Il toponimo
Coverciano è un vocabolo
che fa parte della toponomastica della città di Firenze.
Deriva dalla parola latina Cofercianus. Questa a sua volta deriva
dal nome latino di persona Corficius, trasformato per metatesi
in Cofircius a cui è stata aggiunta la terminazione anus,
Cofircianus o Cofercianus.
Da Corficius è venuto Cofircius, da Cofircius è
venuto Cofircianus o Cofercianus italianizzato in Coverciano.
Coverciano è quindi un nome locale di origine latina.
Indica, probabilmente, il nome del proprietario o del lavoratore
del fondo rustico: fundus cofircianus o cofercianus.
Da Coverciano presero nome:
- una località;
- due chiese parrocchiali,
di cui una dedicata a Santa Maria cioè alla Madonna sotto
il titolo dell'Assunta e l'altra a Santa Caterina da Siena;
- due monasteri femminili:
San Baldassarre (Agostiniane) e San Girolamo (Clarisse);
- il Centro Tecnico Sportivo
Federale della Federazione Italiana del Gioco del Calcio.
La località
La località di Coverciano
abbraccia i territori compresi tra i torrenti Mensola e l'Africo,
fra le colline di Maiano e di Poggio Gherardi e la pianura che
si spinge verso la riva destra dell'Arno, Questa località,
popolata in antico dagli Etruschi, si trovava a oriente della
etrusca città di Fiesole e a mezzogiorno della strada
etrusca che congiungeva Arezzo con Fiesole.
Sotto la dominazione degli Etruschi la zona faceva parte del
territorio fiesolano ed era soggetta al governo della suddetta
città etrusca.
Dopo la conquista romana della zona avvenuta nel sec. IV avanti
Cristo la suddetta strada etrusca fu ricalcata dalla strada romana
che si disse Cassia vetus, la Cassia antica.
Durante la dominazione romana ai margini di quest'ultima si andò
insediando la popolazione. Vi sorsero allora le prime case ed
i primi agglomerati di case che presero il nome dal proprietario
o da chi abitava il fondo rustico. Sorsero allora, per limitarci
alle nostre zone, Terenzano, Settignano, Corbignano, Maiano ecc.
La zona di Coverciano sorgeva tra gli insediamenti di Settignano,
di Corbignano e di Maiano e la riva destra dell'Arno.
Dopo la conquista romana il territorio di Coverciano faceva parte
dell'ager faesulanus cioè del fundus faesulanus ed il
suo popolo del municipium romanum di Fiesole al cui governo sottostava.
Quando nel 39 prima di Cristo nell'ager faesulanus, presso le
rive dell'Arno, fu fondata la città di Firenze, Florentia,
da Settignano, da Corbignano e da Maiano si staccarono strade
che attraverso il territorio di Coverciano, misero in comunicazione,
la strada etrusco romana, cioè la Cassia vetus, con la
nuova città di Firenze.
Lungo queste nuove strade si andò insediando la popolazione,
si costruirono case di abitazione, case per lavoratori e case
per signori.
Lungo la via settignanese sorse anche in epoca medioevale un
raggruppamento di case che formò un piccolo borgo di non
troppa importanza che si disse Borghetto e non troppo bello esteticamente
tanto è vero che fu detto Malborghetto, come lo si chiama
ancora oggi.
La zona di Coverciano fece, civilmente, cioè nella organizzazione
politica, parte del Comune di Fiesole fino al 19ll ed ospitò
la sede Comunale fino a tale data.
In questo anno una parte della zona di Coverciano passò
al Comune di Firenze.
La zona di Coverciano fa oggi parte di due Comuni. La parte alta,
posta a monte, comprendente la collina di Poggio Gherardo è
compresa nel Comune di Fiesole. Quella posta a valle appartiene
al Comune di Firenze.
Il territorio posto in pianura era formato, un tempo, da campi
ben arati e coltivati, piantati a viti ed ad alberi da frutto,
in mezzo ai quali si alzavano rustiche case coloniche ed anche
case da signore cioè ville per i proprietari terrieri.
Per lo sfruttamento della terra argillosa, vi sorsero anche due
fabbriche di mattoni, una in Via Gabriele D'Annunzio, già
Settignanese, ed una in Via del Gignoro che sono rimaste attive
fino a pochi anni fa. Oggi questo territorio appartenente al
Comune di Firenze è stato tutto trasformato. È
stato tutto coperto da nuove case di abitazione, che, alla periferia
di Firenze, verso est, formano il Quartiere n. 14. Da zona agricola
è diventata zona popolata da diverse migliaia di persone.
