Sono ancora qui che mi chiedo
se sia stato un sogno o una scena che è ritornata alla
mia mente dal passato.
Non conoscevo né la casa, la stanza o il mobilio; ma ero
lì con alcune persone conosciute ed un paio no. Ma come
mai eravamo riuniti? I discorsi che si sono fatti le parole scambiate
non me lo hanno chiarito.
Solo l'ingresso di Claudia è ben stampato nella mia mente,
se ci penso ne risento il profumo. La padrona di casa ci aveva
introdotto nella sala sistemata per accogliere un discreto gruppo
di persone; eravamo ancora tutti in piedi a scambiarsi i soliti
convenevoli. E' apparsa Claudia con un' avvolgente e lunghissima
pelliccia di visone chiusa al collo da una chiassosa e modernissima
cravatta riproducente il David di Michelangelo!
Dire che si è fatto silenzio è dir poco; del resto
Claudia anche senza quella cravatta era sempre riuscita a dirigere
l'attenzione su di sé. Io poi, sapevo bene quale temibile
concorrente fosse, e perciò ne rimasi subito disturbata.
Con gesti civettuoli si tolse la pelliccia: il sotto era ancora
più sconvolgente. Soprattutto perché il resto degli
ospiti era vestito con golfoni e gonna o pantalone; scarpe da
passeggio e niente più. L'abito di un blu elettrico setoso
e lucido la fasciava perfettamente, ampio scollo e gonna cortissima.
In vita un' incredibile cintura "gemmata" che faceva
il paio, in quanto a stravaganza, con la cravatta. Le parti rimaste
scoperte del suo corpo erano addobbate con gioielli, gioielli
ed ancora gioielli.
-Sediamoci ed incominciamo-
Di nuovo ricordo bene la
scena: tutti si misero sulle sedie, attaccati gli uni agli altri
; lei sola si accomodò sul divano bianco abbagliante,
incrociò le gambe che terminavano in tacchi a spillo,
scosse la testa portandosi davanti una treccia annodata con lo
stesso tessuto blu elettrico dell'abito. I capelli erano senz'altro
tinti, ma apparivano belli, lucidi, biondissimi.
Fu presentato un signore , professore di non so che cosa che
doveva intrattenerci su non so che cosa...... ma si era appena
sistemato gli occhiali, che Claudia cominciò il suo show.
Addossati alla parete su quelle sedie pompose dallo schienale
alto e rigido con i nostri maglioncini e gonnelline e pantaloni
fummo investiti dalla veemenza delle parole di Claudia.
Cosa disse? Non ricordo nemmeno una parola ma solo il suono della
voce dai toni alti, striduli a volte; a volte profondi e commossi;
altre come se profetizzasse. So solo che erano cose che facevano
male, che ci mettevano a nudo, che venivano su dalla sua anima
mortalmente ferita. Ci gettava in faccia la sua angoscia? Ci
dichiarava le nostre colpe? Smascherava le nostre sicurezze o
le nostre ipocrisie? Urlava la sua solitudine? Chiedeva di non
essere giudicata dall'aspetto esteriore?
Nessuno osava interromperla, tutti parevamo ipnotizzati. Si muoveva
in continuazione sul divano, scomponendosi e ricomponendosi,
tormentando i numerosi cuscini coloratissimi che accendevano
il bianco del divano; aveva messo su quasi subito degli occhiali
dorati leggermente fumé: gli occhi, i suoi bellissimi
occhi neri pece, ci rimanevano nascosti.
Quell'abito, quei gioielli, quella acconciatura dei capelli stridevano:
ci facevano l'impressione di coltelli che rigirassero nelle ferite
sue e nostre. Ma parlava per noi o per sé? Quando sarebbe
finito questo strazio? Chi o che cosa l'avrebbe bloccato?
Ci aspettavamo da un momento o l'altro di vederla passare da
questa, quasi esaltazione, ad un pianto da diluvio universale.
Per quanto mi riguarda poi,
ad un certo punto, proprio non la sentivo più e la mia
mente andava al passato, a lei a me a Carlo a Pietro. Altri tempi:
eravamo giovani.
Ma deve essere stato proprio un sogno! All'improvviso risuonò
una risata incredibile eravamo tutti in una cucina completamente
spoglia, apparecchiata per terra per un raffinato rompidigiuno.
Tutti allegri, seduti all'orientale, mangiavamo e ridevamo insieme.
