9.7.11. IL TARTUFO DELL'ALTO SELE

Il tartufo dal punto di vista botanico rappresenta il frutto di un fungo ipogeo che vegeta e fruttifica nelle apici radicali di alcune piante, alberi e arbusti, che fungono da ospiti.

La parte vegetale del fungo denominata “micelio” è composta da una ragnatela di filamenti che si attaccano e coprono a forma di mantello le radichette terminali della pianta simbiotica, instaurando tra loro una stretta relazione. In questa convivenza i due vegetali ricevono benefici l’uno dall’altro. Il fungo sprovvisto di clorofilla, non può elaborare direttamente i carboidrati che riceve dalla pianta, l’albero, a sua volta, assimila meglio i sali minerali e l’acqua del terreno ed inoltre ottiene dal micelio gli ormoni della crescita.
Il frutto che si forma tra le maglie del micelio è di forma sferica, composto da una parte esterna detta perizio e da una parte interna detta gleba. Il peridio, a seconda delle specie del fungo, può essere di colore che varia dal bianco o grigio al nero. La gleba è una massa compatta che a seconda del fungo, della pianta con cui vive e dai sali minerali del terreno, può essere di colore grigio o nocciola (Tuber Magnatum) o di colore grigio bruno (Tuber Mesentericum).

Figura 9. 43. Tuber mesentericum

Nei boschi del comprensorio Alto Sele, e precisamente in quelli della catena montuosa di monte Marzano, la presenza del tartufo è stata scoperta alla fine degli anni Sessanta da una guardia del corpo forestale, il signor Lorenzo Nigro.
I primi studi hanno avuto per oggetto lo studio delle tartufaie naturali e la loro delimitazione ubicata nei boschi di faggio, di carpino, di quercia e nocciolo, le cui specie sono quelle del Tuber Mesentericum (Tartufo nero di Bagnoli) e Tuber Aestivum (Tartufo d’estate o Scorzone) fino ad un’altezza di 1.500 metri sul livello del mare, di cui circa il 60% ricadono nel comune di Colliano, il 30% nel comune di Laviano e il 10% nel comune di Valva.
La ricerca e la raccolta di queste aromatiche e profumatissime prelibatezze viene eseguita con l’aiuto del cane opportunamente addestrato.
Le tartufaie più sfruttate sono quelle della fascia alta (faggio) perché sono le più produttive e le più accessibili, mentre quelle della fascia del carpino sono le meno produttive anche per le caratteristiche del suolo molto accidentato.
Il prodotto raccolto viene venduto a commercianti di altre provincie o altre regioni che a loro volta lo conferiscono all’industria di conservazione del centro Italia.