Capitolo 8
Il criterio di canonicità


Solitamente nei manuali di introduzione alla Bibbia si parla di criteri al plurale. Nella nostra breve indagine (che non ha avuto la pretesa di ripetere tutta la storia del canone, ma solo di mettere in rilievo alcuni aspetti del problema per quanto ci è stato possibile farlo, date le oggettive difficoltà) è emerso chiaramente e principalmente un criterio: uno scritto veniva accettato dalle chiese locali solo se era stato scritto da un apostolo o da un discepolo-collaboratore di un apostolo. All'inizio si è visto come questi scritti erano designati con una terminologia varia (« Il Signore ha detto», « memorie», « Vangelo») e avevano lo scopo di diffondere l'insegnamento risalente a Gesù man mano che le chiese si espandevano nel mondo romano. L'autorità dello scritto non risiede in "ufficio apostolico" in quanto tale, ma nel fatto che chi scrive è un testimone oculare e ben informato dei fatti avvenuti. Nel caso di Marco, per esempio, o di Luca non sorsero problemi perché era noto che erano intimi collaboratori di apostoli (Pietro e Paolo). Questo criterio fu determinante per le sorti dell'Apocalisse, della lettera agli Ebrei e di alcune lettere cattoliche, anche se per queste ultime non ci fu un'adeguata diffusione.

Certamente non è solo una questione di persone, ma direi soprattutto di contenuto, di messaggio salvifico. Diversi libri cosiddetti "apocrifi" non furono accettati perché non erano "Vangelo", cioè annunzio della grazia, del perdono, del dono della vita - in Cristo - all'uomo che è separato da Dio e non può darsi da sé la vita (1) In questo senso il kérigma della croce e della risurrezione sta alla base degli scritti neotestamentari perché continuano l'opera inziata da Gesù Cristo. E ben vero, come prima accennato, che il criterio è in rapporto al contenuto del libro e a chi lo ha scritto. Un autore di alcuni decenni or sono giustamente disse che « non aspetta alla chiesa di decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana » (2) .

In conclusione si può dire che non furono le chiese a selezionare gli scritti del N.T., ma questi si autoselezionarono in virtù dell'autorità del messaggio in essi contenuto e degli scrittori. Quando un Sinodo o un Concilio (come quello di cartagine del 397) elencò gli attuali 27 libri, esso non diede alcuna autorità in più che già non avessero, ma si limitò a dare la testimonianza che questi libri e non altri formavano il canone del N.T. Gli storici non possono "fare" la storia, ma si limitano a riportarla così com'è. Il Nuovo Testamento arrivò alla sua formazione come l'Antico, senza drammatici sussulti o chiasso, ma gradualmente, libro dopo libro, perché « non da volontà umana fu recata una profezia, ma mossi dallo Spirito Santo parlarono degli uomini da parte di Dio » (2 Pietro 1, 21).

Note a margine

(1) Affermazione di M. Lutero riportata da B. Corsani, "Introduzione al Nuovo Testamento", Vol I, Torino 1972, 309. torna al testo

(2) L'affermazione è di A.M. Bertrand ed è riportata dal Corsani: ibidem. torna al testo
Dopo questo ottavo capitolo della seconda parte termina l'opera " Il Romanzo della Bibbia", un'indagine sulla formazione del canone dell'Antico e del Nuovo Testamento, a cura di Fausto Salvoni e di Franco Rossi, edito dalla Libera Facoltà Biblica Internazionale di Via Del Bollo 5, Milano, 1980.