Livorno è una
città senza una grande storia, è
nata ner seicento, tranquilla, senza boria. Un
ha né monumenti, musei o grandi piazze, ma
da piccina, fu 'r mescuglio delle razze.
Greci, Ebrei cor viso
der Vangelo, biondi Olandesi con il loro zelo, donne loquaci coi seni pronunciati, 'omini
rei dalla giustizia perdonati, vennero qui sul
Lido di Lambrone pieni di voglia di trovà
un occupazione.
Ir vento ha fatto il
resto, la grande mescolanza, l'ha uniti tutti
insieme con l'uni'a speranza di rifassi una vita
in quer posto variopinto che nessuna prepotenza
in seguito avrà vinto.
Quando 'r libeccio
soffia sur fanale in capo a' livornesi ni ci s'attacca
'r sale che n'empie der cervello la sostanza da falli sembrà pieni d'arroganza.
Chiaccheran tanto,
ni piace divertissi, le sagre der mangiare, appuntamenti
fissi.
Se un figlio di Livorno eccelle in quarche cosa fan
tutti un gran tifo con forza generosa, ma la battuta
è pronta, salace e un po' ignorante se
un figlio di Livorno magari è stravagante.
Se un giorno c'è
bisogno d'aiutà 'n bimbo malato, potete
stà si'uri 'he solo un vien lasciato. Son
grandi gio'atori, ni piace la scommessa, dice
'he sian mangiapreti, che un vadino alla messa, però
a' loro bimbi ni fanno fa le 'omunioni perché
poi si ritrovano a grandi tavoloni a mangià
riso nero, cacciucco e fritti misti cucinati da
dè co'hi che son veri artisti.
L'arte del pennello
la'mparan da figlioli, quand'hanno diciottanni
son tutti macchiaioli. Ribelle e insofferente
alle leggi dello stato, sortanto per Livorno farebbe
'r sordato. Sembrano fatti d'una scorza forte
e dura, ma un resistano un sol giorno fori dalle
mura.
E quando il loro spirito
s'oscura e si fà nero, chiedano aiuto a
Te Madonna, a Montinero. |