Margherita Guidacci Leonardo Rosito L.
Rosito e M. Guidacci Pietro Parigi A. Zagari e P. Parigi Voltolino Fontani Nedo Luschi I
ragazzi
di Terezìn e
la fotografia
di Claude Andreini I
ragazzi del Darfur

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Due artisti
un mistero |
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Due artisti: Leonardo
Rosito, scultore, e
Margherita
Guidacci, poeta Un mistero: il dolore
Il dolore nella storia dell'umanità
rivisitato come una grande Via Crucis, dove -per una felice e rivoluzionaria intuizione
di Padre Massimiliano Rosito- non sono le stazioni del Cristo ad
alludere alle stazioni dell'uomo, ma sono le stazioni dell'uomo
che rimandano a Cristo e che si inquadrano in quella Sua Via
Crucis che tutte le riassume e le riscatta.
In "La via crucis dell'umanità" [Ed. Città di Vita, Firenze]
sono raccolte le riproduzioni di 15 bronzi, raffiguranti le XIV
stazioni più una quindicesima, la Resurrezione, opere
del Rosito e i relativi commenti poetici della Guidacci.
Ne riportiamo, di seguito, alcuni, per noi, di particolare patos:
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Caino e Abele
Passi più bui della
notte in cui risuonano imprimono nel mondo, dall'inizio, orme di sangue. Cos'ha fatto Caino di
suo fratello, cos'ha fatto l'uomo dell'uomo? |
![[ L. Rosito - Via Crucis: Caino e Abele ]](../immagini/vcu_cainoabele.jpg) |
Incas
Solo un colore, il giallo,
unì conquistatori e conquistati; questi
adoravano il sole, splendida fonte di vita;e gli
altri l'oro, fonte di morte: che, selvaggia, diedero a quella gente fiduciosa e ignara, per
depredarla. Almeno non avessero, in tutta questa
storia di assassinio, mai fatto il nome di Dio! |
![[ L. Rosito - Via Crucis: Incas ]](../immagini/vcu_incas.jpg) |
Razzismo
Che cos'ha d'inferiore la
peonia perché purpurea, il croco perché
giallo? Perché lo scuro velluto dell'iris dovrebbe valer meno dell'avorio della
magnolia? Quel che per i fiori comprende senza
sforzo, per se stesso possa imparare, finalmente,
l'uomo. |
![[ L. Rosito - Via Crucis: Razzismo ]](../immagini/vcu_razzismo.jpg) |
Hiroshima
Pietà, Signore, della
terra sconvolta, dove l'uomo diffonde tanta violenza
e rovina dove ogni poggio può diventare
un Golgotha e ogni città può diventare
Hiroshima. |
![[ L. Rosito - Via Crucis: Hiroshima ]](../immagini/vcu_hiroshima.jpg) |
Gesù Risorto
Affranti dalle nostre vie
di morte a Te giungiamo, nostro Salvatore. Tu che morendo hai distrutto la morte, insegnaci
la Tua resurrezione. |
![[ L. Rosito - Via Crucis: Gesù Risorto ]](../immagini/vcu_resurrezione.jpg) |
L'opera
completa è collocata nella Chiesa Parrocchiale di San
Giuseppe, nel cuore della vecchia Firenze, all'incrocio di via
delle Casine con via dei Malcontenti. |
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Si
riportano, di seguito, due significative testimonianze sulla
nascita dell'opera: la prima, del giornalista del "Corriere
della Sera" Vittorio Brunelli, la seconda della stessa Margherita
Guidacci.
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Le uccisioni di
Gandhi, Luther King e John Kennedy
in una nuova "Via Crucis" che fa discutere Firenze
FIRENZE
- John Fitzgerald Kennedy è un giovanotto coi capelli
a ciuffo, vestito da contadino, riverso su una grossa sfera che
rappresenta il mondo, l'aiuola che cì fa tanto feroci,
con un braccio senza vita e la mano ripiegata che poggia sull'
Atlantico all'altezza, si direbbe, del Mar dei Caraibi: è
stato ucciso per aver voluto la dichiarazione sulla parità
dei diritti fra bianchi e neri.
Questa è la scena scolpita da Leonardo Rosito e riprodotta
in bronzo per la XIII stazione di una nuova, rivoluzionaria "Via
Crucis dell'Umanità", che dopo una breve peregrinazione
è stata collocata definitivamente nella "Cappella
del Santissimo" della chiesa di San Giuseppe a poche decìne
di metri dalla Basilica di Santa Croce.
