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Giuliana Parigi - La vera storia di Vèra

 

Emma si racconta   Negozio ariano ...

Cap. 38 - Negozio ariano

 
 

3 gennaio 1940

Il tempo mi è scivolato fra le mani; non sono riuscita a scrivere nemmeno un rigo.
Intanto il marito di Emma , prima di Natale se ne è andato in Francia senza la mamma che se ne vuol stare a veder che succede nella sua torre vicino al fiume in città. Emma conta di dividere i figli e mandarli un po' in qua e un po' in là in campagna. Sicuramente qualcuno finirà da Giorgio.
Mio figlio ha litigato con Antonio; si parla con Annamaria Rosselli (viene sempre a cavallo!); e se continua così diventerà un fanatico di Mussolini con somma gioia di Cesare.
Mi è arrivata una lettera dall'America: purtroppo Amedeo non ci è arrivato: si è ammalato gravemente prima di imbarcarsi; è finito da degli amici in Maremma mi sembra in un posto che si chiama Pitigliano o qualcosa di simile. Ho saputo poi che è morto. Al suo posto in America c'è andato un giovane ebreo romano. Pare che sia un gran bravo ragazzo.
Ancora brutte notizie dal Belgio. E belle notizie dagli studi della mia piccina che è sempre più legata (sono gelosa?) all'amichetta del collegio e alla sua disgraziata famiglia ebrea.
Ho avuto un bel daffare non solo con i poderi ma anche con storie d'amore. La figlia del Migliorini era rimasta incinta, diceva lei, del bracciante Ubaldo quello bravo che viene dalla Maremma; sta dai Buti al podere del Castagno ma all'occorrenza lavora da tutti. Bravo e purtroppo bell'uomo e con la famiglia lontana. Questa ragazza non la può sposare, dice lui, perché già sposato con due figli e poi questa è una ragazza facile che andava ad amoreggiare anche con altri. Come si fa a dire di chi è il figlio?Non so se sono state tutte le traversie che le hanno fatto passare, il fatto è che alla fine il bambino è nato morto e lei è morta di parto. Tutti a dirmi che quell'Ubaldo comunque dovevo mandarlo via: lui se ne è andato perché la stagione è finita; ad aprile staremo a vedere se richiamarlo... bravo è bravo.
Altra storia di quest'autunno-inverno pazzo. Mi chiama il pievano perché convinca Umile a lasciar sposare sua madre con il maniscalco. Mi dice che quest'uomo è un gran lavoratore, possiede la casa e tutto per lavorare, non è proprio un buon cristiano ma la Pasqua la fa. E' stato sfortunato con la moglie che è morta giovane e non gli ha dato figli. E a lui i figlioli piacciono tanto e sarebbe disposto a prendere in casa tutti i figli di Alfonso: il posto, stringendosi un po', c'è. Quel che non guasta i due si piacciono. La mamma potrebbe continuare a fare il ricamo.. .insomma un affare con tanto di amore e benedizione. Ma Umile e il fratello grande stanno mettendo i bastoni fra le ruote. Così ho detto a Umile che lei e il fratello possono tenersi la casa, che mi paghino quando possono ma lascino la madre fare quel che le detta il cuore. Mi c'è voluto fiato e tempo per far ragionare Umile ma finalmente abbiamo fatto questa benedetto matrimonio. Forse più che delle mie chiacchiere è servito che Umile andando in città a trovare Renata ha conosciuto uno e pare che la cosa sia seria. Dovrò cominciare a cercarmi un'altra donna.

