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Omaggio a Livorno
 G. M. Terreni - Veduta di Livorno  

Livorno è la città d'Italia dove, dopo Roma e Ferrara, mi piacerebbe più vivere.
Lascio ogni volta il cuore sul suo enorme lungomare, pieno di ragazzi e marinai, liberi e felici. Si ha poco l'impressione di essere in Italia. Intorno, nelle fabbriche dei quartieri verso il Nord, ferve un lavoro che non ha un'aria familiare, e per questo è tanto più amica, rassicurante.

Livorno è una città di gente dura, poco sentimentale: di acutezza ebraica, di buone maniere toscane, di spensieratezza americanizzante. I ragazzi e le giovinette stanno sempre insieme. Il problema del sesso non c'è, ma solo una gran voglia di fare l'amore. Le facce, intorno sono modeste e allegre, birbanti e oneste. Pei grandi lungomari disordinati, grandiosi, c'è sempre un'aria di festa, come nel meridione: ma è una festa piena di rispetto per la festa degli altri.

Dal nostro inviato: Pier Paolo Pasolini
Pubblicato su la rivista "Successo" - 1959

Livorno e i livornesi

Livorno è una città senza una grande storia,
è nata ner seicento, tranquilla, senza boria.
Un ha né monumenti, musei o grandi piazze,
ma da piccina, fu 'r mescuglio delle razze.

Greci, Ebrei cor viso der Vangelo,
biondi Olandesi con il loro zelo,
donne loquaci coi seni pronunciati,
'omini rei dalla giustizia perdonati,
vennero qui sul Lido di Lambrone
pieni di voglia di trovà un occupazione.

Ir vento ha fatto il resto, la grande mescolanza,
l'ha uniti tutti insieme con l'uni'a speranza
di rifassi una vita in quer posto variopinto
che nessuna prepotenza in seguito avrà vinto.

Quando 'r libeccio soffia sur fanale
in capo a' livornesi ni ci s'attacca 'r sale
che n'empie der cervello la sostanza
da falli sembrà pieni d'arroganza.

Chiaccheran tanto, ni piace divertissi,
le sagre der mangiare, appuntamenti fissi.
Se un figlio di Livorno eccelle in quarche cosa
fan tutti un gran tifo con forza generosa,
ma la battuta è pronta, salace e un po' ignorante
se un figlio di Livorno magari è stravagante.

Se un giorno c'è bisogno d'aiutà 'n bimbo malato,
potete stà si'uri 'he solo un vien lasciato.
Son grandi gio'atori, ni piace la scommessa,
dice 'he sian mangiapreti, che un vadino alla messa,
però a' loro bimbi ni fanno fa le 'omunioni
perché poi si ritrovano a grandi tavoloni
a mangià riso nero, cacciucco e fritti misti
cucinati da dè co'hi che son veri artisti.

L'arte del pennello la'mparan da figlioli,
quand'hanno diciottanni son tutti macchiaioli.
Ribelle e insofferente alle leggi dello stato,
sortanto per Livorno farebbe 'r sordato.
Sembrano fatti d'una scorza forte e dura,
ma un resistano un sol giorno fori dalle mura.

E quando il loro spirito s'oscura e si fà nero,
chiedano aiuto a Te Madonna, a Montinero.

 

Tratto da "Respirando Livorno" di Consalvo Noberini

 

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