L'idea di questa "Via Crucis dell'Umanità" era
venuta a padre Massimiliano,fratello di Leonardo, che fa l'orafo
a Fiuggi. Padre Massimiliano dirige il periodico bimestrale "Città
di Vita", che parla di religione, arte e scienza: la redazione
è situata in un seminterrato della Basilica, meglio conosciuto
come "Oratorio di San Bernardino", abbellito da affreschi
seicenteschi. Proprio in questo spazio di lavoro si discusse
a lungo dell'opportunità e della validità di una
"Via Grucis" che ignorasse le tradizionali figurazioni
del Cristo sulla via del Calvario e le sostituisse con altre
immagini. Disse Padre Massimiliano che l'assenza del Cristo sarebbe
stata solo apparente, essendo Egli presente in ogni uomo, specie
se sofferente. Leonardo si mise al lavoro. Scolpì quindici
bassorilievi, uno per ogni stazione. Con le prime quattro raffigurò
Caino e Abele, la strage degli innocenti, la passione e morte
di Gesù, i martiri della tradizione cristiana. Con le
altre, invece, ricordò lo sterminio degli Incas, quello
degli Indios, il flagello della schiavitù, le deportazioni,
le aberrazioni del razzismo, il sacrificio di padre Massimiliano
Kolbe, le uccisioni di Gandhi, Martin Luther King e Kennedy e
la bomba di Hiroshima. Per l'ultima, quindicesima stazione, scolpì
il volto "addolorato e paziente" di Gesù risorto.
Una autentica rivoluzione, anche se concepita secondo uno spirito
conciliare o, meglio, secondo le aperture giovannee (da Papa
Giovanni) ancora non tutte compiutamente attualizzate. Ma come
si poteva far entrare in una Via Crucis le stragi degli Incas
perpetrate dai cattolici spagnoli; il protestante Luther King
e l'indù Gandhi? Rispose padre Massimiliano che quegli
spagnoli, i conquistadores, non erano in fondo che avventurieri
e che egli avrebbe proposto di elevare il protestante e l'indù
agli onori degli altari. Lo disse ricordando il capitolo 13 dell'Enciclica
Redemptor Homines di Papa Woityla, che insegna: "Cristo
si è unito ad ogni uomo". |
Bisognava uscire da certe concezioni
restrittive e, perciò, riduttive.
Tutto giusto. Ma si poteva davvero procedere? Padre Massimiliano
ha ammesso che quella di suo fratello Leonardo non poteva essere
reputata una Via Crucis canonica, in mancanza, fra l'altro, di
una approvazione ecclesiastica ufficiale. Forse questa approvazione
è necessaria, perché le quindici formelle di bronzo
non sono soltanto un'opera d'arte ma "oggetti devozionali"
sui quali la curia si deve pronunciare. Comunque le "stazioni",
lo scorso 4 ottobre furono ammirate e benedette dall'arcivescovo
di Firenze Silvano Piovanelli e, come. si è visto, accolte
nella "Cappella del Santissimo" della chiesa di San
Giuseppe con il beneplacito e il favore del priore don Borettì,
ma il "nihil obstat" a ben guardare, non c'è.
Tuttavia i fautori di questa Via Crucis sono sicuri di aver agito
correttamente, di non aver preso un abbaglio, come ne è
certo, fra gli altri, don Sergio Pacciani, presidente della commissione
fiorentina per l'arte sacra, secondo il quale il Concilio Vaticano
II ha compiuto una rivoluzione "umanistica" che legittima,
a ben vedere, anche gli elaborati devozionali di Leonardo Rosito
e ne permette la collocazione in. chiesa. "Che altro è
devozione ? ha detto don Sergio ? se non contemplazione di un
mistero come la sofferenza dell'uomo?"
Forse in tutto ciò può essere individuata una provocazione.
Si è infatti compiuto un nuovo attacco contro i tradizionalisti
che potrebbe far sorgere problemi e frizioni, come prova il fatto
che un religioso spagnolo, qui a Firenze, ha protestato violentemente
per la formella sugli Incas. Ma ben venga il dibattito: la Chiesa,
a quanto pare, non ha ragione di temerlo. Ha" ricordato
don Boretti che nella sua parrocchia, in tempi andati, i condannati
a morte erano assistiti dalla "Compagnia dei Neri",
fondata nel 1428: da allora la sofferenza umana suggeriva comunque
partecipazione e meditazione.
È su questa scia che oggi si richiede un'analoga meditazione
davanti alle formelle di Leonardo Rosito e ai versi di Margherita
Guidacci. Ha scritto la poetessa per la formella di Martin Luther
King:
"Per il sogno che ha fatto, l'hanno ucciso: ma non hanno
ucciso il sogno".
II leader dei negri americani viene abbattuto, nella raffigurazione
"devota" mentre cerca di far cadere il muro del pregiudizio
che separa in America bianchi e neri. I cattolici di Firenze
ne potranno venerare l'immagine anche se egli era protestante.
