Un grafico
dell’altezza della linea del tetto a confronto con
il tempo (Figura 1) mostra la caratteristica forma a parabola che
indica un’accelerazione verso il basso.
La componente verticale della velocità è stata
calcolata usando un algoritmo di differenzazione numerica della
differenza simmetrica,
Vn = (Yn +1 - Yn-1)/2Δt (1)
Un grafico della velocità a confronto con il tempo (Figura
2) mostra un’accelerazione quasi uniforme dal sesto punto di
calcolo della velocità in avanti. Quando la linea del tette
comincia a cadere, passa rapidamente ad un moto quasi uniformemente
accelerato verso il basso.
Figura
1: Grafico
dell’altezza della linea del tetto (misurata da punto di
partenza arbitrario) a confronto con il tempo ad intervalli di 0,2
secondi. Si noti che una volta incominciata la caduta la traiettoria si
presenta approssimativamente parabolica.
Figura
2: La
velocità è qui tracciata in funzione del tempo
per la linea del tetto del WTC 1. La linea di regressione è
calcolata a partire dalla sesta velocità registrata in
avanti. L’inclinazione della linea, in questo contesto,
rappresenta l’accelerazione: -6,31 m/s2 con un valore di R2
[coefficiente di correlazione, n.d.r.]di 0,997.
Osservazioni
Per queste
analisi seguiamo le semplicistiche ipotesi di Bazant
[4,5,6,7] trattando la sezione superiore dell’edificio come
un blocco solido di massa “m”. Le sole due forze
che agiscono sul blocco in caduta sono la forza di gravità
(mg) e una forza normale verso l’alto (N) causata dalla sua
interazione con la parte inferiore dell’edificio. Applicando
la seconda legge di Newton per trovare N, abbiamo:
mg – N = ma (2)
quindi:
N = mg – ma (3)
I dati in nostro possesso dimostrano che a partire dal sesto punto di
velocità calcolato in avanti, il blocco superiore sta
accelerando uniformemente (con un indice R2 di 0,997) con una
a=-6,31m/s2, o in altre parole, al 64% dell’accelerazione di
gravità .
Per questo valore di a:
N = mg – 0,64mg = 0,36mg (4)
Perciò la forza normale agente verso l’alto
è il 36% del peso del blocco superiore come illustrate nella
Figura 3.
Figura
3: Si
consideri la sezione superiore della torre come un blocco di peso mg.
Dal momento che l’accelerazione del blocco è stata
misurata 0,64g verso il basso, la forza netta che agisce su di esso
deve essere 0,64mg. La forza gravitazionale è mg, quindi la
forza normale diretta verso l’alto deve essere 0,36mg. La
sezione superiore ed inferiore dell’edificio esercitano forze
uguali ma di verso opposto l’una contro l’altra,
quindi il carico sulla sezione inferiore dell’edificio
risulta essere il 36% del peso del blocco superiore.
Richiamando
esplicitamente la Terza
Legge di Newton si pone questo risultato sotto
un’altra luce. Dal momento che le forze nella loro
interazione sono uguali ed opposte, il blocco in caduta esercita una
forza uguale a solo il 36% del suo stesso peso contro la sezione
inferiore dell’edificio. In altre parole, fin tanto che il
blocco in caduta sta accelerando verso il basso noi abbiamo il
contro-intuitivo risultato che la forza che esercita sulla sezione
sottostante dell’edificio è nettamente minore del
suo stesso peso statico. Risulta difficile immaginare come un blocco
superiore che esercita una forza di solo il 36% del suo peso statico
possa distruggere sino al terreno la più grande,
più resistente e non danneggiata sezione inferiore della
torre, dal momento che l’edificio, a qualsiasi
altezza, era
stato disegnato per sopportare il peso al di sopra di esso di diverse
volte. Tenendo conto di un fattore di sicurezza compreso 3 e 5 [12],
l’accelerazione osservata implica che quasi il 90% delle
resistenza della sezione inferiore dell’edificio deve essere
stata eliminata da forze
che vanno oltre il supposto “pile
driver”, suggerendo che era in atto una sorta di
demolizione
controllata.
