«Mi chiamo
William Rodriguez, ho lavorato al World Trade
Center di New York per 20 anni della mia vita. Ero responsabile della
manutenzione nella torre nord. L’11 settembre avevo l'unico
passe-partout per aprire tutte le serrature delle porte degli edifici,
anche se c'erano altre quattro persone che avevano i passe-partout ed
erano state addestrate ad affrontare situazioni di emergenza e di
soccorso, e che furono le prime a fuggire dagli edifici. Guardate,
questa è la chiave.
Questo passe-partout era in grado di aprire tutto il complesso e quel
giorno, l'11 settembre, un'unità di circa 15 persone dei
dipartimento dei vigili dei fuoco mi doveva seguire mentre correvo da
una parte all'altra cercando di aprire le porte per aiutare le persone
ad uscire. Personalmente dopo l'11 settembre sono diventato il
portavoce delle famiglie delle vittime e sono andato a testimoniare
davanti al Congresso. A chiedere di creare una commissione,
perché la commissione che hanno fatto per l’11
settembre, come ricorderete, il Presidente Bush non la voleva. Sosteneva
che non ne avevamo bisogno ma noi ce l'abbiamo messa tutta, abbiamo
combattuto e siamo riusciti ad ottenere la commissione. Questo che
vedete è il
rapporto
finale (per conoscere le omissioni e le distorsioni
di tale rapporto,
vedi qui),
ed io ho testimoniato a porte chiuse.
I membri della commissione sono stati molto turbati dalle informazioni
che ho fornito, ma in realtà non c'è
traccia della mia testimonianza nelle oltre 500 pagine di questo
rapporto. Anche se sono stato dichiarato eroe nazionale dal
Congresso, loro non volevano che la mia testimonianza potesse
in qualche modo contrastare con la versione ufficiale.
Ma permettetemi di parlare di quella giornata, l'11 settembre 2001, una
giornata bellissima con il cielo terso. Sono arrivato al lavoro alle
otto e mezza, stavo parlando con un supervisore, eravamo nel
sotterraneo, al primo livello dei sotterranei della torre nord che
è stata la prima ad essere colpita ma la seconda a crollare.
Questo edificio aveva sei sottolivelli, B1, B2, B3 e così
via fino al B6, ossia i livelli dei sotterranei dell'edificio. Il B1
aveva gli uffici dei servizi di pulizia, di imbiancatura, di
riparazioni meccaniche, tutto ciò che aveva a che fare con
la manutenzione dell'edificio.
Gli altri piani contenevano i magazzini, i generatori elettrici e
così via.
Alle ore 8:46 abbiamo sentito un bang,
un'esplosione che proveniva dai piani al di sotto di quello in cui mi
trovavo, tra il B2 e il B3. E’
stata così violenta e l'edificio ha tremato così
forte che le pareti si sono crepate e il controsoffitto è
crollato. Ho detto subito che poteva essere un generatore elettrico che
praticamente era esploso lì nei sotterranei. Alcuni
secondi dopo abbiamo sentito un impatto enorme nella parte alta
dell'edificio [l'aereo si era schiantato sulla Torre] che ha
iniziato subito a tremare così forte che tutte le 40 persone
che si trovavano con me in quell'ufficio hanno iniziato a gridare tutte
assieme, c'era una confusione e un caos totale. Tutti gridavano:
«E' un'esplosione!». Davanti a me è
apparso un uomo di colore che si guardava le braccia, mi sono accorto
che c'era qualcosa che pendeva dalle sue dita, mi sembravano pezzi di
vestito ma guardando più da vicino mi sono accorto che era
la sua pelle. La pelle era stata lacerata da sotto le ascelle fino alla
punta delle dita e gli stava pendendo come fossero dei guanti. Il suo
nome è Felipe David, lavoratore immigrato di origine
honduregna, ed era in completo stato di choc; ho guardato il suo volto
che aveva delle parti mancanti, gli ho chiesto che cosa fosse successo,
e mi ha risposto: «Gli ascensori, gli ascensori» Si
trovava davanti agli ascensori ed era stato ustionato, così
ho cominciato a spingere tutti fuori dall'ufficio. A quel punto abbiamo
sentito un'altra esplosione, siamo usciti fuori dall'edificio, ho
fermato un'ambulanza e ho fatto salire alcune persone. Guardando verso
l'alto dell'edificio ho avuto modo di vedere l'incendio e tutte le
macerie che cadevano, riuscivo a scorgere l'antenna in cima
all'edificio. Ho iniziato a pensare alle persone che stavano a Windows
on the World, il ristorante in cima, e mi sono molto preoccupato
perché avrei dovuto essere lì in quanto di norma,
quando iniziavo a pulire, cominciavo sempre da quei piani alti e ogni
mattina facevo colazione col personale del ristorante. Le conoscevo
tutte bene quelle 67 persone che sono morte nel ristorante; a quel
punto ho capito che dovevo ritornare indietro ma tutti mi gridavano:
«Rodriguez rimani qui, non rientrare» Ho preso una
radio da una guardia della sicurezza vicino a me e sono ritornato
indietro entrando verso l'altro edificio tramite un sotterraneo che
collegava le torri 1 e 2.
