Qui di seguito sono riportate le sentenze trattate.

Altre sentenze

Sent. n 11889, Sez. lavoro, del 9-9-2000

Lavoro subordinato - Sanzioni disciplinari -Contestazione degli addebiti - Differimento all'esito di indagini penali finalizzato al corretto accertamento del fatto - Violazione del Principio di tempestività della contestazione - Insussistenza In materia di sanzioni disciplinari a carico del lavoratore dipendente, poiché il principio dell'immediatezza della contestazione rispetto al fatto è compatibile con l'intervallo necessario all'accertamento della condotta del lavoratore ed alle adeguate valutazioni dì questa, deve escludersi che incorra nella violazione di tale principio il datore di lavoro che, ai finì di un corretto accertamento del fatto, anziché procedere a proprie indagini, scelga di attendere l'esito degli accertamenti svolti in sede penale.

Sent. n. 11817, Sez. lavoro, del 7-9-2000

Licenziamento disciplinare - Requisiti Dell'immediatezza della contestazione dell'addebito -Portata - Pluralità di addebiti - Comportamento unitario del lavoratore - Scomposizione in una pluralità di violazioni disciplinari - Inammissibilità Con riferimento alla tempestività della contestazione di plurimi addebiti posti a fondamento del licenziamento disciplinare, è illegittimo il comportamento del datore di lavoro che in una condotta progressiva sostanzialmente unitaria del lavoratore, ravvisi la successione nel tempo di una pluralità di violazioni disciplinari e quindi, scomponendo tale condotta in più fatti illeciti, utilizzi il fatto addebitato successivamente per contestare la recidiva rispetto a quello contestato per primo, risultando in tal caso violato il principio dell'immediatezza della contestazione che impone di non frapporre indugi tali da determinare un cumulo di addebiti.

Sent. n. 11806, Sez Lavoro, del 7.09.2000

Licenziamento disciplinare - Termine di cinque giorni dalla contestazione dell'addebito - Funzione - Decorso completo - Necessità. Il termine di cinque giorni dalla contestazione dell'addebito, prima della cui scadenza è preclusa, ai sensi dell'art.7, quinto comma, L. n. 300 del 1970, la possibilità di irrogazione della sanzione disciplinare, ivi compreso il licenziamento, pur essendo stabilito per consentire al lavoratore per comunicare al datore di lavoro le sue giustificazioni, risponde ad una ratio più completa ed organica, ravvisabile non solo nella necessità di consentire al datore di lavoro di adottare la sanzione dopo aver conosciuto le difese dell'incolpato, ma anche nella necessità per lo stesso datore di lavoro di fruire di un tempo, anche se molto breve, di ripensamento, tale comunque da fargli adottare i più gravi provvedimenti con la necessaria ponderazione; conseguentemente, prima dell'intero decorso del detto termine non è consentito al datore di lavoro di irrogare il licenziamento (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in relazione ad una clausola collettiva che stabiliva il termine per l'irrogazione della sanzione disciplinare in sei giorni a decorrere dalla scadenza di quest'ultimo il lavoratore avesse presentato al datore di lavoro le sue giustificazioni ed aveva comunque computato il successivo termine di sei giorni dalla scadenza del primo termine.

Sent. n. 11265, Sez. lavoro, del 28-8-2000

Licenziamento disciplinare - Immutabilità della contestazione - Funzione L'immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di far valere, a sostegno delle sue determinazioni disciplinari (nella specie: licenziamento), circostanze nuove rispetto a quelle contestate, tali da implicare una differente valutazione dell'infrazione disciplinare anche diversamente tipizzata dal codice disciplinare apprestato dalla contrattazione collettiva, dovendosi garantire l'effettivo diritto di difesa che la normativa Sul procedimento disciplinare di cui all'art. 7 della legge n. 300/1970 assicura al lavoratore incolpato.

Sent. n. 11341, Sez. lavoro, del 29-8-2000

Licenziamento illegittimo - Risarcimento del danno - Liquidazione - Presunzione - Prova dell'" aliunde " e del " quantum perceptum" da parte del lavoratore licenziato - Onere del datore di lavoro - L'art. 18 della legge n. 300 del 1970, nel testo modificato dalla legge n. 108 del 1990, che disciplina anche l'ipotesi del licenziamento inefficace per mancanza della forma scritta, stabilisce che il risarcimento del danno spettante al lavoratore licenziato senza giusta causa è liquidato dal giudice con indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal licenziamento all'effettiva reintegrazione oltre al versamento dei contributi previdenziali e che in ogni caso il danno non può essere inferiore a cinque mensilità. Il lavoratore licenziato è quindi dispensato dalla prova del danno ex art. 1223 cod. civ., essendo la sua sussistenza presunta dalla legge in misura pari alla retribuzione dal licenziamento alla riassunzione, con presunzione semplice per il danno superiore alle cinque mensilità, assoluta nell'anzidetta misura. Ne deriva che l'onere di provare che il danno subito dal lavoratore sia inferiore a quanto presunto dalla legge è a caricò del datore di lavoro, il quale deve dimostrare non solo che il lavoratore licenziato ha assunto nel frattempo una nuova occupazione, ma anche quanto da essa percepito (aliunde et quantum perceptum), essendo questo il fatto che riduce l'entità del danno presunto.

