INDICE DELLE SENTENZE:


SENTENZA n. 3567, Sez. IV, del 20-03-2000 sulla sussistenza del nesso causale per la configurabilità del reato:

  • Per ritenere la sussistenza del rapporto di causalità è sufficiente che l'effetto, o evento, consegua dalla causa in termini di alta probabilità.

    COMMENTO ALLA SENTENZA, TEORIA CONDIZIONALISTICA E CONSIDERAZIONI SU EVENTUALI RESPONSABILITA' PENALI NEI CONFRONTI DEI MILITARI ITALIANI NEI PAESI DELL'EX-JUGOSLAVIA:


    SENTENZA n. 6235, Sez. VI, del 29-05-2000 sui requisiti per la sussistenza del favoreggiamento personale (Art. 378 C.P.):


    • Ai fini della configurabilità del reato di favoreggiamento personale è sufficiente che sia stata posta in essere un'azione diretta ad aiutare taluno ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche dell'Autorità, mentre non è necessario che la detta azione abbia realmente raggiunto l'effetto di ostacolare le investigazioni o intralciare le ricerche, e nessun rilievo assume l'inifluenza concreta del comportamento dell'agente sull'esito delle indagini. Ne consegue che il delitto è escluso dall'eventuale concomitanza di informazioni già in possesso dell'autorità inquirente, dal momento che la ricerca della vertà esige una pluralità di elementi, il cui rapporto non può essere rimesso al giudizio del singolo.



      Sent. n. 3433, Sez. III, del 17-3-2000

      Acque - Tutela dall'inquinamento - Scarico proveniente da reparti e laboratori di un presidio ospedaliero - Natura dello scarico - Insediamento civile - Esclusione - In tema di inquinamento idrico, i reflui provenienti dai reparti e relativi laboratori di un presidio ospedaliero non possono definirsi come provenienti da insediamento civile, o ad esso equiparabile, poiché non può affermarsi che tale scarico sia assimilabile a quelli provenienti da insediamenti abitativi. Ed invero la qualificazione di insediamento produttivo, ai fini della normativa in esame, non può essere collegata solo ad attività di produzione di beni in senso stretto, ma deve essere affermata in relazione ad ogni attività economica, pur se rivolta a prestazione di servizi, quando lo scarico non sia assimilabile a quello proveniente da un normale insediamento abitativo. Ne consegue che le acque reflue in questione non possono neppure considerarsi domestiche ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 1999, in quanto esse non sono derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche (Sent. n. 3433, Sez. III, del 17-3-2000).

      Sent. n. 3431, Sez. III, del 17-3-2000

      Appello - Patteggiamento ex art. 599 IV co. cod. proc. pen. - Esclusione delle pene accessorie come conseguenza dell'accordo - Non consegue automaticamente - In tema di c.d. patteggiamento in appello ex art. 599, quarto comma, cod. proc. pen., dal perfezionamento dell'accordo sui motivi di appello e sulle conseguenze in termini di pena non consegue automaticamente l'esclusione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici che, come conseguenza della condanna, resta confermata (Sent. n. 3431, Sez. III, del 17-3-2000).

      Sent. n. 5164, Sez. IV del 3-5-2000

      * Circolazione stradale - Obblighi del conducente in caso di investimento - Inottemperanza all'obbligo di fermarsi - Previsione come delitto - Punibilità della condotta a titolo di dolo - Danno alle persone - Consapevolezza - Necessità - Poiché l'art. 189 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, prevede quale delitto, e non più, come nel precedente codice della strada, quale contravvenzione, l'omissione dell'obbligo di fermarsi dopo un incidente stradale con danno alle persone, detta condotta può essere punita solo se commessa con dolo; il dolo deve investire non solo l'evento dell'incidente, ma anche il danno alle persone, che non costituisce una condizione di punibilità, sostanzialmente imputabile a titolo di responsabilità oggettiva, atteso che la sostituzione dì una fattispecie dolosa ad una colposa sarebbe poco razionale laddove si ritenesse che la seconda è punita indipendentemente dalla consapevolezza da parte dell'agente di tutti gli elementi della stessa, e quindi anche delle conseguenze derivate dall'incidente stesso (Sent. n. 5164, Sez. 1V del 3-5-2000).