Qualcuno potrebbe dire, in termini di
resistenza dei vari elementi, che
l’impatto del blocco in caduta potrebbe distruggere la
sezione inferiore dell’edificio (anche se questa affermazione
è stata dibattuta [13]), ma che non può
distruggerla mantenendo la sua accelerazione verso il basso. Il
professor Graeme MacQueen e Tony Szamboti hanno fatto, sul loro
giornale, un’osservazione parallela, basata su misurazioni
simili: “The missing jolt: A Simple Refutation of the
NIST-Bazant Collapse Hypothesis”.[14] Hanno stabilito che
qualunque aumento nella forza della sezione inferiore
dell’edificio deve essere accompagnata da una diminuizione
della quantità di moto del blocco in caduta. Il
trasferimento di quantità di moto (cosa che implica una
perdita di quantità di moto per il blocco superiore)
è ciò che fa innalzare l’impulso. Il
blocco in caduta può perdere quantità di moto
solamente nella misura in cui decelara. Avrebbe dovuto
perciò subire un “sobbalzo” (un cosiddetto jolt, n.d.r.) che avremmo
potuto vedere nell’analisi video. Ma dal momento che il
blocco superiore continua a muoversi verso il basso senza subire
decelerazioni, è chiaro che non c’è
stato nessun “sobbalzo” nonostante la vistosa
deformazione dell’edificio nei primi 3 secondi.
Il fatto che il blocco in accelerazione verso il basso eserciterebbe
una forza minore del suo stesso peso contro il blocco bersaglio
potrebbe risultare intuitivamente difficile da accettare, ma
così è perché la nostra esperienza
suggerisce che il blocco bersaglio resisterebbe all’urto
dello schiacciamento. La testa del martello che velocemente fa
penetrare un chiodo dentro un pezzo di legno compatto esercita una
forza sul chiodo stesso di molte volte il peso della stessa testa. Ma
ciò è vero solo se il chiodo resiste al colpo. La
grande forza che fa penetrare il chiodo dentro il legno è
contrastata da una forza che simultaneamente fa decelerare la testa del
martello, ed è il motivo per cui sono solitamente necessari
più colpi. Se, comunque, il chiodo viene posizionato su di
un blocco di Styrofoam [pannelli di polistirolo lavorato usati anche
per l’isolamento termico, n.d.r] non si creerà una
forza resistente significativa all’impulso. Verrà
fatto penetrare nel blocco con una forza molto piccola. La testa del
martello incontrerà una resistenza talmente piccola che
sarà in grado di continuare ad accelerare per
l’intero lasso di tempo. Nel caso del WTC 1, il blocco in
caduta si comporta come la testa del martello che fa penetrare il
chiodo nello Styrofoam, ma, cambiando di un poco il paragone,
è l’interfaccia che si trova fra i due blocchi ad
essere “soffice”. Qualcos’altro oltre al
blocco in caduta (esplosivi?) sta contemporaneamente distruggendo
l’integrità strutturale della zona interposta [la
superficie fra i due blocchi, n.d.r.] affinchè essa eserciti
solamente una piccola parte della resistenza che doveva fornire e per
la quale era stata progettata.
Qualcuno in questo caso potrebbe obiettare una eccessiva
semplificazione del modello. E’ stato sostenuto che il
materiale schiacciato nella zona interposta si sia aggiunto al blocco
superiore causando un aumento della massa della sezione superiore
durante la sua caduta, generando un effetto valanga. [15] Io sarei
propenso a sostenere, visto il fatto che la maggior parte della massa
cadde al di fuori della pianta dell’edificio, che questa
somma sia stata al massimo parziale, ma proviamo a considerare
l’effetto di questa ipotetica aggiunta. La seconda legge di
Newton applicata ad un sistema con massa variabile può
essere rappresentata da:
Fest + (dp/dt)aggiuntiva = (dp/dt)sistema (5)
In cui p è la quantità di moto e Fest rappresenta
la forza esterna netta che agisce sul sistema. La massa aggiuntiva si
trova inizialmente a riposo, quindi non esercita nessuna
quantità di moto nel sistema:
(dp/dt)aggiuntiva = 0 (6)
Dal momento che p = mv possiamo scrivere,
Fest = (dp/dt)sistema =d(mv)/dt= m(dv/dt)+ v(dm/dt) (7)
Nel nostro caso (considerando di segno positivo la direzione verso il
basso),
Fest = mg – N (8)
Dove N è la forza normale, come nella nostra precedente
analisi. Riconoscendo in (dv/dt) semplicemente
l’accelerazione a, possiamo scrivere
(mg – N)= ma +v(dm/dt) (9)
Risolvendo in funzione di N, abbiamo
N=(mg-ma)- v dm/dt (10)
Si noti che questo è lo stesso risultato ottenuto
precedentemente (Eq. [3]) a parte per la forza normale che viene
ridotta ancora ulteriormente, dal momento che sia v che dm/dt sono
positive.