[Vittorio Brunelli] |
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NELL'AMBITO DELLA CREATIVITA'
UN FELICE INCONTRO
Roma, 14|11|1985 - Caro Padre Massimiliano,
tu desideri che io rievochi le circostanze e il modo della composizione
dei testi che accompagnarono (e accompagnano tuttora, nella mostra
permanente nella chiesa fiorentina di San Giuseppe) le formelle
della Via Crucis dell'Umanità, scolpite con tanta genialità
e fervore da tuo fratello Leonardo.
È una rievocazione che faccio volentieri perché,
oltre a ricordarmi un abbinamento di cui vado fiera, per la bellezza
dell'opera scultoria di tuo fratello, mi ricorda anche un'esperienza
singolarissima, anzi assolutamente unica, in tutti i miei lunghi
anni di "praticante" della poesia.
Le mie poesie, di solito, o crescono come frutti, da un seme
iniziale più o meno sconosciuto, e io mi limito a seguirne
la maturazione, (che può essere anche lunghissima) dandogli
ogni tanto una tastatina per vedere a che punto sono e coglierle
quando sono pronte; oppure mi vengono " regalate ",
come se qualcuno me le depositasse sul cuscino mentre dormo o
me le facesse trovare sulla soglia di casa quando esco. Non mi
era mai capitato di scriverne dietro un invito esterno, e sei
stato tu a inaugurare per me questo nuovo metodo! Un metodo,
tuttavia, che ha funzionato una sola volta - quella - e probabilmente
non funzionerebbe mai più (il che lo rende ancora più
singolare). Anche quella volta, ne sono convinta, non avrebbe
funzionato se l'invito esterno non fosse stato occasione alla
scoperta di un fortissimo invito interiore, che già esisteva
senza che io lo sapessi e che divenne preponderante. Ma procediamo
con ordine.
Tu mi telefonasti una sera d'inverno dell'84; non ricordo il
mese, probabilmente era febbraio, un mese, per me, sempre occupatissimo
fra esami e tesi universitarie: ed infatti (questo lo ricordo
bene) ero sommersa dal lavoro. Stavo inoltre completando, per
conto mio, un ciclo di poesie ormai " mature ", in
cui avevo messo tutto il cuore e l'anima. Mi sentivo vicina alla
conclusione, e desiderosa solo di potermici concentrare interamente.
In più, specialmente quando fa freddo, io vado a letto
al tramonto, e quindi c'ero già, sebbene non ancora addormentata.
Mi alzo allo squillo interurbano, e sento la tua voce serafica
che mi dice: " Margherita, c'è un lavorino che bisognerebbe
tu facessi ... ". " Sentiamo ", dico io,
già allarmata. E tu enunci il " lavorino ",
con quella tua candida sicurezza (così esasperante e così
disarmante al tempo stesso) che non potrà esservi un rifiuto,
anzi, che l'interlocutore troverà perfettamente naturale,
come la trovi tu, la tua richiesta per quanto assurda e impossibile.
" Dovresti scrivere un pensierino di commento per ciascuna
delle stazioni di una Via Crucis scolpita da mio fratello: ma
presto, perché c'è poco tempo, si fa una mostra
all'oratorio del Caravita, a Roma, e prima bisogna stampare un
libretto ".
Ti ascoltavo sbalordita. Non avevo visto la Via Crucis di tuo
fratello, e già questo mi sembrava uno scoglio insormontabile.
Te lo dissi.
" Ma non fa nulla, ti dico io l'argomento di ogni formella,
e tu ci fai un pensierino ", rispondesti tu con la tua solita
serafica impermeabilità alle obiezioni. E mi snocciolasti
tutti i titoli che poi risultarono essere uno di più che
per le stazioni di una comune Via Crucis, perché
questa Via Crucis dell'Umanità ne aveva quindici,
di stazioni, e non quattordici: finiva infatti con l'immagine
del Cristo Risorto.
E il mio lavoro al Magistero? E quell'altro lavoro ancora più
mio al quale agognavo dedicare tutti i miei pochi minuti liberi?
" Ma, almeno, quanto tempo mi dai? " chiesi disperata.
" Oh, anche una settimana ", dicesti tu in tono magnanimo.
Qui c'è un vuoto nella mia memoria, ma credo allora di
averti investito non proprio con male parole, ma concitate sì:
tanto che anche tu riattaccasti il ricevitore piuttosto sconsolato
e, forse, per la prima volta diffidente dell'esito, sebbene ci
fossimo accordati che io ti avrei richiamato comunque, dopo un
paio di giorni, per dirti a mente più calma se accettavo
o no la proposta.
Tornai a letto furente e certa che l'agitazione non mi avrebbe
lasciata dormire: come infatti avvenne.
