9.2.2. LA MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA

La mozzarella di bufala, oggi simbolo del benessere alimentare ma un tempo cibo dei poveri, è un formaggio fresco a pasta filata con sfoglie sottili e leggermente elastico, prodotto esclusivamente con latte di bufala.
La sua origine si fa risalire intorno al 1400 col nome di “mozza”, dal gesto del casaro per modellare la pasta.
Essa ha un’immagine fresca e appetitosa che stuzzica al primo impatto la gioia della degustazione: lucida, dalla pasta morbidissima e bucherellata, dal caratteristico e incomparabile sapore leggermente acidulo e dal colore bianco porcellanato. Viene preparata nella forma tradizionalmente rotonda dal peso di 200-400 grammi o nelle diverse varianti commerciali come trecce, bocconcini, perline e, per chi ama il gusto più deciso nella versione affumicata.

Figura 9. 2. Mozzarelle di bufala campana

Figura 9. 3. Un'antica bufalara

La mozzarella di bufala si conserva nel cosiddetto “latticello”, che è un siero residuato della lavorazione o in una miscela di latte e acqua salata, mentre i bocconcini e le perline possono essere conservati con panna e latte nelle cosiddette “lancelle”, vasi di terracotta a due manici.
La mozzarella di bufala campana, viene prodotta, nella Piana del Sele, ancora in modo artigianale, seguendo le tecniche e il ciclo di lavorazione tramandate dai nostri avi, per conservare inalterate le proprietà chimiche, biochimiche ed organolettiche che danno quel gusto inconfondibile.
Il latte, analizzato e pastorizzato, viene fuso con il caglio a una temperatura di 35-40 gradi. E’ questa la fase in cui esso si amalgama con gli enzimi naturali del caglio, dopo di che si lascia riposare il composto per circa 30-45 minuti, ciò permette di tagliare la cagliata al fine di dividere la caseina dal siero. La cagliata passa poi in un tino di acciaio dove avviene la trasformazione del glucosio e lattosio in acido lattico.
Il prodotto di questa operazione viene posto su un tavolo per fargli perdere i liquidi residui. Successivamente si procede all’operazione di filatura in un mastello di legno contenente acqua calda, il cui grado di successo dipende dalla maggiore o minore abilità del casaro. La fase finale è quella della pezzatura manuale con la quale si ottengono le singole mozzarelle.

Figura 9. 4. Bufale della piana del Sele

Figura 9. 5. Produzione manuale della mozzarella

Per evitare sofisticazioni e sleale concorrenza e per garantire l’origine, la genuinità e la qualità dei loro formaggi, le aziende lattiero casearie del Casertano e del Salernitano, nelle cui campagne è concentrato l’intero allevamento bufalino nazionale, hanno costituito un Consorzio per la Valorizzazione dei Latticini della Campania (COVALC). Tale consorzio, con l’appoggio e l’adesione degli enti pubblici locali, ha finalmente ottenuto, in data 12-06-1996 con regolamento N° 1107, per la mozzarella di bufala campana, il riconoscimento del marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) che è il risultato di una fedeltà alle tradizioni e di difesa di una cultura che mantiene integro un sistema di allevamento che rappresenta una grande risorsa economica del territorio.

 

Figura 9. 6. Un appetoso piatto di mozzarelle