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Responsabilità di un avvocato nell'esercizio della professione forense. Massime della cassazione.

La responsabilità del professionista per i danni causati dalla sua attività professionale deve essere valutata alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento di tale attività e, in particolare al dovere di diligenza il quale, a norma dell'art 1176 cod civ, deve adeguarsi alla natura dell'attività esercitata. Pertanto, il professionista è responsabile verso il cliente, nei casi ordinari, secondo i principi che regolano la responsabilità contrattuale anche per colpa lieve, mentre per i casi eccezionali, cioè per quelli che implicano la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, tale responsabilità è attenuata, restando limitata, a norma dello art 2236 cod civ, al dolo e alla colpa grave. (Nella specie, alla stregua del principio di cui sopra, la suprema corte ha ritenuto che la corte d'appello aveva correttamente escluso - per difetto di colpa - la responsabilità del difensore di ufficio, che non aveva dato comunicazione all'imputato - avvocato ricorrente per cassazione - dell'avviso ricevuto ex art 533 cod proc pen, sul presupposto della insussistenza dell'obbligo di tale comunicazione.(Cass. 969/1981)

L'obbligazione assunta dal difensore nei confronti del cliente è una obbligazione di mezzi o di comportamento e non di risultato, sicché l'inadempimento del professionista è costituito dalla violazione dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale e presuppone la violazione del dovere di quella diligenza media esigibile ai sensi del secondo comma del'art. 1176 cod. civ., mentre ricorre l'ipotesi di responsabilità ex art. 2236 cod. civ. solo nel caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. Pertanto, al di fuori di quest'ultimo caso, la responsabilità del professionista va configurata ove questi non abbia svolto l'attività inerente al mandato o l'abbia svolta parzialmente, ovvero anche per non avere informato il cliente della impossibilità di espletarla.(Cass. 1996/5617)

Cass. civile, sez. II, 14-08-1997, n. 7618

Pres. Corona R - Rel. Elefante A - P.M. Ceniccola R (Conf.) - Becchi c. Caroni

LAVORO - LAVORO AUTONOMO - CONTRATTO D'OPERA - PROFESSIONI INTELLETTUALI - RESPONSABILITA' - IN GENERE - Responsabilità dell'avvocato - Presupposti - Obbligazione verso il cliente - Di risultato - Esclusione - Inadempimento - Valutazione - Criteri - Diligenza professionale - Diligenza ex art.1176, secondo comma cod. civ. - Nozione - Fattispecie caratterizzate dalla soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà - Criteri ex art. 2236 cod. civ. - Applicabilità - Presupposti - Accertamento del giudice di merito - Censurabilità in Cassazione - Esclusione - Limiti.

AVVOCATO E PROCURATORE - RESPONSABILITA' CIVILE - IN GENERE - Presupposti - Obbligazione verso il cliente - Di risultato - Esclusione - Inadempimento - Valutazione - Criteri - Diligenza professionale - Diligenza ex art.1176, secondo comma cod. civ. - Nozione - Fattispecie caratterizzate dalla soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà - Criteri ex art. 2236 cod. civ. - Applicabilità - Presupposti - Accertamento del giudice di merito - Censurabilità in Cassazione - Esclusione - Limiti.

Le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non a conseguirlo. Avuto riguardo, più in particolare all'attività professionale dell'avvocato, l'inadempimento del professionista non può essere desunto, senz'altro dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale, ed in particolare, al dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall'art. 1176, secondo comma cod. civ., il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata, sicché la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, cioè la diligenza posta nell'esercizio della propria attività, dal professionista di preparazione professionale e di attenzione medie. La responsabilità dell'avvocato, pertanto, può trovare fondamento in una gamma di atteggiamenti subiettivi, che vanno dalla semplice colpa lieve, al dolo, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel qual caso la responsabilità è attenuata, configurandosi, secondo l'espresso disposto dell'art. 2236 cod. civ., solo nel caso di dolo o colpa grave. L'accertamento relativo al se la prestazione professionale in concreto eseguita implichi - o meno - la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, è rimesso al giudice di merito ed il relativo giudizio è incensurabile in sede di legittimità, sempre che sia sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto.

Cass. civile, sez. III, 08-05-1993, n. 5325

Pres. Bile F - Rel. Vittoria P - P.M. Leo A (Conf) - Erbetta c. Mentasti

Lavoro - Lavoro autonomo - Contratto d'opera - Professioni intellettuali - Responsabilità - In genere - Negligente svolgimento dell'attività professionale - Responsabilità del prestatore d'opera intellettuale nei confronti del proprio cliente - Sussistenza - Presupposti.

La responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il danno del quale è chiesto il risarcimento.

Lavoro - Lavoro autonomo - Contratto d'opera - Professioni intellettuali - Responsabilità - In genere - Obbligo del difensore di svolgere tempestivamente l'attività nell'ambito del processo - Sussistenza - Cessazione del difensore dal proprio incarico per rinuncia o revoca della procura anteriormente alla scadenza del termine ultimo per il compimento di quella attività - Obbligo del difensore di compiere l'atto o di far presente la necessità di compierlo - Inadempienza - Responsabilità per danni - Sussistenza.

