounter with the artist.
Il ricordo commosso e vivo del Professor Keogh ci riporta ad
una di quelle tre "questioni aperte" che Francesco
Gurrieri aveva indivi-duato nel Convegno Il magistero dell'incisione
nella grafica del '900, nel 1992: senza lasciarsi fuorviare troppo
dal timbro popolare, primi-tivo e giottesco delle figure, Gurrieri
si interrogava sulla vera collo-cazione artistica di Pietro Parigi.
L'artista era da collocarsi in una linea di grande forza espressiva
ma nei limiti ancora di un regionalismo o non piuttosto doveva
trovare una più dignitosa collocazione euro-pea? Ora,
dopo dieci anni, il Professor Giuseppe Appella sembra voler rispondere
parlandoci di Un col1jronto ineludibile con gli artisti europei.
La
disamina ampia e circostanziata del Professor Appella seguito
a ruota, negli Atti del Convegno, dal Professor Giuseppe Andreani
hanno dato risposta a quella "questione aperta" di
cui si era parlato nel Convegno precedente. Rimane ora da valutare
come l'Artista si inserisce nella temperie artistica del Novecento.
Il critico Corrado Marsan, a suo tempo, aveva affermato che le
figure di Pietro Parigi si ponevano nel mezzo della vicenda novecentesca
come autentici e insindacabili testimoni. Il Professor Giovanni
Manco, nel suo intervento Essere artista dell ' Uno e del molteplice
nel tormentato Novecento, va oltre nel leggere l'opera di Pietro
Parigi interpretando quell'Uno come I' Unum dantesco da cui tutto
( e quindi il molteplice) si squaderna.
Il tormentato Novecento a cui allude il Professor Manco ha lasciato
come marchio indelebile l'umiltà. Sarà la condizione
fisiologica ed esistenziale della Guerra a far dire a Ungaretti
"era schiacciante l'umiltà". Per Pietro Parigi
l'umiltà è profondamente connaturata al suo carattere
schivo e totalmente aperto all 'amore verso tutte le creature
tanto che così recita la motivazione del Premio Prezzolini
attribuitagli nel 1985: "L'Artista maturando e penetrando
nell'animo le inquietudini del secolo, ha saputo farsene interprete
umile, francescanamente religioso, severo con se stesso ma in
letizia con il mondo". È quella "modernità
disarmante", quasi un ossìmoro, che sarà la
chiave di lettura attraverso cui la Professoressa Catherine O'Brien
si accosta alle opere di Parigi: Lo slancio poetico in un contesto
di modernità disarmante.
Osservando il programma possiamo notare che l' ordine degli interventi
non è casuale: dopo una prima parte in cui l' Artista
è stato considerato nel suo rapporto con gli artisti europei
o, più in generale, collocato nella temperie storico-letteraria-artistica
del Novecento, quindi in una proiezione orizzontale, ora viene
affrontato nella più specifica proiezione verticale: l'
analisi dei tre ultimi interventi scende sul piano più
personale, scava nel rapporto dell'uomo con il divino fino all'intervento
conclusivo dello psicologo che, facendo il vuoto di tutte le
sovrastrutture storico-artistico-letterarie guarderà all'uomo
nel suo recesso più segreto, più intimo. L' intervento
del Professor Enda McDonagh, Una fede tra stupore umano e attrazione
Divina, apre questa seconda parte quasi a riprendere e sottolineare
il giudizio, a parer mio felicissimo, già dato da Ernesto
Balducci quando, a proposito delle xilografie parlò di
"violenza espressiva e fede infan-tile", cioè
di quella fede disarmante ma assoluta in cui l' artista immerge
il suo mondo fatto di esseri "umani e esseri angelici"
secondo la definizione di Hermet.
Ed
eccoci arrivati ai Diari. Anche questi possiamo definirli uno
Zibaldone di pensieri, ovviamente tutti rivolti al campo artistico,
anche questi sono "emozioni, sensazioni, avventure storiche
dell'ani-mo" da cui traspare sempre però il senso
religioso della vita. "Pensar-la e vederla religiosamente
la vita", scrive Pietro Parigi. Pier France-sco Listri ha
parlato di "profondissima spiritualità sapienziale"
per questo artista che ha tradotto in parabole fulminanti la
povera vita quotidiana. Ma di questo ha parlato nel suo intervento,
'Dai Diari' lo splendore di un'arte divinamente personale, Natacha
Fabbri.
E siamo arrivati così alla conclusione della prima parte
del Conve-gno: di necessità, in questa chiave di lettura
che abbiamo tentato, la conclusione non poteva che riguardare
l'uomo dalla personalità umbratile, schiva ma anche appassionata.
Padre Rosito, su questa linea, non ha avuto dubbi: chi meglio
di uno psicologo poteva e può parlarci dell'uomo Pietro
Parigi? E su questa scelta e su questo argomento così
intrigante prende la parola il Professor Stefano Mazzacurati:
a lui l'onore e l'onere di concludere la prima parte del Convegno
con Una vita tracciata con la sgorbia. Nella seconda parte, che
si è svolta nel pomeriggio, due attori, Paola Lambardi
e Franco Di Francescantonio, hanno letto brani tratti dai Diari
accompagnati magistralmente da un Quartetto d'archi del Maggio
Musicale Fioren-tino e seguiti dalla corale Corpus Domini di
Bolzano. E come la Musica del Maestro David Tukici aveva aperto
il Convegno, così lo conclude una Musica capace di "togliere
il fiato" al nostro Artista Artigiano che così confessa
con disarmante violenza espressiva: "Mi bastano tre note
accoppiate bene per cogliermi l' anima, e vi sono davvero momenti
di sapiente e coordinata unione di alcune note che hanno la perfetta
dolcezza delle cose precise e naturali da togliermi il fiato
come fa lo scoppio del fulmine".
Ad aprire i lavori pomeridiani, parlando della toscanità
di Pietro Parigi, è stato il giornalista e critico Pier
Francesco Listri, nel suo intervento Toscanità e planetarietà
nel segno di un realismo profetico, e a concluderlo è
stata la voce della Poesia nella persona di Mario Luzi, che non
solo ha vissuto con l'artista gli anni fecondi della Firenze
de Il Frontespizio e, più in generale, della Firenze dei
primi Novecento, ma ancora è la voce più alta e
rappresentativa della Poesia di tutto un secolo. |