In questa pagina sono riportati i riassunti di articoli e poster presentati a convegni, contributi inviati a riviste specializzate, su alcuni temi di salvaguardia ambientale: recupero energetico dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, trattamento delle acque reflue ed immissione di carichi residui allo scarico in acque superficiali, presenza di microinquinanti organici nei fanghi di impianti di depurazione, trattamento di emissioni contenenti sostanze rilevabili all'olfatto.
G. Scaltriti, M. Barison, A. Mandato, S. Turetta
Le risorse energetiche, in particolare quelle attinenti alle fonti non rinnovabili, e le politiche di contenimento del loro uso sono sempre più spesso argomenti importanti nei dibattiti a carattere sia tecnico-scientifico sia politico ed economico, in considerazione del potere assunto da chi detiene e controlla le fonti non rinnovabili, dello sconsiderato uso dell'energia, delle direttive della Commissione Europea rivolte agli Stati membri per la riduzione delle emissioni di gas serra e della dipendenza dall'importazione di prodotti energetici. Le soluzioni proposte per contenere l'uso delle più pregiate risorse energetiche non rinnovabili (petrolio e gas) spaziano dalla ricerca, sviluppo ed impiego di tecnologie atte a ridurre la richiesta energetica nelle attività antropiche alla produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare di "bioenergia" (energia chimica, termica ed elettrica ottenuta da biomasse) e alla diversificazione delle fonti di energia tradizionali. I rifiuti dell'attività antropica ad elevato contenuto di carbonio organico rappresentano una risorsa energetica molto interessante. La frazione organica dei rifiuti solidi urbani (F.O.R.S.U.), gli scarti di produzioni agricole, le deiezioni animali, gli scarti dell'industria conserviera e dell'industria della carta e del legno, i fanghi biologici da impianti di depurazione etc., vanno considerate come possibili fonti di energia piuttosto che rifiuti da smaltire in impianti invisi dalla popolazione. La F.O.R.S.U. presenta tutte quelle caratteristiche che la portano ad essere indicata come fonte primaria per la produzione di energia alternativa; è ricca in sostanza organica prontamente biodegradabile, è diffusa sul territorio ed è raccolta in modo differenziato, come richiesto dalle vigenti normative che limitano il suo smaltimento in discarica in favore di attività di recupero, D.Lgs.152/06 parte quarta (ex D.Lgs.22/97 e s.m.i.). Il lavoro è inteso ad illustrare la tecnologia applicata presso la piattaforma integrata della Società Estense Servizi Ambientali S.E.S.A. S.p.A. di Este (PD) per il recupero energetico e di compost dalla F.O.R.S.U.. L'attenzione sarà rivolta principalmente al recupero energetico ottenuto dalla digestione anaerobica di correnti liquide ad elevato contenuto di sostanza organica: spremitura della F.O.R.S.U., colaticci da stoccaggi R.S.U. e dalla riduzione volumetrica della frazione verde e da rifiuti liquidi da attività produttive principalmente del settore agro-industriale (macelli, oleifici, bio-diesel, etc.). Sono presentati i dati relativi ai primi mesi dell'attività della linea di digestione anaerobica ed una loro elaborazione volta alla stima dell'efficienza della linea partendo sia dall'abbattimento delle sostanze solide volativi presenti nell'alimentato sia dalla produzione di energia elettrica.