      Sent. n. 3603, Sez. III, del 17-3-2000

      Ricorso per cassazione - Motivi - Mancata assunzione di una prova decisiva - Nozione di prova decisiva - A norma dell'art. 606 lett. d) cod. proc. pen. la prova decisiva deve possedere una valenza dimostrativa tale da inserirsi nel quadro indiziario acquisito e da modificarlo sostanzialmente in modo da influire sensibilmente sulla decisione. La prova decisiva non può, tuttavia, riguardare dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari perché il diritto alla prova a discarico è previsto solo nel dibattimento in quanto deve essere esercitato ai sensi dell'art. 495 cod. proc. pen., e cioè nella sede del confronto e della valutazione e non in quella della raccolta degli elementi di prova. (Nella specie, la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso fondato sulla mancata assunzione di una presunta prova decisiva per la quale non risUltava formulata alcuna istanza di ammissione né prima né durante il dibattimento) (Sent. n. 3603, Sez. 111, del 17-3-2000).

      Sent. n.6149, Sez. Il, del 2-3-2000

      Sequestro probatorio - Del corpo del reato - Verifica consentita al giudice del riesame - Indicazione - Nel giudizio di riesame del sequestro probatorio di un corpo di reato, l'indagine rimessa al giudice è ristretta alla verifica dell'astratta configurabilità dell'illecito penale nell'ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero e, attraverso l'accertamento della relazione di immediatezza richiesta dall'art. 253, secondo comma, cod. proc. pen., dell'effettiva possibilità di qualificare come corpo del reato la cosa appresa (Sent. n.6149, Sez. il, del 2-3-2000).

      Sent. n. 1951, Sez. V. del 21-2-2000

      Sport - Illecito sportivo - Causa di giustificazione -Limiti - In tema di c.d. illecito sportivo, l'autore dell'evento lesivo che sia Stato rispettoso delle regole del gioco, del dovere di lealtà nei confronti dell'avversario e dell'integrità fisica di costui non sarà perseguibile penalmente in quanto non potrà dirsi superata la soglia del " rischio consentito". Diversamente, allorché il fatto lesivo si verifichi perché il giocatore violi volontariamente le regole del gioco disattendendo i doveri di lealtà verso l'avversario, il fatto non potrà rientrare nella causa di giustificazione ma sarà penalmente perseguibile. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che non potesse ritenersi scriminato il comportamento del giocatore di pallacanestro che aveva sferrato un pugno al giocatore avversario attingendone la mandibola destra) (Sent. n. 1951, Sez. v' del 21-2-2000).

      Sent. n. 65, Sez. III, del 15-3-2000

      Edilizia- Ordine di demolizione - Natura: sanzione amministrativa - Esecuzione anche dopo l'estinzione del reato - Potere del giudice dell'esecuzione -Sussistenza - L'ordine di demolizione emesso dal giudice penale ex art. 17, ultimo comma, della legge n. 47 del 1985 costituisce un provvedimento formalmente giurisdizionale e sostanzialmente amministrativo, giacché la demolizione delle opere edilizie abusive non configura una sanzione penale, ma deve qualificarsi come sanzione amministrativa, eccezionalmente attribuita alla competenza concorrente dell'autorità giudiziaria penale. Ne consegue che il giudice penale, il quale abbia disposto la demolizione delle opere abusive con sentenza applicativa di pena patteggiata ex art. 444 cod. proc. pen. in ordine al reato di cui all'art. 20 della legge n. 47 del 1985, conserva la competenza a conoscere dell'esecuzione del suo provvedimento ex art. 665 cod. proc. pen. anche quando il reato è estinto ai sensi del secondo comma dell'art. 445 cod. proc. pen. (Sent. n. 65, Sez. III, del 15-3-2000).