La parte alta, quella appartenente al Comune di Fiesole, un tempo
formato da campi arati, coltivati, ricchi di vigneti, di oliveti
e di frutteti, sui quali dominava sovrano il castello di Poggio
Gherardo è stata trasformata in zona residenziale ed è
popolata di ville e di giardini.
La zona di Coverciano ecclesiasticamente dal sec. XI fa parte
della diocesi di Firenze. Per il periodo
anteriore non possiamo dire nulla per mancanza di documenti.
Può essere che abbia dipeso dal Vescovo di Fiesole perché
l'oratorio di San Salvi e il monastero di San Martino a Mensola
furono costruiti con l'autorizzazione del vescovo di Fiesole.
Di Coverciano abbiamo notizia per la prima volta nel 1260. Ne
parla un libro di guerra del Comune di Firenze, il Libro di Montaperti
del 1260 e posteriormente a tale data ne parlano i Decimari Vaticani.
LA CHIESA DI SANTA MARIA
1. Coverciano negli anni '30
La vasta zona compresa tra
l'Africo e la Mensola, alla periferia della città, fino
agli anni 1925-30 contava pochi abitanti.
Qualche vecchio agglomerato di case rustiche sorgeva sulla via
maestra, la Settignanese (ora Gabriele D'Annunzio) e sparse nella
verde campagna, qualche villa signorile ed isolate case coloniche,
tra un'intersecarsi di viuzze solitarie e sentieri poderali,
che si perdevano tra i campi,
La
piccola Chiesa Parrocchiale, Santa Maria a Coverciano, semplice
e modesta, quasi nascosta tra il verde degli ulivi, era sufficiente
ad accogliere la scarsa popolazione.
Un portico secentesco, in pietra serena, grazioso e raccolto
le conferiva l'aspetto d'un Oratorio,
L'antico edificio, originariamente di stile romanico, come la
vicina chiesa del Gignoro, ci riporta ai tempi lontani del 1000:
lì, davanti, sulla vecchia via settignanese, già
importante strada romana, erano transitati Longobardi ed invasori
(una tomba rinvenuta ai bordi, ne da testimonianza), tra gli
aperti campi coltivati ( " fundus" ), che portano ancora
il nome dei veterani romani, cui erano stati assegnati durante
l'impero CORFICIUS, da cui "Fundus Corficianus". poi
"Coverciano"; JUNIUS, da cui "Fundus Juniorum",
poi "Gignoro"; RUBIUS o RUBETIUS da cui "Rubetianus",
poi "Rovezzano".
A poca distanza dalla chiesa, l'ex-convento delle Clarisse, nella
sua severa imponenza.
Più in alto, il castello merlato dei Gherardi, che dà
nome al poggio su cui sorge e domina.
Nel 1926 la parrocchia contava circa 900 abitanti, nel 1927 era
già salita a 1450.
Don Tito Mancini (1901-1969), nominato parroco della zona nel
1926, previde fin dai primi tempi della sua attività pastorale
il sensibile aumento della popolazione e quando nel 1928 il numero
degli abitanti salì a 2100, lanciò l'idea della
costruzione di una nuova chiesa, corrispondente alla necessità.
Da borgata a quartiere
Un grande quartiere cittadino
si stava formando nella zona.
Dove erano vasti campi e prati erbosi in poco tempo, come per
incanto, s'innalzano abitazioni di ogni forma e si costruiscono
grandi edifici.
La crescita è dovuta soprattutto alla erezione dei casamenti
sorti a cura dell'Istituto Case Popolari (circa 300 famiglie),
all'annesso Ricovero degli Sfrattati (circa 200 famiglie), a
ben 9 gruppi di casamenti che gli ex-combattenti costruiscono
con l'intervento della loro Associazione ed all'iniziativa di
numerosi singoli, attratti dalla zona piacevole e tranquilla.
In via Settignanese, dalla Filarocca, dove nasce, fino alla strada
di Poggio Gherardo è tutto un susseguirsi di case e villini,
che, saldati, ormai a quelli del vicino rione di San Salvi denunziano
il continuo ingrandirsi della città, quasi fin sotto alle
pendici del "colle armonioso" di Settignano.
L'incremento edilizio avvenuto entro i confini della parrocchia
ed il conseguente aumento della popolazione si può riassumere
in queste cifre: nel 1929, abitanti 2.400; nel 1930, 3.300; nel
1931 quasi 5.000.
La piccola Chiesa Parrocchiale non era più sufficiente
alla popolazione ne idonea allo svolgimento di un'attività
pastorale efficace, che richiede edifici e spazio per le varie
associazioni a carattere religioso, assistenziale e ricreativo,
e per di più, si veniva a trovare, ora, troppo fuori dal
nuovo centro abitato ed abitabile della Parrocchia.