Atti del 13° Convegno di Igiene Industriale "Le giornate di Corvara", pp.359-367, Marzo 2007
G. Scaltriti, M. Barison, M. Secco, C. Soccorso
Nell'ambito di uno studio inteso ad individuare l'influenza degli scarichi degli impianti di depurazione sui corsi d'acqua della Regione del Veneto, si è inizialmente prestata attenzione al sottobacino idrografico dei fiumi Fratta e Gorzone, che è parte integrante, con i torrenti Agno e Guà, del bacino dei fiumi Brenta e Bacchiglione. Il sottobacino, che ricade per buona parte nel territorio vicentino, è interessato da una elevata concentrazione di attività antropiche che immettono le proprie acque reflue in collettori fognari conferenti agli impianti di depurazione di Trissino, Arzignano, Montecchio Maggiore, Montebello Vicentino e Lonigo e in altri impianti di potenzialità poco significativa. I carichi residui associati agli scarichi di questi impianti hanno per certo peggiorato le caratteristiche qualitative dei corpi idrici superficiali ricettori ed in particolare il Rio Acquetta, il torrente Poscola ed il fiumicello Brendola. Tutti corsi d'acqua che scorrono su un suolo molto permeabile ed in zona di ricarica degli acquiferi utilizzati per l'approvvigionamento di acqua potabile da parte degli acquedotti del Vicentino, del Padovano e del Basso Veronese. Nel giugno del 2000, per ridurre gli impatti sugli acquiferi, è stato attivato un collettore di trasferimento verso valle delle acque depurate effluenti dai cinque maggiori impianti di depurazione, in zone meno sensibili all'inquinamento residuo, con immissione delle stesse nella parte terminale del Rio Acquetta e nel fiume Fratta. Le stazioni di campionamento poste a controllo delle caratteristiche qualitative dell'acqua dei corsi d'acqua del sottobacino hanno consentito quell'attività di monitoraggio che ha permesso di registrare i cambiamenti riscontrati con l'attivazione del collettore di trasferimento. Il lavoro nel richiamare alcune caratteristiche del sottobacino Fratta-Gorzone e del sistema di impianti di depurazione al momento attivi nell'area presa in esame, intende presentare, sulla base dei risultati ottenuti dall'attività di monitoraggio, i cambiamenti occorsi alle caratteristiche qualitative delle acque correnti nel Rio Acquetta, nel torrente Togna e nel fiumicello Brendola. Cambiamenti imputabili non solo all'attivazione del collettore di trasferimento delle acque depurate ma anche agli aggiornamenti tecnologici ed ad una più attenta gestione degli impianti di depurazione.
Atti del 13° Convegno di Igiene Industriale "Le giornate di Corvara", pp.255-264, Marzo 2007
G. Scaltriti, P. Parati, F. Ragusa, M. Barison
L'Agenzia Regionale per la Prevenzione e la protezione Ambientale del Veneto (ARPAV) ha fornito supporto tecnico alla Regione del Veneto per redigere il nuovo Piano Regionale di Tutela delle Acque (PRTA), in ottemperanza a quanto previsto dalla legislazione nazionale: D.Lgs. n.152/99 e s.m.i., All.4, "Contenuti dei piani di tutela delle acque". Il PRTA, già adottato dalla Giunta Regionale con D.G.R.V. del 29.12.2004, n.4453, è in attesa di approvazione definitiva in sede di Consiglio Regionale; pertanto rimane ancora in vigore il precedente Piano Regionale di Risanamento delle Acque (PRRA), adottato con deliberazione del Consiglio Regionale n.962 del 01.09.1989 e successivamente modificato ed integrato con D.G.R.V. del 02.08.2002, n.2106. La stesura del PRTA ha richiesto indagini conoscitive che hanno impegnato più gruppi di lavoro. Chi ha avuto l'incarico di stimare le pressioni e gli impatti significativi esercitati dalle attività antropiche sullo stato delle acque superficiali e sotterranee ha operato sotto la supervisione dell'Osservatorio Regionale Acque interne (ORAC) e della Direzione Tecnico Scientifica ARPAV. Questo lavoro, fatto un richiamo ad un modello concettuale utilizzato per meglio definire il quadro delle fonti di pressione, è inteso alla presentazione delle attività svolte nell'ambito delle sopraccitate indagini ed è limitato alle modalità adottate per la stima dei carichi generati e dei carichi residui immessi nei corpi idrici superficiali da impianti pubblici di depurazione e da attività produttive autorizzate allo scarico in acque superficiali. E' proposto il risultato dell'elaborazione dei dati di impatto relativi al bacino idrografico del fiume Bacchiglione.
