Se è vero che le immagini parlano da sole, spero sia altrettanto vero che sappiano anche farsi ascoltare. Ritoccate o modificate, elaborate o rivisitate, le immagini parlano in realtà di noi, della nostra soddisfatta o insoddisfatta autoconsapevolezza. Fateci caso, noi vorremmo avere ed esibire in una fotografia quell’immagine – consolatoria o liberatoria – che silenziosamente ci lusinga e ci intriga nella solitudine del nostro io. La macchina fotografica registra, invece, quella che è la realtà e la realtà di solito non ammalia e non illude se non per le sensazioni o percezioni di serenità e completezza che ad essa arbitrariamente conferiamo. Forse dovremmo guardare le nostre immagini con l’idea di ascoltare non tanto la nostra storia più recente ma quella, insondabile e misteriosa, che lasciandoci ritrarre abbiamo depositato nella realtà per parlare piuttosto al futuro, agli altri che ci vedranno e a noi stessi che non smetteremo mai di scoprire e compiacere ciò che siamo e ciò che saremo.