Il progetto della costruzione di una chiesa nuova viene accolto
con entusiasmo dalla popolazione ed incoraggiato con parole di
plauso da parte dell'Autorità Ecclesiastica, in particolare
dall'allora Card. A. M. Mistrangelo.
Il progetto della nuova Chiesa
Sul finire del 1928, ottenuti
dalla Curia i dovuti permessi, Don Mancini pensa a concretizzare
quello che sembrava un'irrealizzabile progetto.
Viene formato un piccolo Comitato Parrocchiale che s'impegna
di appoggiare e coadiuvare il Parroco nella difficile attuazione
dell'opera.
L'incarico di redigere il progetto del nuovo complesso viene
affidato all'architetto Ezio Cerpi, senese (1868-1958) membro
influente del Collegio Architetti.
Era stato consigliato al Parroco dalla Curia Fiorentina "per
la sua rapacità tecnico-artistica nelle costruzioni sacre".
Il
Cerpi accetta con entusiasmo, significando che "era suo
intendimento lanciare nel campo dell'arte un modello di architettura
religiosa tutta personale, ispirata alle tradizioni romaniche,
che uscisse dalle solite linee e quindi fare un collaudo delle
sue particolari innovazioni".
Il disegno doveva tenere conto della popolazione del nuovo rione,
in pieno sviluppo demografico.
Il terreno su cui doveva sorgere era quello agricolo, di proprietà
della chiesa, adiacente al vecchio oratorio, lungo la via settignanese;
non era purtroppo disponibile altro terreno appartenente alla
parrocchia.
Nell'aprile del 1929 il progetto è pronto nelle sue linee
essenziali e Don Mancini lo presenta alla Commissione d'Arte
Sacra della Diocesi, per l'approvazione.
Nel giugno successivo viene comunicato al parroco e all'architetto
che il disegno era stato approvato, salvo alcune modifiche da
apportare.
Il Cerpi stesso avrebbe diretto i lavori, appena fossero iniziati.
Ma di fronte alle prime difficoltà, soprattutto di carattere
economico, il Comitato si scioglie.
Tutto sembra essere rimandato a tempo indeterminato, ma don Mancini
non si perde d'animo.
Sul finire del 1929, un altro comitato "pro erigenda chiesa"
viene nominato ufficialmente dalla Curia, su proposta del Parroco.
Ne assume la presidenza onoraria lo stesso Arcivescovo Card.
A. M. Mistrangelo, la presidenza effettiva mons. G. Bonardi,
Vicario Capitolare, la vice presidenza il Ten. Col. nob. Vittorio
Giannuzzi, residente a Coverciano: il parroco D.T. Mancini viene
nominato segretario.
Il 2 dicembre 1929 si riunisce per la prima volta, fa stampare
una circolare chiara e persuasiva, per la raccolta dei fondi
e dà disposizioni per la sua diffusione presso personalità
religiose, autorità civili, enti pubblici ed anche presso
persone private residenti in Italia ed all'estero.
Tra i vari personaggi cui furono fatte pervenire le domande di
offerta, citiamo -a titolo di curiosità- Sua Maestà
il Re, il Capo del Governo, il Principe Umberto e nomi di attori
notissimi, quali Ramon Navarro, John Barrimore, Douglas Fairbanks,
Greta Garbo, Dolores Del Rio, Pola Negri.
Le offerte principiano ad affluire.
Il piano regolatore della città
Vengono fatti, intanto, i
primi sopralluoghi per ubicare, nel modo più conveniente,
la nuova costruzione nell'appezzamento di terreno appartenente
alla chiesa.
In complesso, tutto sembrava felicemente iniziato, ma ben presto
sorgono ostacoli imprevisti e le conseguenti delusioni.
L'architetto incaricato del progetto, nell'assolvere al suo incarico,
non si era curato di esaminare con la dovuta attenzione se il
piano regolatore cittadino consentiva la costruzione del complesso
sul terreno che si aveva a disposizione.
Quando gli incaricati dal Comitato si presentarono all'Ufficio
Tecnico Comunale per la presentazione del progetto e la relativa
approvazione, si viene a conoscere, tra la sorpresa generale,
che esso non è eseguibile sul terreno prefissato.
Dai lucidi del piano regolatore, accuratamente esaminati, risulta
che parte del terreno della chiesa sarebbe stato preso per l'allargamento
stradale di via Settignanese e parte sarebbe stato requisito
dall'Autorità Governativa per la nuova Stazione Merci
già in progetto.
Il terreno riservato alla costruzione della chiesa sarebbe stato
compreso tra l'attuale Tabernacolo della Madonna, presso l'Oratorio
ed il confIne della costruenda Stazione, per una lunghezza di
circa 50 metri.
