I fenomeni della natura: nel descriverli, poeti escienziati non sono d'accordo.Chi ha ragione? |
There was an awful rainbow once in heaven. We know her woof, her texiture: she is given In the dull catalogue of common things. Proviamo a tradurre, ovviamente non alla lettera: "Una volta c'era nel cielo un arcobaleno stupendo. Adesso che ne conosciamo in dettaglio la costituzione fisica (ordito e trama), siamo costretti a collocarlo nel grigio catalogo delle cose comuni". Anche se a senso, la nostra traduzione non riesce a rendere la bellezza dei versi originali. Arcobaleno in italiano è un sostantivo maschile,mentre l'equivalente inglese, rainbow, è femminile. Arco - baleno:un arco associato ad un lampo di luce, una sorta di folgore ricurva. Rain- bow: la pioggia, ed un arco. Ma bow non è soltanto l'arco, èanche l'archetto del violino. Il sublime della musica si sovrappone alla noia della pioggia. E quel "dull catalogue". Ho tradotto dull con grigio, ma dull significa anche monotono, offuscato, opaco. Un opaco che estingue i colori dell'arcobaleno. Ed infine wool: vuol dire filato, lana, tessuto. Ma ha un significato più ampio, che traspare in alcune frasi idiomatiche: ad esempio "to lose wool", perdere la pazienza, oppure "they went for wool and come home shorn": andarono per suonare e furono suonati. Ma forse stiamo andando oltre le intenzioni dell'autore, John Keats. I versi citati prima sono suoi, e companiono in una breve composizione, intitolata Lumia. John Keats Keats nacque a Londra nel 1795; stroncato da una malattia allora incurabile, la tubercolosi, morì a soli 26 anni a Roma, dove le sue spoglie riposano nel cimitero protestante. La vita di Keats, anche se molto breve, fu assai ricca di esperienze poetiche di prim'ordine. L'arte, la padronanza del linguaggio, la perfezione stilistica e formale, il gusto del particolare e la finezza descrittiva, raggiungono livelli tali da farlo ritenere uno dei più grandi poeti lirici di tutti i tempi. La poesia di Keats privilegia la bellezza: una bellezza eterna che si identifica con la verità. E quando la verità, che è bellezza, viene messa in discussione o, peggio ancora, sostituita da un'altra verità, come quella che emerge dalle ipotesi scientifiche e dai riscontri sperimentali, allora Keats insorge. Ai versi che ho citato ne seguono altri: la scienza, armata di regolo e di squadra, svelerà tutti i misteri, tarperà le ali degli angeli, scaccerà gli spiriti dall'aria e gli gnomi dalle grotte, e distruggerà inesorabilmente l'arcobaleno. Contro chi combatteva Keats? Contro Isacco Newton (1643-1727), che con un prisma aveva identificato i colori che costituiscono la luce. Isacco Newton In Opticks, Newton aveva scritto: "Questa immagine, o spettro PT era colorata, essendo rossa al bordo T, meno rifratta e viola al bordo P, più rifratta, e giallo verde e blu negli spazi intermedi". Basta questo a demolire la poesia? Per Keats ed i suoi amici, si: invitati a cena dal pittore Benjamin Haydon, che aveva dipinto una testa di Newton, contestarono violentemente il padrone di casa e conclusero il banchetto, già offuscato dai fumi del vino, con una serie di brindisi, il cui tema dominante era la frase "a morte la matematica". Ma perchè la matematica dovrebbe morire? E con lei, necessariamente, tutte le altre scienze, di cui viene riconosciuta regina? Secondo Keats, quando un fenomeno sensibile è spiegato ponendolo in relazione con qualcosa di più elementare, la spiegazione stessa discredita la percezione, in modo da rendere la spiegazione chiara, e la percezione illusoria. Non tutti i poeti sono d'accordo con Keats. Lo scozzese James Thomson (1700- 1748), che ha preceduto Keats di quasi un secolo, è di tutt'altro avviso: la scienza è fonte effusiva di chiarezza e di verità. Solo il villano ignorante vede l'arcobaleno come un incantesimo, mentre grazie a Newton lo consideriamo un insieme di onde di luce, un "gorgeous train of parent colours", ossia uno splendido corteo di colori originari (Spring, 1746). Nella lirica "To the memory of sir Isaac Newton", Thomson si esprime addirittura in termini enfatici, e si chiede: "forse un poeta immaginò una bellezza simile (so fair)?". E conclude: "Come è esatta e bella la legge della rifrazione (refractive low)". Abbiamo citato due autorevoli personaggi, Keats e Thomson, che hanno sostenuto tesi completamente opposte. Chi ha ragione? La scienza, rendendo comprensibili i fenomeni naturali, ne sminuisce la bellezza e quindi la poesia che li descrive, o al contrario la incrementa? Ma che significa scienza? Fra le tante definizioni, ne proponiamo una nostra, di tipo dinamico: scienza è cercare di conoscere ciò che non sappiamo. Secondo noi, lo scienziato non è quello che è in possesso del