Come commento le opinioni dei critici?… Diventa troppo facile dire bene, quando queste opinioni sono lusinghiere, e male quando, invece, sono caustiche e prossime alla stroncatura.

    Ma al di là del bene e del male… le opinioni dei critici  aiutano uno scrittore solo quando – e non càpita di rado – si prendono la briga, per così dire, di  inventariare le qualità di un autore. Si può scrivere bene o male, certo, ma difficilmente si costruisce con approssimazione la poetica sulla quale e per la quale poi si scrive.

   Spesso i critici colgono questa costruzione interna dello scrivere, scandagliandone i fondali (più che fermarsi alla superficie) e collegando fra di loro temi e sottotemi, stile e linguaggio, talento e personalità. A volte la critica è sbrigativa e ingenerosa, pregiudiziale  e scolastica ma a volte, proprio per questa sorta di faciloneria, coglie nel segno, lasciando affiorare quasi involontariamente i difetti, i vuoti che un testo teatrale – più di quello letterario – contiene. Altre volte, e altrettanto involontariamente, fa lievitare pregi e virtù che probabilmente un testo teatrale non sapeva di possedere. Che significa questo? Che la critica dovrebbe essere di supporto – critico, appunto, cioè estetico – alla produzione testuale di uno scrittore e lo scrittore dovrebbe, per conto suo, attendere e favorire le opinioni dei critici non come un “attestato” di benemerenza, semmai come un “certificato” di autenticità.

   Non tutti gli scrittori di teatro sono autentici, interessanti o intriganti ma quelli che scrivono per sperimentare la propria drammaturgia sulle linee esistenziali e culturali, emozionali e ideologiche di una società, quelli tendono ad esprimere idee e sentimenti che hannno un solo obiettivo: sperimentare e definire il destino tanto di chi scrive quanto, soprattutto, di chi legge e fa suo un testo letterario.