Una lunga fila di folti cipressi avrebbe dovuto difendere -si
pensava - la nuova chiesa dalla vista dei treni, dei binari e
delle merci.
Il Cerpi, invitato a venire sul posto, constata che, purtroppo,
la mancanza dello spazio necessario non permetteva in nessun
modo l'attuazione del progetto e la costruzione doveva essere
sospesa e rimandata.
Il progetto veniva, così, colpito proprio alla sua base.
Ed i membri del Comitato, che avevano accettato con entusiasmo
il delicato incarico, nella maggior parte, persa ogni fiducia,
non si presentano più alle sedute ne si curarono della
raccolta dei fondi. Qualcuno dimostra verso l'opera una malcelata
ostilità.
Il progetto sembra inesorabilmente naufragare: manca il terreno
per la nuova chiesa.
La donazione
Lunghissime pratiche vengono
condotte invano presso i proprietari dei terreni, che, di comune
accordo con i pochi membri del Comitato, rimasti fedeli, si ritengono
più adatti per la costruzione. Sembra non esservi nessuna
via di soluzione.
Ma a questo punto, appare chiaro l'intervento della Provvidenza.
Inaspettatamente una signora, la N.D. Florence Morgan Giannuzzi-Savelli,
inglese, di religione protestante, residente a Coverciano proprietaria
della Villa "Le Loggette", Via Salvi Cristiani n. 17,
fa donazione di un appezzamento di terreno di circa 1.300 mq.,
limitrofo alla villa stessa, situato nel centro della zona più
popolosa della parrocchia.
Prese con cura le dovute misure, si constata che nell'appezzamento
entra perfettamente il complesso della chiesa e della canonica.
Registrato l'atto di donazione, il Cardinale dà, ben lieto,
il suo consenso per l'inizio dei lavori.
Al ringraziamento del Parroco e dell'intera popolazione, la Signora
Morgan, risponde con una nobile lettera in data 16 gennaio 1930:
"Anziché ricevere da Lei e dal Suo buon Popolo
ringraziamenti, sono io che debbo ringraziare Iddio di avermi
dato l'occasione di essere utile.
Non può credere quanto questa opera sia cara al mio cuore".
Crediamo doveroso rilevare come questo singolare caso di donazione
fatta da una protestante per erigere una Chiesa cattolica sia
davvero sorprendente, in un periodo, in cui i rapporti tra cattolici
e protestanti erano quanto mai difficili, per non dire impossibili.
Una lapide in marmo, posta sopra la porta laterale destra, nell'atrio
della chiesa, ricorda l'atto di donazione:
"UT HUIUS COVERCIANENSIS PAROECIAE POPULUS NOVAM SUAM ECCLESIAM
AEDIFICANDAM CURARET N.D. FLORENCE GIANNUZZI SAVELLI MORGAN ANNO
MDCCCCXXIX DECEMBRI MENSE FLORENTINAE CURIAE ARCHIEPISCOPALI
AERAM LIBERALITER LARGITA EST. TANTAE MUNIFICENTIAE PERPETUO
MEMORES PAROECIANI P.P. ANNO MDCCCCXXXVI APRILI MENSE"
L'inizio dei lavori
Il 2 febbraio 1930 D. Mancini
benedice solennemente il terreno su cui sarebbe sorta la chiesa
ed al canto del "Te
Deum", pone la prima pietra.
I preparativi fervono.
Il 14 marzo l'Ufficio dell'Edilizia Urbana del Comune di Firenze,
visto il parere della Commissione competente "dà
il benestare per la costruzione di una nuova Chiesa Parrocchiale,
con annesso Circolo Ricreativo e Canonica, nella nuova strada
tra via Settignanese e via Antonio d'Orso, in conformità
dei disegni approvati".
Il 25 marzo hanno inizio i lavori di muratura.
Trattandosi, in un primo tempo, di lavori non richiedenti personale
specializzato, l'opera viene condotta dal Comitato, in economia,
con pochi operai fissi, inquadrando nelle ore del dopo-lavoro
e della domenica mattina i numerosi lavoratori volontari della
zona, di ogni età e condizione.
La sorveglianza e la direzione tecnica sono affidate al vice-presidente
Ten. Col. nob. Vittorio Giannuzzi-Savelli, consorte della Signora
donatrice del terreno.
Il finanziamento proviene, nella maggior parte, dalla popolazione,
la quale, finche può, offre il lavoro gratuito.
Nell'Archivio Parrocchiale si conserva ancora il registro, redatto
con meticolosa precisione, dove si possono leggere sia i nomi
delle persone che le ore lavorative offerte.
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