Capitolo 7
Testimonianze


A. La chiesa alessandrina

Dare una corretta valitazione della scuola alessandrina sul problema del canone è estremamente difficile a cuasa della vaghezza dei suoi rappresentanti (1) .

Clemente (morto intorno al 215), per esempio, nella sue "Stromata" non si limita a considerare come "scritture" quelle che poi costituiranno il canone definitivo, ma anche la "Didachè", la "I Clemente", "Barnaba", "Il Pastore di Erma" e "l'Apocalisse di Pietro": d'altra parte non sono considerati autorevoli né il "Vangelo degli Ebrei" né quello degli "Egiziani" (2) Come si può vedere Clemente non aveva un'idea ben definita dell'autorità delle nuove scritture (oltre che per le antiche), benché conoscesse e citasse tutti i libri del N.T., comprese le lettere cattoliche, stando alle oinformazioni lasciateci dallo storico Eusebio (3) Circa la lettera agli Ebrei, Clemente ritiene che fosse stata scritta da Paolo in ebraico e Luca l'avesse tradotta in greco! L'apostolo Giovanni, infine, è per lui l'autore dell'Apocalisse (4) .

Origene (185-251 d.C.) successe a Clemente nella direzione della scuola di Alessandria. Dopo alcuni anni si trasferì a Cesarea dove trovò un ambiente decisamente diverso da quello egiziano. Fu in questa città che tenne un'omelia sul libro di Giosuè (5) nella quale elenca i libri che egli accettava. In questo elenco figurano tutti gli attuali libri del N.T., eccetto l'Apocalisse. A prima vista questa esclusione sorprende, ma è intuibile la posizione della chiesa antiochena e siriaca in generale dietro la dichiarazione di Origene. Sembra, infatti, che, quando si trovava ad Alessandria, egli accettasse come canonici, non solo l'Apocalisse, ma anche la Didachè, il Pastore di Erma, l'Epistola di Barnaba e, forse, la lettera di Clemente a Corinto (6) Da questo punto di vista Origene è sullo stesso piano del suo predecessore Clemente e le sue idee sul "canone" neotestamentario sono, a grandi linee, piuttosto chiare. Rimangono i dubbi sui cosiddetti "antilegomena" (cioè libri "discussi"). perché allora non menzionò l'Apocalisse quando si trovò ad Antiochia? La spiegazione più plausibile è che nella chiesa di Arsinae (nella regione del Faijum, nel medio Nilo) si era sviluppata una dottrina particolare sul millennio. Il vescovo Nepote (seguace delle dottrine chialistiche), nei primi decenni del II° secolo, sulla base dell'Apocalisse, predicò un regno di Cristo di mille anni e pieno di delizie, facendo molti seguaci. La chiesa di Alessandria, nella persona del vescovo Dionigi, cercò di porre un freno e lo fece screditando la paternità giovannea dell'Apocalisse. Nel suo trattato "Sulle promesse", attribuisce lo scritto a un seguace degli apostoli, ispirato, ma non all'apostolo Giovanni (7) Così facendo riuscì a placare il fervore apocalittico dei monaci egiziani della sua diocesi, a spese dell'Apocalisse (8) Mentre nell'ambiente alessandrino non ci furono ripercussioni, nelle chiese siriache e in quelle palestinesi ci fu un contraccolpo negativo. Ci volle la fine del quinto secolo perché in Siria venisse riconosciuta, insieme alle solite quattro lettere cattoliche, anche l'Apocalisse.

B. Il Canone di Eusebio di Cesarea

Mi sembra doveroso menzionare, riguardo al canone, il pensiero del vescovo di Cesarea di Palestina, Eusebio (morto nel 340), considerato da molti uno "storico" per la mole di notizie tramandateci nella sua "Historia Ecclesiastica". Egli divide gli scritti neotestamentari in tre categorie:

1. "Homologumena", vale a dire scritti universalmente accettati. A questa categoria appartengono i quattro Vangeli, le lettere di Paolo, 1 Giovanni, 1 Pietro e anche l'apocalisse di Giovanni, a proposito della quale «ci sono opinioni diverse » (III,3,4-5). In una precedente occasione egli aveva avuto modo di specificare che le lettere di Paolo erano quattordici, anche se « alcuni si erano dichiarati contro, richiamandosi alla posizione della chiesa di Roma che non la riconosce come paolina » (II,3,5).

