Per l'affare Irina venne
fuori che c'era una "piccola formalità" come
la chiamò il superiore di Paolo: occorreva un riconoscimento.
Spiegarono più volte a Deiva come si doveva procedere,
ma lei quando arrivò a capire non voleva saperne. Poi
trovarono un accordo, oltre a tenerla a debita distanza e nascosta,
l'avrebbero camuffata a tal punto che era "assolutamente
impossibile" che Irina a sua volta la riconoscesse.
Tutto era fissato per la sera del giorno dopo, sul tardi in un
locale che Deiva , aveva frequentato e temeva, quindi, che anche
il personale la riconoscesse. Di nuovo ci furono rassicurazioni:
sarebbe andata con Paolo e con un altro signore che non era della
polizia, forse della magistratura? Non ci capiva molto ed era,
oltre che impaurita, frastornata. Ma la sua nuova vita le faceva
capire che era giusto incastrare Irina e i suoi complici prima
che facesse del male a tante altre ragazze.
Tentò di passare una giornata rilassata dedicandosi alle
solite cose di casa e dietro al piccolo, ma la sua mente tornava
sempre ad Irina e a ciò che aveva voluto dire per lei
e per altre, l'averla conosciuta e averla seguita! Le entrava
addosso una rabbia, uno sconforto, una paura, uno schifo, un
senso di impotenza e alla fine anche di pena... per tutti e per
tutto. Si poteva sperare in un mondo migliore?
Quando alla sera del fatidico
giorno si guardò allo specchio, le venne da ridere non
si riconosceva nemmeno lei: era una simpatica cinquantenne, nera
corvina, con occhiali da vista ... il suo florido seno era scomparso!
Vestiva un sobrio abito da sera di un anonimo color avorio. Come
portafortuna volle indossare il gioiello della vecchia signora.
L'operazione fu velocissima e... indolore. Irina era già
arrivata e sedeva al tavolo più vicino alla porta; era in compagnia di
tre signori. Due Deiva li aveva già visti. Doveva esserci
un'altra ragazza, perché su una sedia, leggermente spostata,
pendeva una stola color oro e blu. Sul tavolo, davanti a quella
sedia, un calice pieno.
Irina fumava; impeccabile nel suo sofisticato abito e trucco,
volse leggermente la testa al loro ingresso, ma non dette alcun
segno di aver riconosciuto Deiva.
I suoi accompagnatori scattarono delle foto, come le avevano
detto, con particolari macchine.
Secondo il copione preparato, si avvicinarono al bancone per
chiedere di un tavolo. Lei finse di sentirsi male. Paolo l'accompagnò
fuori nascondendola con il suo corpo; l'altro chiese una costosa
bottiglia e uscì a sua volta.
Una macchina li aspettava e sparirono nel buio a tutto gas.
A casa Deiva prese un sonnifero e s'infilò subito nel
letto.
Ci fu una tregua nell'accavallarsi
di tanti avvenimenti di appena tre giorni!
La domenica 13 andarono al funerale della vecchia signora.
Non avevano fatto in tempo a tornare a trovarla con tanto di
cagnolino.
La cerimonia si svolse nella parrocchia della casa di cura. Delle
preghiere, la benedizione e l'incenso, un canto.
Prima di lasciarli il sacerdote ebbe un attimo di esitazione
e disse:
" Ho conosciuto la signora da poco, da quando era alla casa.
Fugaci visite. Poi mi ha fatto chiamare lei. Mi sono scusato
per aver solo scambiato qualche parola con lei.
'Conosce quel che dice Sant'Agostino sulla comunicazione del
pensiero?' mi ha detto a bruciapelo. Ha tirato fuori un quaderno,
ha cercato brevemente ed ha letto questo che anch'io vi leggerò.