      Sent. n. 3589, Sez. III, del 17-3-2000

      Misure cautelari reali - Riesame - Procedimento -Trasmissione degli atti al tribunale del riesame - Termine caducatorio di 5 giorni - Esclusione - In tema di procedimento di riesame delle misure cautelari reali, il rinvio operato dal settimo comma dell'art. 324 cod. proc. pen. al nono e decimo comma dell'art. 309 cod. proc. pen. va adeguato alla diversità delle procedure di trasmissione degli atti rispettivamente disciplinate dal terzo comma dell'art. 324 cod. proc. pen. e dal quinto comma dell'art. 309, in quanto, mentre entrambe le norme dispongono che la trasmissione degli atti si esegua entro il giorno successivo, solo la seconda prevede un termine massimo (cinque giorni), alla cui inosservanza può ricollegarsi la sanzione della perdita di efficacia della misura, che non è perciò riferibile alle misure cautelari reali. Ed invero la genericità del riferimento del decimo comma dell'art. 309 cod. proc. pen. ai termini di cui al quinto comma dello stesso articolo non consente comunque di considerarlo rivolto al termine del giorno successivo contenuto nel terzo comma dell'art. 324 cod. proc. pen., perché questa interpretazione contrasta con la diversa rilevanza dell'oggetto delle due procedure, che non si accorda con la previsione di un termine più ristretto e di una sanzione più rigorosa per le misure reali, in contrasto con il maggior rigore procedurale che il legislatore ha imposto nel quinto comma dell'art. 309 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali (Sent. n. 3589, Sez. III, del 17-3-2000).

      Sent. n. 1955, Sez. V, del 21.02.2000

      Reato - Tentativo - Desistenza volontaria - Volontarietà della desistenza come spontaneità della scelta - Esclusione - In tema di desistenza volontaria dal delitto, ai sensi dell'art. 56, terzo comma, cod. pen., la volontarietà della desistenza non deve essere intesa come spontaneità, per cui la desistenza non è esclusa dalla valutazione degli svantaggi che deriverebbero dal proseguimento dell'azione criminosa, sempre che la decisione dl interromperla non risulti necessitata. Ed invero, la ragione della previsione normativa della disciplina particolare della desistenza volontaria non risiede nella resipiscenza dell'agente bensì nella ridotta capacità criminosa. (La Corte ha ritenuto configurabile la desistenza volontaria nella condotta di due rapinatori di una banca che, una volta appresa la circostanza che la chiave della cassaforte era detenuta dal suo titolare, il quale non era presente nei locali, si erano allontanati interrompendo l'azione criminosa)(Sent. n. 1955, Sez. V, del 21.02.2000).

      Sent. n. 4239, Sez. VI del 28-2-2000

      * Misure di prevenzione - Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza - Impugnazione dell'istanza di revoca o di modifica - Mezzo esperibile - Appello - Ragione Il provvedimento col quale il tribunale, ex art. 7 della L.27-12-I 956, n. 1423, decide sull'istanza di revoca o di modifica della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza è impugnabile esclusivamente mediante il ricorso in appello e, solo all'esito della decisione su questo, è esperibile il ricorso per cassazione. Mancando, infatti, ogni specifica disciplina nel citato art. 7, non può che farsi riferimento, per ragioni sistematiche, alla disciplina dettata dalla stessa L. n. 1423/1956 in tema di impugnazioni del provvedimento impositivo della misura di prevenzione.

