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Un Tedesco a Livorno
   

Lavorando su Pietro Parigi e le xilografie avevo incontrato Dürer.
E, attraverso quest'ultimo,
INCONTRO Friederich Anselm Feuerbach.

Infatti il 4 gennaio 1880 Feuerbach muore nel suo appartamento presso l'hotel Luna di Venezia. La salma viene trasportata a Norimberga e le esequie hanno luogo il 12 gennaio nel cimitero di San Giovanni di Norimberga, dove trova riposo vicino al sepolcro di Albrecht Dürer.
Nel suo vagabondare, l'artista soggiornerà a Livorno da metà agosto fino alla fine di settembre del 1856 in cura presso il medico tedesco Dr. Alarzt, già medico di fiducia di Papa Gregorio XVI .

--Amore a prima vista: è quello che legò Anselm Feuerbach all'Italia. Era il 29 maggio del 1855 quando il pittore tedesco vi giunse per la prima volta, assieme al poeta Joseph Victor Scheffel. La meta era Venezia. Lo scopo, per Feuerbach, era realizzare, come materiale di studio per l'Accademia e Scuola d'arte di Karlsrhue, copie di Tiziano e Veronese. Per Scheffel, invece, condurre degli studi nella Biblioteca di San Marco e nel Palazzo del Doge. Entrambi erano accomunati dal desiderio di nuove, più intense esperienze. E la borsa di studio offerta dal principe reggente di Baden fu un 'ottima occasione per lasciare il Paese di origine, fino a quel momento avaro nel riconoscere il loro talento.
In opposizione al naturalismo pittorico dei suoi colleghi contemporanei, Feuerbach creava quadri pieni di pathos e ricchi di personaggi legati alla storia. Così, mentre altri si ispirano alla vita caotica della città o immortalavano momenti di vita domestica, o ancora, riproducevano una natura bucolica fatta di boschi e prati, lui si misurava con temi come la storia di Medea, di Ifigenia e il Simposio di Platone e si dedicava a un rinnovato studio e a una nuova percezione della natura " perché ", come affermava l'autore, "la natura va sentita". Il suo percorso artistico, iniziato con gli studi condotti all'Accademia di Dusseldorf e successivamente a quella di Anversa, già aveva soddisfatto il suo interesse per i fiamminghi e, poi, lo aveva portato a perfezionarsi nel ritrarre il nudo maschile che dipingeva, in modo quasi monumentale, su tele di grandi dimensioni. In seguito, al Louvre di Parigi, a tu per tu con le opere di grandi maestri, come Rembrandt, Tiziano, Veronese, ma anche dei contemporanei francesi Couture, Courbet e Delacroix, si dedica alla perenne ricerca della bellezza ideale che, a suo dire, si può raggiungere solo attraverso la rinascita dei fondamenti artistici dei maestri dell'antichità e del Rinascimento.
Con questo spirito lascia una Venezia provata, che lo aveva accolto soffocata dalla calura estiva e invasa dall'orrore del colera. Prosegue il suo itinerario italiano passando per Padova, Bologna e Firenze. Si bea dei capolavori dei grandi maestri e ammira, appropriandosene, i principi stilistici rinascimentali. Non copia più le opere dei grandi né, nei suoi lavori. Si rifà ad esse. Il periodo dello "studio" si è ormai trasformato in una trasposizione individuale e autonoma di quello che amava definire il suo "pensiero esatto". In una lettera scritta in quel periodo l'artista, infatti, dice: "Benedetta l'ora che mi fece diventare padrone della tecnica per poter adesso seguire esattamente il vagare dell'anima".
A Roma giunge il 1° ottobre del 1856; vi rimarrà fino al 1873. Diventa socio dell'Associazione artisti tedeschi a Roma, frequenta assiduamente il salotto, aperto agli artisti, del musicista tedesco Ludwig Landesberg e per lui realizza "Dante e le nobildonne di Ravenna", che sarà esposta a Roma, Berlino e Francoforte. Per Wedeking, console a Palermo per il Principato di Hannover, dipinge invece il "Coro di Bambini". I piccoli modelli sono presi dalla strada. Nel suo atelier li osserva mentre mangiano e bevono e traduce in schizzi i mille momenti diversi. Stranamente, a Roma, non era facile disporre di modelli e, quei pochi che lo facevano per professione, non riscuotevano l'interesse del pittore.
Fu un vero colpo di fortuna quando, casualmente, si imbatté in Anna Risi. Moglie di un calzolaio di Trastevere, diventò, per cinque anni, la modella, la musa e l'amata compagna del pittore. In lei, l'artista aveva finalmente trovato la personificazione dei suoi ideali di bellezza. La ritrae in mille modi, affidandole, di volta in volta, il ruolo di Madonna ("Maria col Bambino tra gli angeli musicanti", Dresda, Staatliche Kunstsammlugen) o quello, profano, di una baccante ("Nanna come baccante", Kultusministeriums,Stoccard) sovrapponendo alle interpretazioni idealizzate quelle di una sensualità quasi erotica. Feuerbach mette in scena rappresentazioni in cui nulla è lasciato al caso. Per la sua modella è lui che disegna abiti e gioielli e sarti e orefici li realizzano fedelmente. Persino le cornici sono costruite secondo i suoi ferrei desideri.
E' in questo periodo che, come scrive Jurgen Ecker (curatore della mostra e del catalogo e detentore di un dottorato di ricerca sul tema "Anselm Feuerbach. Catalogo critico dei dipinti, schizzi e studi in olio"), l'artista giunge a "un' elaborazione di un colore personale. Un colore che perde progressivamente lucentezza e diventa sempre più freddo mentre la luce tenue mira a superare le figure e la loro corporalità".
Di tanto in tanto Feuerbach torna in Germania, ma è l'Italia, ormai, il suo paese prediletto. Ed è a Venezia che, nel 1880, muore d'infarto.
Nel frattempo, le sue opere spiccano ormai nei musei pubblici d'Europa, sulle pareti di ville borghesi e nei saloni di mecenati della cultura.

E oggi, per la prima volta, dopo oltre un secolo, tornano in Italia.
Per celebrare e contraccambiare un amore tutto italiano.
Grazie all'antologica che Livorno gli dedica, nelle sale di Villa Mimbelli, fino al 3 dicembre 2000. Oltre sessanta lavori, tra dipinti e disegni, raccontano l'arte del pittore tedesco. --
   

 ( per visualizzare il dipinto cliccare sul particolare riportato a fianco-->)
[ Ifigenia ]

[ Donna col tamburello ]

 

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