Atti del 12° Convegno di Igiene Industriale "Le giornate di Corvara", pp.234-238, Marzo 2006
G. Scaltriti, M. Barison
Il sistema di raccolta e depurazione delle acque reflue e meteoriche gestito da AGS S.p.A. e da GARDA UNO S.p.A. presenta caratteristiche di notevole interesse per gli aspetti sia tecnici sia politico-amministrativi, in quanto coinvolge Regioni (Veneto e Lombardia), Province (Verona e Brescia), AATO (Veronese e Bresciano), Enti di controllo (ARPAV e ARPAL), Amministrazioni comunali (n.22 bresciane e n.20 veronesi), Comunità montana Alto Garda. Il sistema di collettori fognari, uno dei più estesi delle due Regioni, mostra elementi distintivi unici in termini di soluzioni tecnologiche adottate per risolvere i problemi legati al trasferimento dei reflui, in presenza di acque meteoriche, che in continuo miglioramento consentiranno di ridurre gli impatti sulle acque del Lago di Garda. L'impianto di depurazione, entrato in esercizio nei primi anni '80, è stato ampliato nel corso degli anni per far fronte sia alle crescenti necessità dell'utenza sia per soddisfare la richiesta sempre più pressante di salvaguardia delle acque superficiali dall'inquinamento. L'attuale potenzialità nominale delle strutture di depurazione in esercizio è di 330.000 A.E. L'attenta gestione del sistema rete di collettamento e dell'impianto di depurazione rappresenta l'ultima ed importante fase di quel complesso di attività ed interventi pubblici e privati inteso al raggiungimento di un corretto e razionale uso della risorsa idrica. Solo con la riduzione dell'idroesigenza nelle varie attività antropiche (civile, industriale ed agricola) sarà possibile pervenire ad una "reale" riduzione dello scarico di sostanze inquinanti nell'ambiente. In considerazione dell'indagine espletata dal Prof. Ing. Massimo Quaglia del Politecnico di Torino, delle condizioni delle opere in essere e delle esigenze dell'utenza sono stati prioritariamente programmati, progettati e in alcuni casi portati a termine interventi di manutenzione straordinaria e di aggiornamento tecnologico del sistema collettori principali-depuratore. Interventi che saranno integrati dalle opere che si renderanno necessarie una volta che i Comuni completeranno il trasferimento in gestione alle società AGS S.p.A. e GARDA UNO S.p.A. delle reti acquedottistiche e di fognatura comunali.
Folium - Ambiente e sicurezza sul lavoro, ISSN 1592-9353, n.2, pp.15-18, 2° trimestre 2005, anno 5°
G. Scaltriti, M. Ostoich, M. Barison
Il controllo degli scarichi dagli impianti di depurazione, di competenza delle Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione Ambientale, richiede risorse umane ed economiche significative che non sono sempre disponibili e, quindi, non permettono di espletare quella qualità di servizio effettivamente richiesto dall’esigenza di salvaguardare le acque superficiali dalla pressione esercitata dagli scarichi idrici pubblici e privati. Per razionalizzare e rendere più efficiente tale attività di controllo, l’Osservatorio Regionale Acque Interne (ORAC) del Dipartimento Provinciale ARPAV di Padova sta valutando - in funzione dell’idoneità delle strutture pubbliche di depurazione, di una loro attenta e competente gestione e della presenza di laboratori di analisi presso gli impianti stessi - la possibilità di delegare i Gestori degli impianti pubblici di depurazione ad effettuare una parte dei controlli fiscali richiesti per la caratterizzazione qualitativa delle acque depurate avviate allo scarico. La delega, in base alle indicazioni dell’All.5 del D.Lgs. n.152/1999 e s.m.i., come peraltro già fatto da altre Regioni (ad esempio, Emilia-Romagna) e Province italiane, non potrà che essere limitata al controllo dei parametri: BOD5, COD, solidi sospesi, azoto e fosforo i cui limiti sono riportati in Tab.1 e Tab.2 dell’All.5 del sopraccitato