Quando penso ciò che devo dire, nel cuore fiorisce
subito la parola. Volendo parlare a te cerco in qual modo posso
far entrare in te quella parola, che si trova dentro di me. Le
do suono e così, mediante la voce, parlo a te. Il suono
della voce ti reca il contenuto intellettuale della parola e
dopo averti rivelato il suo significato, svanisce. Ma la parola
recata a te dal suono è ormai nel tuo cuore, senza peraltro
essersi allontanata dal mio."
La cerimonia era finita.
C'era l'infermiera che confessò candidamente di essere
stata pagata dalla signora perché partecipasse: temeva
che non ci fosse proprio nessuno! L'infermiera aveva portato
la signora della camera accanto, in carrozzella; pare che qualche
volta avessero scambiato due chiacchiere.
Due signori vestiti di scuro rappresentavano le associazioni
che avrebbero ereditato il patrimonio della signora.
Vicino alla bara una signora sulla sessantina piangeva e si asciugava
naso e occhi in continuazione.
Era la proprietaria del negozio di alimentari da cui si serviva
la defunta da tanti, tanti anni, disse e raccontò che
ogni giovedì pomeriggio, da quando aveva difficoltà
a muoversi, andava a portarle la scorta a casa e si fermava con
lei a prendere il tè e parlare un po'.
Che la signora morta si chiamava Mimosa lo scoprirono dalla targhetta
sulla bara; che avesse avuto due sorelle ed un fratello anche
loro con nomi di fiori lo seppero dalla negoziante. Pareva la
consolasse raccontare.
Dunque Mimosa era la più grande poi veniva Viola, Dalia
e l'ultimo Giacinto. La morte se li era portati via al contrario
della vita: cioè prima era morto Giacinto poi Dalia e
Viola. In poco tempo. E così se ne erano andati, dal gran
dispiacere, anche i suoi genitori. Poi la morte, come se fosse
stata sazia, se ne andò da casa loro e lei era campata
tantissimi anni. Se ne doleva molto.
E tanti altri particolari, minuzie, preferenze e manie; avvenimenti,
date, ricordi seppero da quella donna minuta che ogni tanto si
avvicinava alla bara e l'accarezzava.
La donna si rivolgeva a Martina e Deiva che aveva conosciuto
per via del cane; ma qualche volta guardava anche Paolo che era
accompagnato da due signore e un giovanotto.
In quell'occasione fu chiaro perché Paolo conoscesse la
vecchia signora: faceva parte di un associazione che seguiva
gli anziani a casa. Ed erano anni che, a turno, lui e gli altri
tre andavano da Mimosa.
Fabio
giocava con un coloratissimo aeroplano che Paolo gli aveva portato.
Deiva aveva trovato la cosa non adatta al posto e alla circostanza,
invece Martina lodò Paolo e non si mosse dal suo fianco.
Uscirono sul sagrato. La giornata era splendida, non pareva certo
novembre. La bara fu posta nel carro funebre insieme ad un mazzo
di gigli bianchi e delle rose che avevano portato Deiva e Martina.
Le due ragazze furono sopraffatte dalla commozione e si stringevano
l'un l'altra. Paolo teneva per mano il piccolo. Poi lo dette
alla mamma e montò sul carro. Fu l'unico che andò
con la vecchia signora fino all'ultimo atto. Nel salutare tutti
le lacrime solcavano anche il suo volto.
" Aveva paura che nessuno la piangesse... invece guarda
quanta brava e bella gente! Anche un bambino, anche un bambino...
con un giocattolo coloratissimo." singhiozzò la signora
degli alimentari.
Mimosa, per sua volontà, sarebbe stata cremata e le ceneri
tenute nei locali dell'associazione Buon Pastore.
Se ne tornarono a casa in taxi, ospiti della signora degli alimentari,
che continuò a raccontare la vita di Mimosa.
" Il giovedì mi mancherà quella visita -sospirò-
Mi mancherà tanto credetemi. Mi salutava sempre dicendomi
- Marta fai quel che puoi, accada quel che deve - Che volete,
mi dava forza!"