Qualcuno disse che mangiare così era da primitivi ed uscì,
due uscirono in cerca di un bagno che non c'era. A me sembrava
di essere sull'orlo di un precipizio, mi girava vorticosamente
la testa, ma la cosa mi divertiva e provai a mangiare.... Mi
sentii male e l'urlo di Claudia arrivò da qualche altra
stanza. Nessuno si curò né di me né di Claudia
e del suo urlo disumano. Volevano continuare a ridere, scherzare,
mangiare, sedere all'orientale.
Mi "pizzicava"
la mente in continuazione questa specie di sogno-visione, così
ho deciso di fare due cose per allontanarlo e tornare al vivere
quotidiano che era già complicato e faticoso di suo.
Cercando nei milioni di foglietti degli indirizzi (non sono mai
riuscita a fare una bella rubrica, e sì che sono una tremenda
pignola ed una maniaca dell'ordine!) ho scovato quello di Claudia
a Parigi. Già perché lei rimasta vedova di Carlo,
sparì letteralmente di circolazione. Prima, disse sua
madre, si era ritirata in una clinica specializzata per depressioni,
malattie mentali, anoressie ecc. Poi fece il giro del mondo con
crociere su crociere, sempre secondo la versione della madre.
A noi amiche ed amici di lunga data, di giornate liete e tristi,
di progetti e di tremende litigate, di gite fuori porta e vacanze
più lunghe, di scorribande ma anche di teatro, concerti
incontri e scontri impegnati, non arrivò mai nemmeno uno
straccio di cartolina. Le notizie dalla madre, poi, dire che
erano laconiche è dir poco.... erano inesistenti, stringate,
banali sempre le stesse. Tipo: "Sta bene" "Si
sta rimettendo" "Cerca di dimenticare" "Tenta
di rifarsi una vita" .
Possibile che non ci rammentasse nessuno?
L'altra cosa che ci aveva fatto fare notte a discuterne era la
morte di Carlo. Ci era arrivata la notizia che era stata tragica,
mentre si trovava all'estero per lavoro. Carlo, a quanto sapevamo,
faceva l'ingegnere edile per una impresa di costruzioni che operava
anche all'estero, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, per
grosse opere. Claudia partì immediatamente su un aereo
messo a disposizione non si seppe da chi. Pietro, io e Matteo
l'accompagnammo all'aeroporto : era sconvolta, con gli occhi
sbarrati e muta. Avevamo deciso che uno di noi l'avrebbe accompagnata,
non ci sembrava proprio il caso di lasciarla da sola in una situazione
simile. Ma all'aeroporto il nostro gruppetto fu preso in consegna
da un altro gruppetto che ci aspettava che ci sciorinò
delle tessere di agenti speciali.
Claudia ci convinse che andava bene così; dopo il colloquio,
da sola con loro, sembrava un'altra, aveva ripreso coraggio,
sicurezza, pareva quasi sollevata. Se ne andò con loro
buttandoci baci sulle punta delle dita. Nessuno da allora l'ha
più vista. Ma dopo sei mesi arrivò a tutti una
letterina "identica" con l'indicazione dell'indirizzo.
Era a Parigi, stava finalmente bene, si era rifatta una vita
in tutti i sensi, sottolineava.
E così mi sono messa a scriverle. Notizie mie e di Pietro,
un po' di tutta la vecchia banda. Ma è difficile scrivere,
essere spontanei con qualcuno che da tanto tempo non vedi non
senti di persona. Ti vengono fuori parole fredde, frasi banali.
Ho impostato e pensato "speriamo di non pensarci più".
Ma mi sentivo a disagio.
L'altra cosa, invece, è stata piacevole e allegra. Sono
andata dalla mia sarta e insieme abbiamo buttato giù lo
schizzo del vestito che indossava Claudia nel mio sogno.
-E' tanto tempo che la servo e quindi mi permetto di dirle che
questo abito non è proprio per lei. Non ce la vedo proprio!
E' così fuori dal suo stile!-
-Proprio per questo mi ha stregato; volevo qualcosa di completamente
diverso. Ho voglia di cambiare, signora Paola. O non si può
e si deve rimanere sempre attaccate alla stessa immagine? E poi
sono davvero IO quella eternamente vestita in tailleur, estate
e inverno e mezze stagioni?-
-Ma che diammine le succede per parlare così? Si può
sapere dove ha visto questo benedetto vestito? Comunque sia chiaro,
la cliente è lei, il vestito lo deve indossare lei, faccia
pure quello che crede. Mi scusi se mi sono permessa, ma sa ci
conosciamo da poco dopo le sue nozze....-
-Non sono offesa, anzi mi scusi, signora Paola dello scatto.-
-Più che offesa la vedo strana; le preparo una tazza di
tè.-
|