D.Lgs. n.152/99. Le proposte di delega ai controlli dovranno essere sottoposte alla valutazione delle Province, Enti competenti al rilascio dell’autorizzazione all’esercizio ed allo scarico per gli impianti di depurazione recapitanti in corpi idrici superficiali. E’ ragionevole ritenere che, prioritariamente, la delega possa interessare solo gli impianti pubblici di depurazione che presentano una potenzialità maggiore di 10.000 Abitanti Equivalenti (A.E.). Il lavoro è inteso alla presentazione di un iter che si ritiene permetta di concedere, in modo corretto e valido, la delega al Gestore per l’autocontrollo della qualità dello scarico. Sarà fatto un richiamo alla razionalizzazione delle risorse per i controlli svolti ARPAV nel caso tutti o parte dei Gestori degli impianti con potenzialità di almeno 10.000 A.E. fossero nelle condizioni di idoneità tecnica per ottenere la concessione della delega; in tal caso si renderebbero disponibili risorse per altri tipi di controllo sulla base di un processo di gerarchizzazione dei controlli sulle fonti di pressione ambientale. In questo senso ARPAV, in quanto organo tecnico di controllo, necessita di uno strumento di supporto oggettivo per valutare l’idoneità di un impianto alla delega, la cui concessione dovrà essere decisa dagli Enti competenti. E’ fatto cenno all’attività di formazione e di aggiornamento professionale programmato dall’ORAC per il personale dei Dipartimenti Provinciali ARPAV incaricati delle ricognizioni e dei controlli presso gli impianti di depurazione ed è illustrato sinteticamente il database relativo ai depuratori pubblici di tutta la regione del Veneto, costituito da ARPAV con i dati raccolti presso le Province, le Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (AATO), i Gestori degli impianti di depurazione e la Regione. Tale banca dati è stata utilizzata nell’ambito degli studi per la parte conoscitiva del Piano di Tutela delle Acque e per l’alimentazione dei catasti delle fonti di pressione del Sistema Informativo Regionale Ambientale (SIRA).
Atti dell’11° Convegno di Igiene Industriale "Le giornate di Corvara", pp.202-206, Marzo 2005
G. Scaltriti, M. Barison
La relazione presenta i risultati ottenuti dall’aggiornamento tecnologico condotto presso uno stabilimento per la produzione di farine proteiche, ottenute da scarti di macellazione di origine avicola (“rendering”), inteso al contenimento dell’emissione di sostanze rilevabili all’olfatto. Preliminarmente è fatto un richiamo alle problematiche connesse alle emissioni di sostanze rilevabili all’olfatto ed alle tecnologie praticabili per contenere il loro impatto ambientale.
Atti del 22° Congresso Nazionale AIDII, Palermo, pp.229-233, Giugno 2004
G. Scaltriti, M. Barison
Il trattamento sempre più spinto delle ingenti
quantità di acque reflue raccolte dalle reti fognarie
pubbliche ha fatto crescere la quantità di fanghi
(disidratati o essiccati) da allontanare dall’area degli
impianti di depurazione. Con la quantità, anche le
caratteristiche qualitative dei fanghi hanno subito modifiche. I fanghi
prodotti dal ciclo di trattamento biologico dei reflui contengono
sostanze organiche a lenta biodegradabilità, sostanze
fertilizzanti: azoto e fosforo, microrganismi, metalli e
microinquinanti non biodegradabili. E’ la concentrazione di
queste ultime due tipologie di inquinanti che sta crescendo con il
miglioramento della qualità delle acque effluenti dagli
impianti. Miglioramento imposto da normative che fissano standard di
qualità nell’ambiente acquatico sempre
più elevati in riferimento alle sostanze pericolose: D.M.
367 del 06.11.2003 (G.U. n.5 del 08.01.2004).
Le principali destinazioni finali dei fanghi possono essere
individuate:
- nello smaltimento in discarica;
- nella termodistruzione (anche con
rifiuti solidi urbani o
industriali);
- nel riutilizzo agronomico.