2. "Antilegomena", cioè scritti "discussi" perché non accettati da tutte le chiese, anche se venivano letti pubblicamente. Oltre alla lettera di Giacomo, le due di Giovanni, ci sono quelle di Giuda e la seconda di Pietro. Eusebio vi include anche gli Atti di Paolo, il Pastore di Erma, l'Apocalisse di Pietro, la Didachè, definendoli però "spuri" (9) Qualche incertezza rimane ancora per la lettera agli Ebrei e l'Apocalisse.

3. Scritti Apocrifi, completamente da rigettare sono i Vangeli apocrifi di Tommaso, Pietro e Mattia e di altri, oltrechè i vari Atti apocrifi. Eusebio, possiamo dirlo, rappresenta lo specchio della situazione nell'ambito delle chiese orientali (alessandrina e antiochena) nei primi decenni del quarto secolo. In pratica egli riconosce tutti i libri del N.T. come lo possediamo oggi, sottolineando i dubbi da parte di qualche comunità per quanto riguarda l'Apocalisse ed Ebrei. Abbiamo una coferma di tutto questo sui cosiddetti "canoni" o liste che risalgono al quarto secolo:

a) "Canone Claromontano". È un elenco di libri biblici ed extrabiblici riportato nel codice greco-latino D (chiamato appunto Claromontano e risalente al IV secolo) tra la lettera a Filemone e quella agli Ebrei. In questo elenco di libri (da non confondersi con il codice vero e proprio) manca la lettera agli Ebrei, mentre ci sono tutte e sette le lettere cattoliche e l'Apocalisse. Seguono altri quattro scritti (lettera di barnaba, Pastore di Erma, gli Atti di Paolo e l'Apocalisse di Pietro) contrassegnati "da una riga orizzontale" (10) .

b) "Canone Mommseniano" o "Canone Africano" , scoperto dal Mommsen nel 1886. Esso risale intorno alla metà del quarto secolo e riporta un elenco di libri dell'A.T. e del N.T.; fra questi ultimi mancano la lettera di Giacomo, Giuda ed Ebrei (11) Questa posizione della chiesa africana era già stata evidenziata da Cipriano un secolo prima (morì nel 258), ma solo alla fine del quarto secolo la scelta diventerà definitiva.

La posizione della chiesa siriaca

Le chiese siriache hanno assunto un atteggiamento particolare nei confronti dei libri neotestamentari. Dall'inizio del IV secolo venivano considerate canoniche, oltre alla lettera agli Ebrei, le tre maggiori lettere cattoliche (Giacomo, 1 Pietro, 1 Giovanni). rifiutando l'Apocalisse. Questa posizione, che durò fino agli ultimi decenni del V secolo, fu sostenuta da noti rappresentanti di queste chiese, come Giovanni Crisostomo, Teodoreto di Ciro e, forse, anche da Luciano di Antiochia (fondatore dell'omonima scuola), morto nel 312 e di cui non conosciamo molto. La versione detta "Peshitta" riflette anch'essa la stessa posizione. Se ne discosta Teodoro di Mopsuestia (morto nel 428), rappresentante della stessa scuola. Egli rifiuta tutte le lettere cattoliche e l'Apocalisse, mentre accetta Ebrei (12) .

La versione siriaca detta "Filosseniana" (del 500) riporta tutti gli scritti del N.T.

La posizione della chiesa nestoriana

È da ricordare, infine, la posizione della chiesa nestoriana, che ebbe origine proprio in Antiochia: è l'unica chiesa che, a tutt'oggi, non accetta le quattro lettere cattoliche discusse (2 Pietro, Giuda, 2 e 3 Giovanni) e l'Apocalisse.

Il primo a fornire una lista di 27 libri fu Atanasio di Alessandria nel 367 con la sua lettera pasquale 38 (13) Alla fine egli aggiunge la Didachè e il Pastore di Erma (in linea con la tradizione alessandrina!), utili per l'istruzione dei neofiti. Poco prima a Laodicea c'era stato un sinodo locale di alcune chiese che avevano discusso sul contenuto dei libri biblici, accettandoli tutti, fuorché l'Apocalisse. Il riconoscimento di tutte le lettere cattoliche e dell'Apocalisse avvenne alla fine del quinto secolo in Africa nei sinodi di Ippona prima (393) e di cartagine poi (397 e 419).