Sent. n. 11059, Sez. lavoro, del 24.08.2000

Licenziamento - Impugnazione stragiudiziale - Prova testimoniale - Inammissibilità - Prova del fatto impeditivo della decadenza - Preclusioni previste nel rito del lavoro - Applicabilità L'impugnazione stragiudiziale del licenziamento, ex art. legge n. 604 del 1966, è un atto negoziale unilaterale e ricettizio, per il quale la legge richiede la forma scritta ad substantiam e che pertanto non può essere dimostrato attraverso il ricorso alla prova testimoniale; inoltre, la prova del fatto impeditivo della decadenza dall'impugnazione non si sottrae al regime delle preclusioni processuali sancito nel rito del lavoro dagli artt. 414, 416 e 420 cod. proc. civ., al pari di qualsiasi fatto costitutivo, modificativo od estintivo del diritto fatto valere in giudizio.

Sent. n. 12708, Sez. lavoro, del 26-09-2000

Licenziamento disciplinare e valutazione della sanzione irrogata.

La valutazione della proporzionalità tra il comporamento illecito del lavoratore dipendente e la sanzione irrogata sul piano disciplinare costuisce un apprezzamento di fatto che deve essere condotto non in astratto ma con specifico riferimento a tutte le corcostanze del caso concreto, inquadrando l'addebito nelle specifiche modalità del rapporto e tenendo conto non solo della natura del fatto contestato e del suo contenuto obbiettivo ed intenzionale, ma anche di tutti gli altri elementi idonei a consentire l'adeguamento della disposizione normativa dell'art. 2119 del cod. civ. alla fattispecie concreta. ( Fattispecie relativa al lavoratore che, al termine del periodo di inabilità temporanea conseguente ad un infortunio sul lavoro, aveva proseguito l'assenza dichiarando di voler usufruire delle ferie annuali; la S.C. ha annullato per vizio di motivazione la sentenza impugnata, di rigetto dell'impugnativa del licenziamento intimato dal datore di lavoro, rilevando in particolare, che non era stato preso in considerazione il concreto interesse del datore di lavoro alla prestazione nel periodo di due settimane in contestazione, coincidente con la chiusura estiva dell'azienda e le ferie del personale, eccettuata una squdra addetta alla manutenzione).

Sent. n. 12256, Sez. III, del 22-09-2000

Comunicazione del licenziamento a mezzo di telegramma: ammissibilità. L'Art. 2 della Legge 15 luglio 1966 n. 604 modificato dall'art. 2 della Legge 11 maggio 1990 n. 108, esige che il licenziamento sia comunicato per iscritto e tale onere di forma impone che l'atto con il quale sia stato intimato il recesso sia sottoscritto dal datore di lavoro (o dal suo rappresentante che ne abbia il potere generale o specifica procura scritta). Ne consegue che, in caso di contestazione da parte del destinatario, il datore di lavoro che abbia intimato il licenziamento con telegramma ha l'onere di fornire la prova della ricorrenza delle condizioni poste dall'art. 2705 del cod. civ. per l'equiparazione del telegramma alla scrittura privata, e cioè che l'originale consegnato all'ufficio di partenza sia sottoscritto dal mittente, ovvero che in mancanza di sottoscrizione l'originale sia stato consegnato o fatto consegnare all'ufficio di partenza dal mittente.

Sent. n. 12902 Sez. lavoro, del 28-9-2000

Licenziamento disciplinare - Violazione di un obbligo o di un divieto sanzionati anche penalmente -Non presuppone l'affissione del codice disciplinare- L'illecito disciplinare commesso dal lavoratore per violazione di un obbligo o di un divieto sanzionati anche penalmente non presuppone, per l'inflizione della sanzione disciplinare l'affissione prevista dall'art. 7 legge n. 300 del 1970 quando l'illiceità della violazione, per il contrasto con la coscienza comune, possa essere conosciuta ed apprezzata dal lavoratore senza bisogno di previo avviso da parte del datore di lavoro.

Sent n. 12454, Sez. lavoro, del 20-9-2000

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo - Per soppressione della posizione di lavoro - impossibilità di impiegare il lavoratore in mansioni diverse - Onere probatorio del datore di lavoro - In relazione ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo dipendente dalla soppressione della posizione di lavoro a cui era addetto il lavoratore licenziato, la prova, gravante sul datore di lavoro , circa l'impossibilità di impiegare l'interessato in mansioni diverse, può essere contenuta nei limiti della ragionevolezza e delle contrapposte deduzioni delle parti.