Perciò, forse contrariamente all’intuizione,
qualsiasi materiale aggiuntivo riduce l’effetto del
cosiddetto pile driver.
Questo risultato può ragionevolmente
diventare intuitivo una volta capito che il blocco in caduta deve
trasferire parte della sua quantità di moto alla massa
aggiuntiva per portarla in velocità.
Il fatto che la linea
del tetto della sezione superiore della Torre Nord abbia continuato ad
accelerare verso il basso attraverso la collisione contro la sezione
inferiore dell’edificio, indica che la parte superiore non ha
potuto comportarsi come pile driver. Per tutto il tempo in
cui la linea
del tetto stava accelerando verso il basso, il blocco superiore
esecritava una forza minore del proprio peso statico contro la sezione
inferiore dell’edificio. Qualsiasi aggiunta di materiale a
favore del blocco superiore avrebbe agito da freno inerziale, riducendo
la forza d’interazione in misura ancora maggiore.
La sezione
inferiore, ancora non danneggiata, era stata costruita per sopportare
diverse volte il peso del materiale al di sopra, ma sia tenendo in
considerazione un fattore di sicurezza sia che non lo si faccia, la
ridotta forza esercitata dalla massa in caduta non può
essere stata la causa della violenta distruzione
dell’edificio vista in numerosi video. La
continua
accelerazione della sezione superiore dell’edificio
è forte conferma che qualche
altra fonte di energia è stata usata per rimuovere la
struttura al di sotto di essa, permettendo al blocco
superiore di cadere contro una resistenza minima.
Dal momento che si
è assunto la presenza di un blocco in caduta
indistruttibile, con o senza aggiunta [di materiale, n.d.r.], abbiamo
dimostrato che, data l’accelerazione osservata, un tale
blocco non avrebbe potuto distruggere la sezione inferiore
dell’edificio.
Quando prestiamo la nostra attenzione alla
prova video, inoltre, possiamo notare che anche l’ipotetica esistenza
di un blocco superiore indistruttibile è finzione. I video
mostrano che la sezione al di sopra della zona d’impatto
dell’ aereo è stata la prima sezione a
disintegrarsi. E’ stata ridotta di dimensioni in modo
significativo prima dell’inizio della distruzione
della sezione inferiore dell’edificio. Una volta che le linea
del tetto scompare nella nube di detriti non vi è nessuna
ulteriore conferma che abbia continuato ad esistere. Che si sia o meno
distrutta durante la fase iniziale del crollo rimane un punto di
dibattito controverso.
Noi abbiamo dimostrato che anche se fosse
rimasta intatta [la parte superiore dell’edificio, n.d.r.],
non avrebbe giocato un ruolo significativo nella distruzione
dell’edificio. Una piccola parte di una struttura, costituita
da pochi piani, non
può schiacciare in una caduta una parte
inferiore molto più grande della medesima struttura
solamente grazie alla forza di gravità.
Ringraziamenti
Vorrei esprimere la mia stima al gruppo di volontari degli
Architects
& Engineers for 9/11 Truth e altri nella più ampia
comunità per la verità sull’11/9 che
hanno dato un incoraggiamento e partecipato con discussioni cruciali
per questa pubblicazione. Inoltre apprezzo la corrispondenza con
Charles M. Beck, che mi ha portato a riflettere sulle implicazioni
conseguenti a questa analisi.
Note
e fonti
[1] T. W. Eagar and C. Musso, “Why did the World
Trade Center
collapse? science, engineering, and speculation,” JOM, vol.