Al termine di questa rassegna storica emergono alcune considerazioni:

1) Solo una parte dei 27 libri è stata messa in dubbio da qualcuna delle chiese. I motivi di questi dubbi sono in parte da attribuire al sorgere e al circolare di scritti "apocrifi" e non di origine apostolica (da cui la diffidenza di certe chiese), in parte alla strumentalizzazione che alcuni gruppi facevano degli scritti. È il caso della lettera agli Ebrei in base alla quale (6, 4-6), secondo i novaziani, si doveva negare la possibilità del perdono agli apostoli. Mentre poi la chiesa orientale (in particolare Alessandria) ne riconosceva l'autenticità apostolica, quella occidentale cominciò a dubitarne verso la fine del II° secolo. Altro esempio è l'Apocalisse: all'inizio fu citata da diversi "padri" e occupò un posto stabile nel canone, poi fu messa in dubbio dalla setta degli Alogi (i quali rifiutavano anche il quarto Vangelo), prima e poi dalle chiese siro-palestinesi che, come abbiamo visto, furono inflienzate dalla critica di Dionigi alessandrino (14) .
Se ciò si aggiunge la scarsa circolazione di alcuni scritti o la distanza geografica fra le chiese d'occidente e quelle d'iriente, si comprenderà maggiormente il sorgere di dubbi.

2) Fu necessario mettere dei limiti alla fioritura di libri sbocciata nel secondo e terzo secolo, periodo criciale per la formazione del canone. Per farlo le chiese si appellarono prima al contenuto dello scritto (se era in lonea con l'insegnamento di Cristo) e degli apostoli) e poi alla testimonianza delle chiese che l'avevano ricevuto.

3)Vi fu una certa "fluidità" fra le varie chiese nell'accettazione progressiva degli scritti per i motivi già accennati. I dubbi delle singole chiese non furono eliminati dalle decisioni conciliari. I sinodi del quarto e quinto secolo non decisero mai quale "canone" (nel senso di elenco) accettare o fare accettare, ma si limitarono a riconoscere quei libri che già le singole chiese avevano riconosciuto come Scritture:
«Quello che fecero i concili fu solo di confermare il canone che era largamente già accettato nella chiesa. I concili non firnurono per la prima volta una regola di fede e di morale, ma poittosto una testimonianza pubblica e unitaria di ciò che la chiesa da lungo tempo aveva conosciuto, usato e stimato come sua guida autorevole» (15) .

In definitiva la storia del canone non è altro che una presa di coscienza delle chiese nei riguardi del proprio fondamento di fede. In questo processo seguirono alcuni criteri di accettazione o di rifiuto abbastanza uniformi, e mi sembra, tutt'oggi validi.
Note a margine

(1) Per un approfondimento si possono leggere con profitto i seguenti articoli di J. Ruwet. "Clément d'Alessandrie: Canon des Ecritures et Apocryphes", in "Biblica" 29 (1948), 77-99; 240-269; ID, "Le Canon Alexandrin des Ecritures, S. Athanase", in "Biblica" 33 (1952), 1-19. torna al testo

(2) "Stromata" I,100,4; III,93,1. torna al testo

(3) "Hist. Eccl." VI, 14, 1 (PG 20,549). Non è del tutto sicuro che citasse Giacomo. 2 Pietro e la 2 Giovanni. torna al testo

(4) Eusebio, "Hist. Eccl." VI,16 (PG 20,551); "Strom." VI, 106,2. torna al testo

(5) "In Iosue", homel. 7, 1 (PG 12,857). torna al testo

(6) Occorre dire che origene avanzò qualche dubbio su 2 e 3 Giovanni, Giacomo, Giuda, 2 Pietro; cfr "Ioannis Comm." 11, 6; cfr il Ruwet, in "Biblica" 23 (1942), 18-42. torna al testo

(7) Cfr Eusebio, "Hist. Eccl." VIII, 24-25. torna al testo

(8) R.M. Grant, op. cit. 182. torna al testo

(9) Cfr III,3.4.5. torna al testo

(10) A. Wikenhauser. op. cit. 46. torna al testo

(11) Il testo di entrambi i canoni è riportato in "Institutiones Biblicae" 1, 1951, 228-232. torna al testo

(12) per uteriori ruagguagli cfr M.S. Lagrange, "Introduction a l'étude du N.T.. Histoire ancienne du canon du N.T.", Paris 1933, 156-158. torna al testo

(13) PG XXVI, 1176, 1436. torna al testo

(14) Cfr C.R. Gregory, "The Canon and the text of the N. Testament". New York 1907, 266-267. torna al testo

(15) E.F. Harrison, "La Parola del Signore, Introduzione al N. Testamento", Modena 1972, 114. torna al testo

Dopo questo questo settimo capitolo della seconda parte dell'opera " Il Romanzo della Bibbia", relativa al Nuovo Testamento, di Franco Rossi, edito dalla Libera Facoltà Biblica Internazionale di Via Del Bollo 5, Milano, 1980, puoi proseguire la lettura nell' ottavo capitolo .