Poiché non voleva dividere la spesa del taxi, si fecero
lasciare al ponte, così il taxi non avrebbe fatto la deviazione
e loro potevano arrivare a casa a piedi agevolmente.
Sul ponte un giovanotto bruno allungò loro un foglio.
Martina passò il bambino in braccio a Deiva e cominciò
a leggere.
" E' un comunicato dell'ANSA è stato tirato giù
da Internet"
" Dell'ANSA? Cos'è? "
" Parla del funerale di Arafat. Il leader palestinese. Non
sapevo che fosse così grave? Misericordia Deiva ti rendi
conto quant'è che non accendiamo la Tv o leggiamo un giornale?"
" Nella casa di suor Teresa non c'era e non si poteva e
qui avevamo deciso che ne avevamo abbastanza delle nostre grane
per occuparci anche di quelle di tutto il resto del mondo. Non
ti ricordi?"
" Già, già. Ma non mi pare una buona idea.
Sono rimasta colpita Da Paolo e dai suoi compagni...."
" Come me da suor Teresa e dalle altre suore! Leggi, va.
Domani vedremo."
ANSA.it - ARAFAT E' STATO
SEPPELLITO SULLA SPIANATA DELLA MUQATA
RAMALlAH - Yasser Arafat e'
stato seppellito sulla spianala della Muqata, il diroccato palazzo
presidenziale di Ramallah nel quale ha vissuto negli ultimi tre
anni. fra la passione di una folla enorme di palestinesi. L'arrivo
sulla spianata dell'elicottero egiziano con a bordo il corpo
dell'anziano leader ha scatenato scene indescrivibili. Migliaia
di persone si sono accalcate intorno al velivolo appena atterrato.
nonostante le raffiche di armi automatiche sparate dai servizi
di sicurezza per allontanarle, impedendo per diversi minuti l'uscita
dall'elicottero della salma e dei dirigenti palestinesi che l'accompagnavano.
Poi. quando la bara e' stata finalmente estratta dall'elicottero,
avvolta in una bandiera palestinese, la folla se ne e' praticamente
impossessata, facendola girare per la Muqata: tutti volevano
toccare per l'ultima volta il feretro del rais. La bandiera palestinese
si e' strappata e un uomo ha ricoperto il feretro con una kefiah,
a quadretti bianchi e neri, come quella sempre portata da Arafat.
La gente urlava il nome di Abu Ammar -come lo chiamano i palestinesi-
morto a Parigi nell'ospedale militare di Clamart dopo una lunga
agonia. Sull'elicottero militare la salma di Arafat e' stata
accompagnala fino a Ramallah anche dal capo dei servizi segreti
egiziani Omar Suleiman e dal ministro degli esteri Ahmad Abu
El- Gheit, oltre che da alcuni dirigenti palestinesi. Nella confusione
che ha contraddistinto la cerimonia, alcuni palestinesi sono
stati feriti Tre persone durante il cedimento di una struttura
di legno, altri tre da proiettili vaganti, probabilmente sparali
in aria dai servizi di sicurezza.
I piani iniziali prevedevano che la folla sarebbe rimasta all'esterno
della spianata fino alle fine della sepoltura, ma i servizi di
sicurezza non sono riusciti a contenere la passione della gente,
che ha voluto condividere gli ultimi momenti con il leader palestinese.
Stando alle fonti la preghiera della sepoltura e' stata recitata
dal capo dei tribunali islamici palestinesi lo sceicco Tamini.
La folla enorme che si trova sulla spianata sembra ora essersi
calmata. Alla preghiera della sepoltura hanno partecipato anche
i nuovi dirigenti palestinesi, in particolare il capo deIl'Olp
Abu Mazen, il premier Abu Ala e il presidente ad interim dell'Anp
Rawhi Fattuh. Molte persone stanno lasciando l'interno del sito
presidenziale, ma numerosi altri di palestinesi rimasti all'esterno
stanno invece entrando. Arafat e' stato seppellito nella tomba
scavata sulla spianata sotto quattro alberi.
13.11.2004
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