sapere, ossia non è il dotto nè tanto meno l'erudito, ma è una persona che si adopera in modo da avvicinarsi, pur senza raggiungerla, alla conoscenza. Una volta che ha realizzato questo scopo, se non prosegue nella ricerca per fare altri passi in avanti, cessa di essere scienziato e deve solo accontentarsi di vivere di rendita su quanto ha appreso. Nel XXIII canto dell'Inferno, Dante ci propone la figura di Ulisse e dei suoi marinai, giunti per nave in prossimità dello stretto di Gibilterra. Un'esigua ciurma di vecchietti macilenti,affamati e stanchi. Nel corpo, ma non nell'anima. Ulisse si rende conto che, data l'età, sia lui che i suoi compagni hanno ben poco da vivere.Torniamo presto a casa, andiamo a morire nel nostro letto. Ma no. Perchè non sfruttare il poco tempo che ci resta per sapere qualcosa di più? Testa di Ulisse Nota: La scultura marmorea (4-26 d.C.), è conservata al Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga Cosa c'è dietro le colonne d'Ercole? Perbacco, andiamo a vedere! Ulisse prende la parola e convince i compagni a cambiare rotta. Sulla materia prevale lo spirito: non siamo fatti - dice Ulisse - alla maniera delle bestie, siamo uomini, seguiamo quindi "virtude e conoscenza". I marinai,che già avevano affrontato "cento milia perigli" sono come galvanizzati. Il timone fa un brusco giro, i remi diventano ali. Ali che quasi sollevano la nave in un "folle volo", verso una montagna così alta che mai se ne era vista una simile. E' il Paradiso Terrestre, come sostengono i commentatori di Dante, o l'insieme delle cose che non sappiamo, e che vorremmo sapere? La navigazione evolve in tragedia: un vortice ingloba la nave, che affonda dopo aver girato tre volte su se stessa. La prua, che Ulisse aveva rivolto verso l'ignoto, s'inabissa per prima. Il dramma è concluso dal mare, che si rinchiude e sigilla per sempre una sfortunata avventura di idee. Non manca un'allusione quasi blasfema: "come altrui piacque". In altri termini, esiste una Volontà Superiore che contrasta il progredire del sapere con qualsiasi mezzo. Non c'è chi non veda in questi versi un'esaltazione della scienza, intesa come l'avevamo definita prima: il desiderio (realizzato o non, poco importa) di apprendere. Nel Carme dei Sepolcri, Foscolo non fa il nome di Newton, lo chiama semplicemente l'Anglo, l'inglese per eccellenza. Galileo fu il primo che tracciò "le vie del firmamento" Galileo Galilei Questa strada fu perfezionata da Newton, che "tanta ala vi stese". Ala nel senso di incremento della conoscenza secondo Foscolo, ali nel senso di supporto per volare,ossia sollevarsi dalla terra, secondo Dante. I significati dei due termini, in un certo senso, coincidono. Le vie del firmamento: strade che si percorrono di notte, nel blu di un cielo senza nuvole, punteggiato di stelle. L'occhio nudo non è sufficiente, quindi usiamo il telescopio: la visione si amplifica, consentendoci di godere di luci e colori che prima ignoravamo. Il fatto che i corpi celesti percorrono lo spazio seguendo traiettorie che possono essere formalizzate in termini matematici, nulla toglie alla bellezza dell'insieme che è il cielo stellato, anzi: le equazioni sintetizzano le leggi fisiche che lo governano. Tutto ciò non vale solo per l'infinitamente grande (i corpicelesti), ma anche per l'infinitamente piccolo, reso oggetto di indagine dalle tecniche microscopiche e dalla biologia molecolare. Cos'è l'urina? In prima approssimazione, un prodotto di scarto. Nel nostro organismo vi sono due strutture, speculari ed altamente specializzate, i reni, che provvedono a depurare il sangue dalle scorie. Queste si raccolgono nell'urina, che dopo un certo periodo di permanenza nella vescica viene eliminata. Abbiamo spesso fatto cenno, in alcune nostre pubblicazioni, al medico fiorentino Taddeo Alderotti (1215-1295), citato da Dante nel XII canto del Paradiso. Taddeo commentò i testi di Ippocrate, e fu docente a Bologna. Scrisse per il suo amico Corso Donati uno dei primi testi di medicina in volgare: "Della conservazione della salute". Il medico è raffigurato in una delle formelle, attribuite all'architetto e scultore Andrea Pisano, che ornano la base del Campanile di Giotto. Taddeo, seduto dietro uno scranno pieno di vasi, riceve alcune donne che recano in una cesta le urine del malato. E' forse uno dei primi laboratori di analisi del tardo medioevo. All'epoca, l'esame delle urine consisteva in primo luogo nella speculazione: infatti Taddeo tiene di fronte a sé, in alto e controluce, il contenitore delle urine, di cui valuta il grado di limpidezza. Dall'ispezione passerà al saggio olfattivo, poi (sembra incredibile, ma è così) alla prova degustativa. |
Taddeo Alderotti | Taddeo osserva le urine |
Segmento aureo | Il Partenone |