Il difensore che, per una diligente prestazione della propria opera intellettuale, ha l'obbligo di svolgere tempestivamente l'attività nell'ambito del processo, ove cessi dal proprio incarico, per rinuncia o revoca della procura, anteriormente alla scadenza del termine ultimo per il compimento di quell'attività, ha il dovere di evitare pregiudizio al cliente ed è quindi tenuto a compiere l'atto o a rappresentare alla parte che gli revochi la procura la necessità del compimento dell'atto non ancora posto in essere, assumendo, in mancanza, la responsabilità dei danni conseguenti anche quando, essendo stato sostituito da altro difensore, il danno avrebbe potuto essere da questo evitato con il compimento, ancora consentito dallo stato del processo, dell'attività processuale omessa dal primo difensore, dovendosi negare che la negligenza del successivo difensore sia causa sufficiente ed unica del danno e sia perciò idonea ad interrompere il nesso che lega alla causa antecedente tale danno, ove questo sia ricollegabile alla negligenza del primo difensore.

Cass. civile, sez. Unite, 26-03-1997, n. 2661

Pres. Iannotta A - Rel. Roselli F - P.M. Morozzo Della Rocca F (Conf.) - Condò c. Cons. Ordine Avvocati e Proc. Roma

AVVOCATO E PROCURATORE - RESPONSABILITA' CIVILE - IN GENERE - Mora del cliente nella corresponsione dell'onorario - Conseguenze - Recesso del proprietario - Ammissibilità - Svolgimento delle prestazioni senza la dovuta diligenza - Divieto.

In tema di esercizio della professione forense, l'asserita mora del cliente nel corrispondere il compenso può giustificare il recesso del professionista dal rapporto di prestazione d'opera - recesso che deve comunque avvenire senza pregiudizio del cliente stesso, ai sensi dell'art. 2237 cod. civ. - ma non giustifica in alcun modo lo svolgimento della prestazione senza la dovuta diligenza (art. 2236).

AVVOCATO E PROCURATORE - GIUDIZI DISCIPLINARI - AZIONE DISCIPLINARE - PRESCRIZIONE - Termine quinquennale - Promozione dell'azione disciplinare - Atto interruttivo ad effetto istantaneo - Successivi atti posti in essere dal titolare dell'azione disciplinare - Efficacia interruttiva - Sussistenza.

La prescrizione estintiva quinquennale prevista dall'art. 51 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 per l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti di avvocati o procuratori viene interrotta non solo dalla promozione della suddetta azione disciplinare - promozione che ha efficacia interruttiva istantanea, ai sensi dell'art. 2943 cod. civ. - ma anche dai successivi atti compiuti dal titolare dell'azione disciplinare in pendenza del relativo procedimento.

AVVOCATO E PROCURATORE - GIUDIZI DISCIPLINARI - IMPUGNAZIONI - Decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare - Ricorso per cassazione - Valutazione di un determinato comportamento come contrario alla dignità ed al decoro della professione forense - Censurabilità - Esclusione - Fattispecie.

Non è censurabile in sede di legittimità il giudizio del Consiglio nazionale forense che, nell'esercizio del suo potere disciplinare, abbia considerato come contraria alla dignità ed al decoro della professione forense l'omesso deposito dei motivi d'appello contro una sentenza penale dopo la dichiarazione di impugnazione; è pertanto inammissibile il motivo di censura della legittimità del provvedimento disciplinare basato sull'assunto che la relativa responsabilità sarebbe quanto meno attenuata dal disinteresse dimostrato dal cliente verso la decisione di proporre impugnazione penale.

Cass. civile, sez. II, 18-11-1996, n. 10068.

Pres. Favara F - Rel. Patierno A - P.M. Iannelli D (Conf.) - Viller c. Pellegrini

LAVORO - LAVORO AUTONOMO - CONTRATTO D'OPERA - PROFESSIONI INTELLETTUALI - RESPONSABILITA' - IN GENERE - Dell'avvocato verso il proprio cliente - Configurabilità - Incuria ed ignoranza di disposizioni di legge - Sussistenza - Interpretazione di legge o risoluzione di questioni opinabili - Esclusione - Limiti.

La responsabilità del professionista per i danni causati nell'esercizio della sua attività postula la violazione dei doveri inerenti al suo svolgimento, tra i quali quello di diligenza che va a sua volta valutato con riguardo alla natura dell'attività. In particolare, in rapporto alla professione di avvocato, deve considerarsi responsabile verso il cliente il professionista in caso di incuria e di ignoranza di disposizioni di legge e, in genere, nei casi in cui per negligenza ed imperizia, comprometta il buon esito del giudizio, dovendosi invece ritenere esclusa la detta responsabilità, a meno di dolo o colpa grave, solo nel caso di interpretazioni di legge o di risoluzione di questioni opinabili.