L'assedio
a Gerusalemme, cominciato nell'aprile dell'anno 70 d.c., fu l'operazione
conclusiva della "guerra giudaica", combattuta dalle
truppe romane di Vespasiano e poi di suo figlio Tito contro l'insurrezione
ebraica scoppiata nel 66.
All'inizio del luglio 70, nel Tempio di Gerusalemme cessò
il sacrificio quotidiano perpetuo: la città era in parte
caduta in mano romana. I legionari avevano espugnato la fortezza
Atonia che sorgeva sulla stessa spianata del tempio, e i difensori,
sfiniti di fame e senza più speranza, combattevano tuttavia
con un eroismo e un accanimento che costringeva l'esercito di
Tito a procedere con lentezza estrema e perdite sanguinose.
La cessazione del sacrificio nel Tempio - dovuta a mancanza di
sacerdoti - fece enorme impressione entro la città e anche
nel campo romano dove, come narra Giuseppe Flavio, " non
c'era tra i soldati chi non guardasse al Tempio con sacro timore ".
A metà agosto, dopo aver fatto demolire la fortezza Atonia
e costruire terrapieni per l'assalto finale, Tito tenne a rapporto
i comandanti e decise che " se anche i giudei vi
si fossero arroccati per combattere ancora,
egli non avrebbe
incendiato un edificio siffatto: sarebbe stata una rovina per
i romani, così come la sua permanenza era un ornamento
per l'Impero "
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In quello che doveva essere l'ultimo
giorno del Tempio, gli assediati tentarono con una furiosa sortita
di respingere i romani che, già nel cortile interno, cercavano
di spegnere l'incendio che divorava i portici perimetrali; alla
fine il contrattacco fallì e i difensori furono incalzati
fino all'edificio del Tempio vero e proprio. " E in quel
momento un soldato romano, senza attendere ordini, mosso dall'impulso
di un demone, fattosi sollevare da un commilitone, afferrò
un tizzone infuocato e gettò il fuoco dentro una finestra
dorata che immetteva nelle stanze che circondavano il santuario
sul lato settentrionale. Al divampare delle fiamme si levò
dai giudei un grido terribile
. Qualcuno avvertì
Tito; ed egli, che si trovava sotto la tenda a riposare dalla
battaglia, balzato in piedi corse così com'era al Tempio
per cercare di fermare il fuoco. Lo seguivano tutti i comandanti,
e dietro a questi le legioni eccitate. Allora Cesare (Tito) a
voce e a gesti fece segno ai combattenti di spegnere il fuoco,
ma essi non udirono la sua voce, assordati da un frastuono maggiore
.
"le fiamme non erano ancora giunte da nessuna parte all'interno
del santuario, ma stavano divorando le stanze che circondavano
il Tempio: perciò Tito pensò che si potesse ancora,
come in realtà si poteva, salvare l'edifico, e, uscito
in fretta, si diede egli stesso ad esortare i soldati che spegnessero
l'incendio, ordinando a Liberale, centurione dei suoi lancieri
del corpo, di prendere a bastonate i renitenti. Ma sul rispetto
a Cesare e sulla paura per il centurione vinceva il furore, l'odio
verso i giudei e una violenta smania guerresca
Ed ecco,uno di quelli che erano entrati, gettò un tizzone
sopra i cardini della porta, nell'oscurità: allora, all'improvviso
apparire delle fiamme nell'interno, i comandanti e Cesare si
ritirarono e nessuno più impedì a quelle che erano
fuori di appiccare il fuoco. Così il Tempio, contro la
volontà di Cesare, fu incenerito".
(Giuseppe Flavio,
Guerra giudaica, VI,4,47)
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Era il 9 del
mese ebraico di Av, lo stesso giorno in cui, secondo la tradizione,
nel 586 a.C. Nabucodonosor aveva distrutto il Tempio di Salomone. Ancor oggi in tutte le sinagoghe del mondo il 9 di
Av si digiuna e si recitano le Lamentazioni di Geremia. |
[ Corteo trionfale
dei Romani con il bottino di guerra part.
"Arco di Tito" Roma ] |