      Sent. n. 661, Sez. III, del 7/4/2000

      Misure di sicurezza - Patrimoniali - Confisca - E' obbligatoria quando il denaro costituisce il "prezzo" del reato La confisca è obbligatoria quando il denaro costituisce il prezzo del reato, da intendersi quale compenso dato per indurre taluno a commettere il reato. Diversamente, il provento dell'attività criminosa costituisce profitto del reato e pertanto non è soggetto a confisca obbligatoria ma va restituito in caso di patteggiamento della pena. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto che nel caso di sfruttamento della prostituzione il denaro viene consegnato dalla prostituta al suo sfruttatore non già come compenso per indurlo a commettere il reato, ma come provento dello stesso).

      Sent. n. 2552 Sez. IV del 10-5-2000

      Misure di sicurezza - Patrimoniali - Confisca - Revoca in sede esecutiva - Ammissibilità - Esclusione - Ragioni Allorché la confisca sia stata disposta con sentenza irrevocabile, il giudice dell'esecuzione non può ordinare la restituzione delle cose confiscate al condannato che ne vanta la proprietà, non potendo la relativa statuizione essere più posta in discussione a causa della preclusione del giudicato; in sede esecutiva può farsi questione sulla formazione del titolo esecutivo, sull'applicazione della confisca obbligatoria non disposta in sede di merito, sulla proprietà delle cose confiscate se non appartenenti al condannato o se rivendicate da un terzo, sull'estensione e sulle modalità esecutive della confisca stessa, ma non può riconoscersi al giudice dell'esecuzione il potere di vanificare il giudicato stesso rimuovendo, in favore del condannato, il provvedimento di confisca non più soggetto ad impugnazione.

      Sent. n. 996, Sez. V, del 28-3-2000

      Circostanze attenuanti comuni - Riparazione del danno - Natura soggettiva - Concessione anche ai coimputati che non hanno contribuito ai risarcimento - Esclusione L'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. ha natura soggettiva e può essere concessa solo agli imputati che abbiano risarcito il danno ovvero abbiano comunque reso una tangibile manifestazione di ravvedimento in favore del danneggiato. (Nella specie, la Corte ha escluso che potesse applicarsi l'attenuante in parola in favore di un imputato che non aveva dato prova di aver contribuito al risarcimento del danno avvenuto ad opera degli altri coimputati).

      Sent. n. 4128, Sez. V, del 31-3-2000

      False comunicazioni sociali - Dolo specifico - Configurabilità nel caso in cui vi sia la sola intenzione di frodare il fisco - Esclusione - Nel delitto di false comunicazioni sociali ex art. 2621 cod. civ. il dolo specifico consiste nella volontà di trarre in inganno ossia di determinare un errore nei soci o nei terzi in ordine all'effettiva situazione patrimoniale della società, accompagnata dal proposito di conseguire attraverso l'inganno un ingiusto profitto per sé o per altri, con correlativa messa in pericolo del bene giuridico tutelato. Ne consegue che detto reato non ricorre quando l'intenzione degli amministratori sia solo quella di ingannare il fisco, perché in questo caso il fatto integra la diversa ipotesi delittuosa di frode fiscale.

      Sent. n. 4129, Sez. V del 31-3-2000

      Incendio - Su cosa propria - Nozione di " cosa propria" - Indicazione Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 423, secondo comma, cod. pen., per cosa propria, deve intendersi quella su cui grava il diritto di proprietà dell'agente e non quella semplicemente posseduta o sulla quale altri vanti un diritto reale limitato. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che non potesse considerarsi proprietario del bene colui che lo amministra e lo detiene in virtù di una carica societaria.

      Sent. n. 1005, Sez. V. Del 13-04-2000

      Misure cautelari personali - Proroga della custodia cautelare - Carattere eccezionale - Ricorrenza simultanea dei requisiti di cui all'art. 305 Il co. cod. proc. pen. - Necessità La proroga della custodia cautelare ex art. 305, secondo comma, cod. proc. pen. è un istituto di carattere eccezionale che trova ingresso solo ove ricorrano simultaneamente i requisiti delle gravi esigenze cautelari, della necessità di procedere ad accertamenti di particolare complessità e dell'indispensabilità del protrarsi della custodia cautelare al fine di procedervi. (Nella specie, la Corte ha ritenuto legittimo il diniego di proroga da parte del giudice fondato sul rilievo che un esame tecnico balistico da effettuarsi in laboratorio non rappresenta un incombente probatorio di particolare complessità e comunque neppure incompatibile con lo status libertatis dell'indagato).

