in questo sito   la storia di questa notte   le altre notti   amici   ospiti   artisti   Sant'Agata   Livorno   Firenze   realized   home

L'America ... vista da
SALVADOR  DALI'

 


La tela
"Poesia d'America", 1943, non rappresenta soltanto la conquista del "Nuovo Mondo" da parte di Dalì, ma anche una delle sfaccettature del suo metodo paranoico-critico e profetico; è un miscuglio indissociabile di ricordi d'infanzia idealizzati e di scoperte del nuovo continente, dove Dalì soggiorna durante la seconda guerra mondiale.
Vi appaiono vestigia della pianura dell'Ampurdàn integrate nelle vaste distese di certe regioni desertiche degli Stati Uniti, come anche la torre di proprietà di Pichot, le colline del retroterra di Cadaqués e le coste del Capo Creus: infatti, per descrivere un luogo nuovo, forse anche a lui estraneo, Dalì attinge sempre ai suoi ricordi.

Così, per esempio, in questa immensità di sabbia che si estende all'infinito, si scorge in lontananza la silhouette di una donna evocatrice delle apparizioni della cuginetta Carolinetta.
In primo piano, in compenso, due personaggi maschili mimano la violenza delle partite di rugby americano: sono a confronto due giocatori, un Bianco e un Nero, cinti di elmo e inguainati in calzemaglie che ricordano i costumi del rinascimento. Il Bianco fa pensare a un guerriero di Morrone: testa vuota, corpo di stoppa, manichino mutilato, da lui nasce soltanto una bottiglia di Coca-Cola, che si putrefà e sgocciola umore nero. Il Nero, nuovo Adamo, dà nascita all'uomo futuro, che tiene in equilibrio sull'indice l'uovo del mondo dell'avvenire.
Secondo Dalì questa tela altamente moralizzatrice appartiene alle immagini premonitrici delle grandi battaglie.
L'America nera, trionfante e sbigottita, quasi si rifiuta di vedere l'autodistruzione inevitabile del fratello bianco. In questo dipinto, indubbiamente, Dalì sembra aver avuto la premonizione delle difficoltà che dopo la guerra sarebbero sopravvenute tra le comunità nere e bianche, come anche del declino dell'Africa, appesa come una carta geografica molle sulla facciata della torre-mausoleo, mentre l'orologio sembra segnare l'ora fatidica. Per Dalì anche la bottiglia di Coca-Cola è premonitrice. A Robert Descharnes l'artista fece notare come l'avesse dipinta con minuzia fotografica con un anticipo di quasi vent'anni su Andy Warhol e sugli altri artisti pop americani.
A proposito del dinamismo americano rappresentato dai due giocatori di rugby ... Dalì fornì la seguente spiegazione: "Quello che il popolo americano ama di più è:
primo, il sangue, tutti avete visto i grandi film americani, soprattutto di tipo storico; ci sono sempre delle scene in cui il protagonista viene picchiato nel modo più sadico possibile e in cui si assiste a delle vere e proprie orge di sangue!
Secondo, gli orologi molli; perché? Perché gli Americani non fanno che guardare l'ora. Hanno fretta, una fretta terribile, e i loro orologi sono terribilmente rigidi, duri e meccanici. Allora, la prima volta che Dalì ha dipinto un orologio molle, è stato un autentico successo! Perché, per una volta, questo orribile oggetto che scandiva a ogni istante la successione ineluttabile della loro vita e rammentava loro cose orribili, diventava improvvisamente molle come un camembert nel suo momento migliore, quando comincia a colare.
L'altra grande passione del popolo americano è veder distruggere dei bambini; perché? Perché il massacro degli innocenti, a parere dei massimi psicologi degli Stati Uniti, è il tema favorito, quello che alberga nel più profondo del loro inconscio, perché sono a tal punto scocciati dal bambino, costantemente, che la loro libido si proietta fino a riempire le superfici cosmiche dei sogni.
Se gli americani adorano le orge di sangue e se gli americani adorano il massacro degli innocenti e gli orologi molli che colano come un vero camembert francese stagionato a puntino, è perché ciò che essi amano di più al mondo sono i dots o punti d'informazione, quei punti d'informazione che simboleggiano la discontinuità della materia. E' per questo motivo che tutta la pop art attuale è fatta di questi dots d'informazione."

 
 Da "Salvador Dalì" di Gilles Néret - Ed. L'ESPRESSO - agosto 2001
     
ritorno a "Archivio Rilanci"