IGEA LABORATORIO DI PATOLOGIA CLINICA
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L'uso della cannabis in terapia è risolutivo in molte forme morbose

L'0n.le Pedrizzi si oppone


Elio Rossi (elioigea@tin.it) Newsgroups: it.salute.aids Subject: Spinelli e supposte
La Mailing-List nadirnotizie@yahoogroups.com ha pubblicato recentemente un’interessante articolo: LA CANNABIS MEDICA E L'ON. PEDRIZZI. Col copia-incolla, trascrivo qui di seguito:

Domenica 18 febbraio alle ore 22.50 è andata in onda, su RAI 3 un'inchiesta sugli usi medici della Cannabis.
L'inchiesta ha dato voce ad ammalati italiani che per la prima volta si sono esposti pubblicamente come consumatori illegali di cannabis a fini terapeutici, sfidando le nostre leggi nel nome del diritto alla propria salute. Sono state presentate le opinioni di scienziati internazionali, e di un autorevole membro della Camera dei Lords inglesi, che ha speso il suo prestigio a favore della sperimentazione. L'inchiesta ha inoltre tentato di esplorare i perché della reticenza italiana ad approfondire questo tema.
La trasmissione non è piaciuta all'on. Pedrizzi (AN) che ha dichiarato: "Alla RAI c'e' una lobby antiproibizionista che ha capito che un approccio non ideologico, ma apparentemente razionale e scientifico al problema, paga di più. Questa lobby cerca di convincerci che la cannabis non solo non è una droga, ma è addirittura una medicina dagli effetti portentosi, le cui miracolose proprietà terapeutiche vanno impiegate per le cure delle malattie". Il tetraidrocannabinolo, il principio attivo contenuto nella cannabis, è altamente tossico - continua l'on. Pedrizzi - fare uso di hashish e marijuana blocca lo sviluppo del cervello, con gravi effetti negativi su memoria, apprendimento e capacità di coordinare i movimenti. Queste sostanze intaccano la funzione respiratoria, modificano la pressione arteriosa, alterano la funzione riproduttiva e abbassano le difese immunitarie, aprendo la strada ad ogni tipo di infezione, tanto che i rischi cancerogeni sono maggiori di quelli del tabacco. La cannabis provoca sul cervello umano effetti omologhi (forse, intende dire analoghi, n.d.r.) a quelli dell'eroina, con la prima che agisce da "grimaldello" sulla "serratura" del cervello che apre la porta all'uso della seconda" .
E bravo Pedrizzi, anti-gay, anti-clone ed ora anche anti-canna. A Pedrizzi ha risposto il dott. Grasso, del nucleo promotore dell'ACT, (acronimo di Alliance for Cannabis Therapeutics, n.d.r.) che ha detto: "Abbiamo raccolto le testimonianze di molte persone disponibili a esporsi in prima persona per rivendicare il proprio diritto alla salute, alla cura, alla riduzione della sofferenza. Purtroppo c'è chi, come il senatore Pedrizzi, vuole creare un polverone intorno a un dibattito che non riguarda la solita diatriba fra proibizionismo e antiproibizionismo. Gli effetti terapeutici della cannabis sono dimostrati da un'ampia letteratura scientifica, che ha portato alla commercializzazione di cannabinoidi sintetici in molti Paesi europei. Per quanto riguarda i presunti effetti collaterali citati da Pedrizzi sono frutto di una lettura distorta e tendenziosa della letteratura scientifica. Ogni volta che il problema degli effetti collaterali è stato analizzato con la dovuta obiettività si è giunti alla conclusione che il Thc è una sostanza molto meno tossica e con minori effetti collaterali di parecchi farmaci oggi in commercio".
Credo che finora non se ne sia parlato sul NG. La notizia cui ho fatto cenno prima potrebbe essere interessante, e non solo per gli ammalati di AIDS. L'efficacia del delta-9-THC (tetraidrocannabitolo, n.d.r.) e di un suo derivato sintetico, il nabilone, nei casi di nausea e vomito secondari a chemioterapia è stata dimostrata in vari studi clinici controllati in doppio cieco. In tutti questi studi i cannabinoidi risultavano più efficaci delle terapie tradizionali. A seguito di tali indiscutibili evidenze il nabilone è stato ufficialmente registrato per tale uso in Gran Bretagna. Uno studio pilota ha inoltre evidenziato che il delta-8-THC, un cannabinoide non-psicotropo, privo cioè di effetti sul sistema nervoso, ha promettenti proprietà antiemetiche nei bambini ammalati di leucemia.