Quella visita non se l'aspettava. Si presentò il fattore dei marchesi vestito in uniforme della milizia accompagnato da due tipacci. Aveva sentito dire che era diventato il pezzo fascista più importante in paese ma niente di più ... Conosceva bene la moglie per via di Carlina; tutte e due facevano parte del Terzo Ordine Francescano e della Compagnia della Vergine Addolorata ed avevano cercato più volte di coinvolgerla. Ma Vera si era detta che non voleva essere né carne né pesce, in pace con tutti ma distante da tutti..
Invece il fattore le venne ad imporre di far prendere la tessera del fascio a tutti i suoi mezzadri: "Come sapete io ce l'ho già. In quanto ai miei mezzadri... faranno quello che credono".
"Ripensateci, signora". Saluto romano e via.
Quando se ne fu andato con molto sussiego, Vera si lasciò andare su una poltrona. Si sentiva battere il cuore e la bocca secca ma non ne capiva il motivo. La casa era silenziosa. Cominciò a pensare a Giorgio, Amedeo, Emma e suo marito e la sua suocera e ai genitori di Rebecca e a chi aveva lasciato in America e continuava a scrivere di tornare laggiù. Le sembrava di avere una gran confusione in testa. La tirò via dai suoi pensieri una telefonata di Cesare che voleva rivederla. Lei accampò una scusa e lo liquidò dicendo che ci avrebbe pensato.
L'ultimo incontro era finito con uno scontro. Vera aveva chiesto chi fosse l'inventore di tutte le scritte sui muri a caratteri cubitali: ne aveva appena letta una in città. E Cesare le aveva detto che la maggior parte erano opera di Starace che, da segretario del partito, aveva abolito il lei per il Voi; la stretta di mano con il saluto romano. Avuto l'idea del sabato fascista e l'addestramento ginnico paramilitare; aveva organizzato le colonie marine e montane. Preparato adunate, feste, gare, parate oceaniche. Anche i gerarchi delle province sono una sua creatura.
Poi Cesare aveva aggiunto: "Da poco è stato sostituito con Ettore Muti".
"Vuoi dire defenestrato come ho sentito dire. Comunque meno male, non mi sembravano grandi trovate, anzi".
"Ma che razza di gente frequenti?" Aveva urlato Cesare mettendosi di fronte a lei minaccioso.
"Quella che mi pare e piace" aveva risposto piccata Vera voltandogli le spalle. Lui l'aveva afferrata e aggredita con male parole. Vera a fatica si era liberata e se ne era andata..
Ed ora abbandonata su quella poltrona pensava anche a questo e i conti non le tornavano

Prima che ricominciasse la scuola aveva promesso ai genitori di Rebecca che sarebbe andata a vedere delle cose che volevano vendere. Capiva di fare loro un favore ma un po' le stringeva il cuore... disfarsi di tanti ricordi , oggetti che ricordavano una vita vissuta nella felicità. E poi l'ansia che le trasmettevano per il domani "con tutte le notizie che ci arrivano dall'Europa". Così rimandava di giorno in giorno trovando mille scuse. La cavò d'impaccio Emma : nel suo giro incredibile di conoscenze e con la sua improntitudine riuscì a far loro vendere tutto. "Certo, in tempi diversi avrebbero guadagnato tre volte tanto. Ma devono dirsi fortunati!" Emma li aveva convinti a tenere molte cose della galleria d'arte e glieli aveva fatti nascondere in una baracca di contadini che lei conosceva. "Così quando tutto questo brutto periodo finirà, perché finirà, come finisce tutto, avrete qualcosa per ricominciare l'attività, vi pare?".
A Vera i genitori di Rebecca dissero che sopratutto erano stati contenti di chiudere tutto per non essere più indicati a dito e non vedere quei volgari cartelli affissi nei negozi accanto. Erano riconoscenti ad Emma e a lei perché gliela aveva fatta conoscere. Sempre più spesso parlavano di andare in Svizzera dove se Vera aveva capito bene avevano depositato dei soldi. "E poi rimarrà sempre neutrale! Perché non viene anche lei o se ne torna in America?". Già perché?

Si vide con Cesare in circostanze curiose e questa volta venne fuori Cesare Balbo.

 continua... prossimamente


 

I precedenti racconti sono su "Altre Notti"