Nel sotterraneo ho incontrato due persone che non sapevano che un aereo
si era schiantato sull'edificio, e questo vi può dare l'idea
di quante persone possono essere morte perché non si resero
conto che c'era stato questo attacco.
Nella Torre 1 ho trovato una persona che lavorava in una squadra di
salvataggio, che mi ha detto: «Sento delle grida, sento
gridare» C'era acqua ovunque perché si era
attivato immediatamente il sistema degli sprinkler antincendio, tutto
era inondato. A quel punto ho preso uno degli ascensori, nella torre ce
n'erano 150 di ascensori, e mi sono avvicinato alle due persone che
gridavano tra il B2 e il B3. Erano disperate, nell'ascensore non c'era
più luce né energia elettrica, urlavano che
stavano per annegare, io non riuscivo a capire, ma come? Era
perché l'acqua scendeva da tutti i piani e si accumulava in
quelli più bassi, entrava nel pozzo dell'ascensore con una
tale forza che quelli bloccati dentro rischiavano di annegare. Ho
detto: «Dio aiutami!». Non ero un credente:
«Dios mio por favor aiudame! Mi sono guardato attorno e ho
trovato un pezzo di metallo, un rottame, ho iniziato a dare colpi sulla
porta per cercare di rompere il meccanismo e la porta si è
aperta. Ma c'era il vuoto perché, in realtà, la
cabina era molto più in basso. Ho cominciato a pregare Dio
nella mia lingua. Allora sono andato dove c'era il compattatore della
spazzatura di tutto l'edificio, dato che l'elettricista lasciava
lì le scale che però erano legate con delle
catene. Fui fortunato: l'unica che non era legata era la più
lunga, circa sei metri. Ho preso quella scala, l'ho inserita nel pozzo
dell'ascensore e sono andato ad aprire la botola e a far uscire le due
persone, uno era un dipendente di colore di una società che
consegnava i pacchi, l'altro era Salvatore Giambanco, un italiano che
faceva l'imbianchino. Sono riuscito a farli uscire, a caricarli su
un'ambulanza e sono rientrato. Ho incontrato degli agenti di polizia
che mi hanno chiesto se avevo il passe-partout, siamo andati nella hall
e lì c'erano dei vigili dei fuoco che aspettavano. Ho detto:
«Seguitemi, so qual è la strada più
breve». Mentre salivamo le scale era difficile procedere, i
pompieri avevano un sacco di pesanti attrezzature con loro, attrezzi e
respiratori di 30 e
60
chilogrammi , inoltre c'erano tutte le
persone che correvano giù dalle scale. Al terzo piano siamo
passati su un'altra scala che era migliore, nella torre c'erano tre
scale A, B e C. Abbiamo preso la scala A, dopo un po' mi sono accorto
che ero sempre un paio di piani davanti a loro perché non
avevo tutte quelle attrezzature da portare, ero in condizioni fisiche
migliori e per quelle scale andavo su e giù ogni giorno. Mi
ritrovavo ad aprire delle porte ai vari piani, a far uscire molte
persone che in molti casi non riuscivano a capire che cosa stesse
succedendo.