Il trattamento sintomatico dei disturbi correlati all'AIDS rappresenta un altro promettente campo di impiego. L'efficacia nella stimolazione dell'appetito ha convinto la esigente American Food and Drug Administration a registrare il farmaco per questa utilizzazione. Il meccanismo d'azione sarebbe legato alla capacità di inibire la produzione di alcune sostanze, quali il fattore alfa di necrosi cellulare (TNF), che verosimilmente contribuiscono allo sviluppo della sindrome da deperimento. Questa caratteristica, associata con le proprietà antiemetiche suddescritte e con i potenziali effetti ansiolitici, ipnoinduttori e antidepressivi, conferiscono a questo farmaco un profilo assolutamente originale, tanto da indurre fonti autorevoli, quali la British Medical Association, a raccomandarne pressantemente l'impiego per futuri studi.
Una grande attenzione viene dedicata negli ultimi tempi alle proprietà neuroprotettive dei cannabinoidi. Come ha dimostrato un recente studio cui ha collaborato anche l'italiano Grimaldi, essi sono dei potenti agenti antiossidanti, vale a dire che sono in grado di neutralizzare le sostanze ossidanti nocive che si sviluppano, a livello cerebrale, in corso di trauma cranico o ictus. Questi risultati, ottenuti in laboratorio, hanno avuto una prima conferma nell'uomo, in uno studio clinico compiuto in Israele su pazienti con trauma cranico: l'impiego del dexanabinol, un cannabinoide non-psicotropo, ha dato ottimi risultati.
Futuri campi di impiego potrebbero essere le patologie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson o la corea di Huntington, ma per queste applicazioni servono ulteriori verifiche cliniche.
Già da alcuni millenni la medicina orientale conosce e utilizza le proprietà analgesiche e anti-infiammatorie dei cannabinoidi e nel secolo scorso la cannabis era comunemente accettata, con queste indicazioni, nella farmacopea ufficiale in Europa e negli USA. Dopo un lungo oblio, l'attenzione per questo potenziale utilizzo sta risorgendo, e recenti studi hanno contribuito a chiarire le basi razionali dell' effetto terapeutico dei cannabinoidi. Il dato è di rilevante interesse ove si considerino i gravi effetti collaterali della maggior parte dei farmaci analgesici attualmente disponibili, e la loro relativa inefficacia in alcune forme di dolore, come per esempio la diffusissima emicrania. La realizzazione di ulteriori studi clinici, alcuni dei quali già in corso, potrebbe portare a importanti progressi nel campo della terapia del dolore.
L'efficacia terapeutica nel trattamento sintomatico della spasticità muscolare è testimoniato da molteplici esperienze cosidette aneddotiche: malati di sclerosi multipla, Morbo di Parkinson, pazienti con patologie del midollo spinale, concordano nel riferire, dopo l'assunzione di derivati della cannabis una riduzione dei sintomi correlati alla spasticità.
Alcune di queste esperienze sono state confermate in studi clinici di piccole dimensioni, ma a tutt'oggi mancano evidenze derivanti da grossi numeri. In Gran Bretagna, la Royal Pharmaceutical Society ha recentemente ottenuto l'autorizzazione dal governo per condurre una sperimentazione su un campione di 2000 pazienti. Lo studio prevede l'impiego di un interessante dispositivo di somministrazione dei cannabinoidi per via inalatoria, sul tipo dell'aereosol utilizzato per gli asmatici. I primi risultati dovrebbero essere disponibili nel 2002.