      Sent. n. 4497, Sez. IV del 13/04/2000

      Parte civile - Spese per il giudizio di impugnazione - Soccombenza dell'imputato - Valutazione - Criteri - Indicazione L'esercizio dell'azione civile nel processo penale realizza un rapporto processuale avente per oggetto una domanda privatistica (alla restituzione o al risarcimento del danno), con la conseguenza che il regime delle spese va regolato secondo il criterio della soccombenza, di cui all'art. 91 cod. proc. civ., in base al quale l'onere delle spese va valutato, nell'ipotesi di alterne vicende nei diversi gradi del giudizio, con riferimento all'esito finale, a nulla rilevando che una parte, risultata infine soccombente, sia stata vittoriosa in qualche fase o grado. (Fattispecie in cui la S.C. ha confermato la sentenza della corte d'appello la quale, dichiarando la responsabilità penale dell'imputato e condannandolo al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile, lo aveva pure condannato a rifondere a quest'ultima le spese sostenute per tutti i gradi e le fasi del giudizio, nonostante che in un grado di giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione fossero State riconosciute fondate le doglianze dell'imputato stesso, che aveva ottenuto l'annullamento con rinvio della sentenza in quella sede impugnata).

      Sent. n. 3152, Sez. IV, del 4-5-2000

      Riparazione per l'ingiusta detenzione - Disponibilità delle parti resistenti sui riconoscimento del diritto alla riparazione - Irrilevanza Il riconoscimento dell'indennizzo per l'ingiusta detenzione non si fonda su un rapporto di natura privata con il quale le parti regolano contenuti e tutela, anche in sede giurisdizionale, di diritti e obblighi ma sulla compensazione da parte dello Stato della privazione temporanea, poi rivelatasi ingiusta, del bene primario della libertà ad opera dello Stato stesso. Pertanto, il riconoscimento del diritto all'indennizzo è compito del giudice che vi provvede accertando le condizioni legislativamente previste, tra cui l'assenza di dolo o colpa grave, indipendentemente dall'eventuale non opposizione dell'amministrazione tenuta al pagamento.

      Sent. n. 3471, Sez. III, del 17-3-2000

      Sentenza - Correlazione tra accusa e sentenza -Criterio di valutazione Sussiste la violazione del principio di corrispondenza tra accusa contestata e accusa ritenuta in sentenza quando tra i due fatti vi sia una radicale diversità o estraneità, sicché il fatto contestato risulta del tutto diverso dal fatto accertato dalla pronuncia. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che non vi fosse violazione di tale principio nella contestazione all'imputato di aver installato ed esercitato un impianto radioelettrico, ovvero un apparato nautico senza autorizzazione, mentre il caso esaminato atteneva ad un impianto radioelettrico di tipo nautico per il quale era prevista la concessione e non la semplice autorizzazione).

      Sent. n. 18, Sez. Unite, dell'1-8-2000

      Truffa - E' reato istantaneo e di danno - Conseguenze in tema di identificazione dell'oggetto nel caso di truffa di titoli di credito Poiché la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo, nell'ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l'obbligazione della datio di un bene economico, ma nel momento in cui si realizza l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato. Ne consegue che, qualora l'oggetto materiale del reato sia costituito da titoli di credito, il momento della sua consumazione è quello dell'acquisizione da parte dell'autore del reato, della relativa valuta attraverso la loro riscossione o utilizzazione, poiché solo per mezzo di queste si concreta il vantaggio patrimoniale dell'agente e nel contempo diviene definitiva la potenziale lesione del patrimonio della parte offesa.