Mentre salivamo sentivamo delle esplosioni che continuavano a
verificarsi nei vari piani. Siamo arrivati al 27° piano, c'era
una persona disabile e la sua carrozzina che ostacolava la discesa
degli altri. A quel piano tutti i vigili del fuoco sono caduti al
suolo, non riuscivano più a salire, erano stanchi e
distrutti dalla fatica di salire con tutte le loro pesanti
attrezzature. A quel punto ho chiamato mia madre a Puerto Rico, lei
stava guardano alla televisione quello che stava succedendo, e le ho
detto: «Mamma sono Willy, li devo aiutare perché
ho il passe-partout, non posso darlo a nessuno»
Ho continuato a salire e al 33° piano ho trovato una donna a
terra che non sapeva dov'era l'uscita; l'ho tirata su dicendo che
dovevamo uscire e l'ho affidata ad altre persone che scendevano. Mentre
ero lì ho distintamente sentito dal piano di
sopra, il 34°, un rumore come di spostamenti di attrezzature
pesanti, mi sono stupito perché quel piano era chiuso per
ristrutturazione e in quel momento non ci doveva essere nessuno
all'interno. Sentivo invece come un qualcosa di pesante che veniva
trascinato. Ero spaventato, ero da solo ed ho oltrepassato
quella porta andando ai piani superiori. Devo dirvi che quello era un
edificio di classe A, ovvero una costruzione così alta ma
dotata di sistemi in grado di spegnere ogni tipo d'incendio e
consentire i soccorsi nei casi di emergenza, su ogni tre porte una deve
aprirsi, questo è il codice per quel tipo di edifici a New
York. Ad un certo punto ho incontrato alcuni agenti di polizia e
stavamo parlando quando
abbiamo iniziato a sentire una serie di esplosioni in rapida successione,
bum... bum... bum... bum. Al radiotelefono dicevano: «Abbiamo
perso il 65, il 65° è crollato, dal 65° fino
al 44°... » Tutti quei piani erano crollati. Abbiamo
iniziato a scendere raggiungendo il 27° piano, poi di corsa
giù per le scale fino alla hall e da qui sulla strada.
Sentivamo le grida di tutte quelle persone ancora bloccate negli
ascensori, gridavano, chiedevano aiuto ma gli ascensori erano bloccati,
è stato orribile. Nella hall un vigile dei fuoco mi ha
detto: «Vai alla postazione delle ambulanze».
Così ho iniziato a camminare verso l'uscita e sentivo che mi
gridavano: «Non guardare indietro, non guardare».
Era uno sbarramento di polizia che aveva isolato l'area per sicurezza,
guardando mi attorno ho visto i corpi di tutti quelli che si erano
buttati dall'edificio. Ho anche riconosciuto il cadavere della signora
dei 33° piano che avevo chiesto di accompagnare giù,
il suo corpo era stato tagliato a metà come da una
gigantesca ghigliottina, perché mentre usciva una lastra di
vetro le era caduta addosso precipitando dall'alto straziandola in quel
modo in una frazione di secondo. Ad un certo punto ho sentito tutti che
mi urlavano: «Corri, corri, correte». Ho sentito
come un terremoto e l'unica cosa che ho percepito è stato un
autocarro dei vigili dei fuoco di fronte a me, ho pensato che sarei
rimasto ucciso e mi sono ritrovato sotto questo automezzo con tutto che
crollava attorno. Anche l'autobotte sembrava dovesse crollarmi addosso,
l'unica cosa che mi sono detto è stata «Dio mio,
spero che mia mamma non debba cercare il mio corpo e che non debba
identificarlo quando è a pezzi. Vorrei che non debba
riconoscere il mio cadavere».
Poi, tutto si è fermato, io mi sentivo come ustionato da
quella strana polvere che riempiva tutto. Dopo un po' sono riusciti a
tirarmi fuori dalle macerie e sono stato identificato dai vigili dei
fuoco e dalla polizia come l'ultima persona riuscita a salvarsi.
Da allora sono stato presente in vari programmi e ho raccontato sempre
ed esattamente questa storia. Se non mi credete andate a vedere su
internet, o guardatevi la registrazione delle mie interviste e vedrete
che fin dal primo momento la storia è stata questa. Come
superstite e come rappresentante delle famiglie delle vittime, ho
riscontrato che il
rapporto
ufficiale sui fatti dell'11 settembre 2001 è un rapporto
falso e incompleto. Ma perché vi ho
raccontato tutto questo? Perché vogliamo darvi gli strumenti
e gli elementi per capire che questo potrebbe accadere anche a voi, e
perché possiate comprendere il modo in cui il nostro governo
si è comportato con le vittime. Sono molto grato di aver
incontrato tutte queste persone che non conoscevo prima, hanno cambiato
la mia vita. Noi siamo animati da una grande motivazione e
dall'entusiasmo di arrivare alla verità per voi.»
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