Lo smaltimento dei fanghi in discarica prevede un preliminare
trattamento di stabilizzazione/disidratazione così da
rendere minimo l’impatto imputabile all’emissione
di sostanze rilevabili all’olfatto ed alla produzione di
percolato. Questa destinazione finale non esclude che, in alcune
circostanze, si debba procedere in via preliminare ad operazioni di
stabilizzazione/solidificazione (inertizzazione) per bloccare
particolari sostanze (metalli, metalloidi, ecc.) in una matrice
cementizia o plastica.
L’incenerimento o termodistruzione, condotta a temperature
dell’ordine di 900÷1000°C, consente la
massima riduzione del volume di rifiuti da smaltire, anche se presenta
costi di impianto e di gestione elevati e la necessità di un
trattamento spinto dei fumi prodotti dalla combustione e di uno
smaltimento controllato delle ceneri volanti.
Il riutilizzo in agricoltura dei fanghi, tramite spargimento diretto o
dopo compostaggio con altre frazioni organiche, permette di chiudere il
ciclo di questi rifiuti avvalendosi delle loro proprietà
ammendanti. Questa destinazione dei fanghi è ora messa in
discussione dal contenuto in microinquinanti organici persistenti
(POPs, Persistent Organic Pollutants) quali: le
Policlorodibenzo-p-diossine
(PCDD), i policlorodibenzofurani (PCDF) ed
i policlorobifenili (PCB). Tali sostanze, sempre presenti nei reflui
urbani addotti agli impianti di depurazione, refrattarie al trattamento
biologico, altamente lipofile, scarsamente solubili in acqua e
chimicamente e fisicamente stabili, si accumulano nei fiocchi di fango
e con questi sono allontanate dagli impianti.
Il lavoro prende in esame una serie di dati recenti sulla presenza di
PCDD, PCDF e PCB nei fanghi degli impianti di depurazione della regione
del Veneto provvedendo ad un confronto con i valori di concentrazione
reperibili in letteratura. E’ proposta la distribuzione di
congeneri di PCDD/F, nota come “impronta”, nei
fanghi prodotti presso impianti di depurazione che trattano
prevalentemente reflui urbani o reflui urbani congiuntamente a reflui
industriali e/o rifiuti liquidi autotrasportati.
Atti del 10° Convegno di Igiene Industriale "Le giornate di Corvara", pp.175-180, Aprile 2004
G. Scaltriti, M. Barison
La colorazione delle acque di scarico da insediamenti produttivi convogliate in corsi d’acqua superficiale, anche se con intensità entro i limiti previsti dalla normativa vigente, porta ad un immediato impatto visivo e di norma ad un “contenzioso” tra la popolazione, gli enti di controllo e le attività produttive. Il lavoro è inteso alla presentazione delle tecnologie idonee e con maggiore frequenza utilizzate per ridurre l’impatto ambientale attribuibile ad acque di scarico colorate. Si farà quindi riferimento ai trattamenti ossidativi, alla chiariflocculazione ed ai processi di filtrazione ed adsorbimento. Le attività produttive più interessate dal problema della colorazione delle acque reflue di processo sono sicuramente quelle del settore della nobilitazione tessile. Per questo sono richiamate sinteticamente alcune caratteristiche delle sostanze coloranti utilizzate nell’industria tessile.
Inquinamento - Tecnologie Ambiente Uomo, ISSN 0001-4982, n.56, pp.64-68, Anno XLVI, Gennaio 2004
G. Scaltriti, M. Barison
La relazione è intesa a presentare le tecnologie (processi ed impianti) in grado di minimizzare la concentrazione dei composti organici volatili, C.O.V., rilevabili all’olfatto, presente in emissioni da stabilimenti industriali e attività di servizio. In particolare sono approfondite le problematiche relative alle emissioni da attività produttive di “rendering” e da smaltimento di reflui e rifiuti. Sono solamente richiamate le tecnologie utilizzate per abbattere i C.O.V. nelle emissioni da attività produttive del settore chimico/farmaceutico e meccanico.
Contributo inviato al 9° Convegno di Igiene Industriale "Le giornate di Corvara", 2003