53, no. 12, pp. 8-11, 2001. [Online]. Disponibile presso:
http://www.tms.org/pubs/journals/JOM/0112/Eagar/Eagar-0112.html
[Accessed Mar 1, 2009]
[2] (2006) Investigazione del NIST sul disastro al World
Trade Center
l’11 Settembre—Frequently Asked Questions.
[Online]. Disponibile presso:
http://wtc.nist.gov/pubs/factsheets/faqs_8_2006.htm [Accessed Mar
1,2009]
[3] NIST NCSTAR 1. [Online]. Disponibile presso:
http://wtc.nist.gov/NCSTAR1/PDF/NCSTAR%201.pdf
[Accessed Mar 1, 2009]
[4] Z. P. Bazant, “Why did the World Trade
Center
collapse?” SIAM News, vol. 34, no. 8, pp. 2-6,
2001, (Si segnala che questa pubblicazione è
stata
presentata il 13 Settembre, due giorni dopo l’11/9). [Online].
Available: http://www-math.mit.edu/~bazant/WTC/ [Accessed
Mar 1, 2009]
[5] Z. P. Bazant and Y. Zhou, “Why did the World
Trade Center
collapse—Simple analysis,” J. Eng.
Mech., vol. 128, no. 1, pp. 2-6, 2002.[Online].
Disponibile presso:
http://www-math.mit.edu/~bazant/WTC/WTC-asce.pdf [Accessed
Mar1, 2009]
[6] Z. P. Bazant and M. Verdure, “Mechanics of
progressive
collapse: Learning from World Trade
Center and building demolitions,” J. Eng. Mech.,
vol. 133,
no. 3, pp. 308-319, 2007. [Online].
Disponibile presso:
http://www.civil.northwestern.edu/people/bazant/PDFs/Papers/466.pdf
[Accessed Mar 1, 2009]
[7] Bazant, Le, Greening and Benson, Journal of
Engineering Mechanics,
ASCE, Vol. 134 (2008),
“What Did and Did not Cause Collapse of WTC Twin
Towers in
New York”
Disponibile presso:
http://wtc7lies.googlepages.com/Bazant_WTC_Collapse_What_Did__Did_No.pdf
[8] E. Sauret. 11/9: collasso della torre nord (Sauret).
[Online].
Disponibile presso:
http://www.youtube.com/watch?v=xGAofwkAOlo [Accessed Mar
1,2009]
[9] D. Brown. Tracker ver 2.53. [Online]. Disponibile
presso:
http://www.cabrillo.edu/~dbrown/tracker/
[Accessed Mar 1, 2009]
[10] Open Source Physics project, NSF DUE-0442581.
[Online].
Disponibile presso:
http://www.compadre.org/osp/ [Accessed Mar 1, 2009]
[11] NIST NCSTAR 1, Figure 2-2. [Online]. Disponibile
presso:
http://wtc.nist.gov/NCSTAR1/PDF/NCSTAR%201.pdf [Accessed
Mar8, 2009]
[12] T. Szamboti. (2007, May) The sustainability of the
controlled
demolition hypothesis for the
destruction of the Twin Towers. [Online]. Disponibile
presso:
http://www.journalof911studies.com/ [Accessed Mar 1, 2009]
[13] G. Ross. (2006, Jun.) Momentum transfer analysis of
the collapse
of the upper storeys of WTC 1. [Online]. Disponibile presso:
http://www.journalof911studies.com/articles/Journal_5_PTransferRoss.pdf
[Accessed Mar 1, 2009]
[14] G. MacQueen and T. Szamboti. (2009, Jan.) The missing
jolt: A
simple refutation of the NISTBazant collapse hypothesis. [Online].
Disponibile presso:
http://www.journalof911studies.com/volume/2008/TheMissingJolt7.pdf
[Accessed Mar 1, 2009]
[15] C. M. Beck. (2007, Nov.) Mathematical models of
progressive
collapse and the question of how did the World Trade Centers perish.
[Online]. Disponibile presso:
http://arxiv.org/PS_cache/physics/pdf/0609/0609105v8.pdf
[Accessed Mar
1, 2009]
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Traduzione per Luogocomune.net: Teba.
Revisione: Sertes, Shm, Schottolo.
Pubblicato in origine sul Journal of 911 Studies.
Articolo tradotto pubblicato da Schottolo anche su 11
Settembre News.