Un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature ha fornito interessanti strumenti per la comprensione del meccanismo d'azione di tali sostanze nel controllo della spasticità, ponendo le basi per ulteriori interessanti approfondimenti. Nei malati di glaucoma, una malattia caratterizzata da un aumento della pressione intraoculare che può condurre alla cecità, ci sono numerose evidenze che il delta-9-THC possa ridurre la pressione intraoculare. Le intuizioni del Dr Randall, il medico statunitense, malato di glaucoma, che al termine di una lunga battaglia legale ottenne di potersi curare con la cannabis, hanno avuto il conforto di un piccolo studio clinico in doppio cieco, che dimostra una significativa riduzione della pressione intraoculare nei soggetti trattati con marijuana. Le proprietà anticonvulsivanti dei derivati della cannabis sono testimoniate da alcuni studi su animali nonchè da esperienze aneddotiche di malati di epilessia, che testimoniano una riduzione delle crisi e del fabbisogno di farmaci. Mancano però a tutt'oggi studi clinici controllati di significative dimensioni.
Il fatto che la cannabis sia un efficace broncodilatatore è noto da tempo, ma il suo potenziale utilizzo terapeutico nei soggetti asmatici è stato sinora limitato dalla mancanza di una via di somministrazione adeguata. Lo sviluppo delle ricerche su derivati assumibili per aerosol o mediante vaporizzazione potrebbe nel prossimo futuro aprire la strada anche a detta utilizzazione.
La recente segnalazione di un possibile effetto antiaterosclerotico accentua ulteriormente l'interesse per un possibile impiego di queste sostanze in campo cardiovascolare.
Un ulteriore potenziale campo di utilizzo potrebbe infine essere quello della terapia dei tumori. Alla recente dimostrazione dell'efficacia dell'anandamide nell'inibire la proliferazione del tumore della mammella, opera di un gruppo di ricercatori italiani, si è aggiunta, qualche mese fa, la segnalazione di alcuni ricercatori spagnoli che hanno evidenziato che il delta-9-THC è in grado di produrre la morte delle cellule dei gliomi cerebrali, risparmiando le cellule sane che circondano il tumore. In entrambi i casi si tratta, è il caso di sottolinearlo, di dati ottenuti "in vitro", ma che aprono la strada ad interessanti filoni di ricerca per possibili impieghi terapeutici nell'uomo.
In conclusione possiamo dire che il riaffermarsi, in questo ultimo scorcio del secolo, dell'interesse scientifico nei confronti di questo medicamento ingiustamente "messo all'indice" negli anni precedenti, rende concreta la speranza che nell’immediato futuro si riscontri un’inversione di rotta nel campo del suo utilizzo terapeutico.
I quotidiani parlano di cannabis quasi ogni giorno. E’ di ieri la notizia che anche grandi industrie farmaceutiche, tipo Pfizer o Novartis, sono impegnate nella ricerca di un tipo di marijuana depurato dalle proprietà trasgressive. «Un antidolorifico che non dà piacere», secondo il «Wall Street Journal».
Già, ma personalmente non vedo tutto questo masochismo. Se posso eliminare il dolore (o le convulsioni, o il tremore, o il vomito, o altri disturbi), e nello stesso tempo provare anche piacere, che ben venga (o, se si preferisce, che ben torni) il vecchio e glorioso spinello! Prima che ci mettano su le mani le multinazionali dei farmaci. Bisogna stare attenti agli sperimentatori!
Che cosa nasconde il professore tra le dita? E’ una supposta rivoluzionaria alla marijuana, spiega ai giornalisti increduli. Ed è un nuovo modo per beneficiare delle proprietà terapeutiche della cannabis, senza risentire degli inconvenienti allucinogeni della pianta. Degli effetti sgradevoli della supposta, ovviamente, non parla.

Sono parecchi i siti internet dedicati alla marjuana, tra cui il seguente:




Il visitatore viene previamente avvertito che il sito NON vuole invitare al consumo di marjuana, ma convincere consumatori e non consumatori a riflettere sul proibizionismo, ed informare sui molteplici usi della cannabis. A tal fine si intrattiene su svariati argomenti, primo fra i quali la tecnica di coltivazione della pianta.

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