Ed ecco che, mentre mi rigiravo e mi tormentavo pensando a quel
mio ciclo di poesie che avrei voluto completare (e che erano,
per avventura, tutte d'argomento pagano e lontane le mille miglia
da quello che mi proponevi tu) mi colpì a un tratto l'idea
che ormai la mia pace era partita, tu me l'avevi, in ogni caso,
sciupata, e che per riconquistarla non c'era che un unico mezzo:
prendere il toro per le corna e liberarsi al più presto
da quell'inaspettato impegno che tu mi avevi buttato addosso
e che, anche se l'avessi rifiutato, avrebbe continuato a pesare
su di me, perché sarebbe diventato un rimorso, e allora
sì che mi avrebbe distratta e impedita da quello che volevo
fare! L'ineluttabilità e la paradossale sensatezza di
quella soluzione mi si presentarono, abbaglianti.
Ripresi in mano la lista dei titoli che avevo scarabocchiato
in maniera quasi illeggibile mentre tu me li dicevi al telefono,
e cominciai a decifrarli. Via via che li decifravo, sentivo come
un'ondata sollevarsi dal profondo dell'anima. Come non fremere
di fronte a certe evocazioni, certi ricordi? Le violenze dell'uomo
sull'uomo, dal fratricidio di Caino alla bomba di Hiroshima.
La schiavitù, il razzismo, i genocidi, le deportazioni,
i lager ... La morte violenta di chi alla violenza si era luminosamente
opposto con una pura grandezza spirituale: uomini come Gandhi,
Massimiliano Kolbe, Martin Luther King ... Come potevo ignorare
questi temi, ora che erano stati esplicitamente offerti alla
mia attenzione? Mi sentivo come una porta martellata di colpi.
Bisognava aprire.
Rileggevo, sempre più intenta, quella nuda lista di titoli,
e mentre li rileggevo, alcune brevi poesie (tu non avevi mai
parlato di " poesie " ma solo di " pensierini
", ti sarebbe quindi bastato anche un commento in prosa),
alcune brevi poesie, dicevo, vennero silenziosamente e spontaneamente
a mettersi sotto i rispettivi titoli, come se fossero state in
me da sempre, aspettando solo di essere " chiamate "
e trascritte. Continuarono a venire anche in autobus, mentre
attraversavo la città per recarmi al Magistero 'Maria
Assunta'; tanto, ricordo, che appena arrivata là la prima
cosa fu di annotarne una.
Ciò mi parve incoraggiante e, naturalmente, la sera, appena
tornata a casa, ti chiamai. " Prendi un foglio - ti dissi
- ora ho da dettarti io qualcosa ". Tu quasi non credevi
ai tuoi orecchi. A differenza della precedente, quella fu, per
tutti e due, una telefonata felice.
La notte successiva " raccolsi " un altro piccolo gruppo
di poesie e con la terza notte completai la Via Crucis.
Quello che scrivevo la notte, te lo dettavo per telefono il giorno
dopo, in modo che tu non perdessi tempo ad aspettare la posta,
sempre lenta, e potessi affrettare la composizione tipografica
del libretto, che infatti poté uscire molto rapidamente.
(Mai un mio lavoro aveva avuto un passaggio così rapido
dal nulla all'ideazione e dall'ideazione alla realizzazione stampata!).
Ero molto contenta, sia di come il lavoro mi era riuscito, sia
perché avevo potuto evitare di darti una delusione, che
mi sarebbe dispiaciuta quanto a te. Ma la contentezza più
grande doveva ancora venire; e venne quando finalmente, all'apertura
della Mostra nell'Oratorio del Caravita, vidi per la prima volta
le opere che avevo commentato. Erano così belle, così
essenziali: semplici e, insieme, piene di forza drammatica; corrispondevano
così bene alle immagini che i loro titoli avevano evocato
in me che, anche se ce ne fosse stata la possibilità,
non avrei cambiato una virgola di quanto avevo scritto su di
esse prima di conoscerle.
Evidentemente c'era stata una " conoscenza " interiore,
un parallelismo intuitivo tra il sentiero di Leonardo Rosito
ed il mio: parallelismo che tu, padre Massimiliano, hai portato
alla luce; e che alla luce non sarebbe venuto mai senza la tua
convinzione e ostinazione. Te ne sono grata, ora che provo la
gioia di vedere le mie parole associate ad un'alta opera di scultura
e la speranza che insieme ad essa contribuiscano a ridestare
una pensosa coscienza ed un sentimento di fraternità e
di preghiera in quanti avranno occasione di soffermarsi davanti
a questa Via Crucis.
Roma - Via Parco dei Tre Signori,
21 [Margherita Guidacci] |
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