LA CENA
DEL SIGNORE

di Fausto Salvoni

CAPITOLO QUINTO
MIRACOLI EUCARISTICI

Indice
1) Fenomeni nelle persone
2) Fenomeni sulle sacre specie
3) Conclusione

Usualmente i miracoli eucaristici non sono portati dai teologi a sostegno della transustanziazione, anche se non di rado li utilizzano per sorreggere la fede della gente semplice.

Il miracolo eucaristico, particolarmente volto a confermare la fede nel mistero della reale presenza, è pertanto fuori discussione quanto alla sua possibilità e alla sua efficacia probativa, ma è soggetto a tutte le cauzioni, che una sana critica storica impone (A. Piolanti, Miracoli  Eucaristici, in Enc. Catt. 8 1067-1068).

Per la teologia cattolica la transustanziazione, o mutamento della sostanza del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo, è certamente un fenomeno miracoloso, che però non è percepibile dai nostri sensi. Tuttavia alcuni fatti sensibili e straordinari, come il cambiamento dell'ostia in carne e del vino in sangue, la levitazione e la conservazione di alcune ostie, sono dei fatti controllabili. La devozione cattolica è costellata da molti di questi fenomeni, che qui posso quasi solo elencare essendo impossibile darne una critica particolareggiata.

1) Fenomeni nelle persone

a) Aiuto divino nei miracoli

Si narra che alcune persone vennero miracolosamente guarite per la loro devozione eucaristica, mentre altre, che agirono sacrilegamente verso le ostie consacrate, ne subirono una punizione gravissima. Segno che la presenza di Cristo agisce nell'ostia consacrata. Il Piolanti rimanda ad alcuni casi riferiti dai padri della chiesa, che io ho voluto esaminare di persona senza però trovarvi quanto il teologo afferma (Gregorio Magno, Dialoghi 3, 36 PL 77, 304).

L'episodio narrato da Gregorio Magno più che di un miracolo eucaristico, parla di una particolare provvidenza divina, non necessariamente miracolosa. Secondo lui Massiminiano, vescovo di Siracusa, sorpreso in alto mare da una furiosa tempesta che ne squassava la nave,

dopo aver preso il corpo e il sangue del nostro Salvatore e Dio Gesù Cristo, egli e i suoi compagni gli affidarono le loro anime. Ma Dio onnipotente che aveva prima atterrito le loro menti, salvò miracolosamente le loro vite.

Infatti la nave, priva di alcuna possibilità di manovra, arrivò fortunosamente al porto di Crotone.

Migliore è l'episodio riferito da Gregorio Nisseno relativo alla sorella Gorgonia e di cui il Piolanti non parla: essa potè guarire da una malattia quando, andata all'altare, prese in mano, mischiandoli con le lacrime, « gli antitipi del prezioso corpo e del prezioso sangue». Quel Gesù che aveva già guarito la donna sofferente di sangue, perché aveva toccato la frangia del mantello di Gesù, fece lo stesso in questo caso. Tale guarigione si allinea a quelle che si avverano tuttora nei santuari mariani di Loreto, Fatima e particolarmente di Lourdes. In essi, quando il sacerdote durante la processione eucaristica, si ferma a benedire con l'ostia consacrata i singoli ammalati, talora provoca, anche se raramente, delle guarigioni istantanee dovute a una forza improvvisa che pervade gli infermi. Questi episodi rientrano nel quadro dei miracoli creati dalla suggestione favorita dalle invocazioni ritmicamente scandite da un sacerdote o da un barelliere, che con insistenza grida: « Signore, fa che io ci veda... Signore! che io cammini! che ci veda... che cammini... che ci veda... Signore! che ci senta...» e vi dicendo. Nella coreografia del momento esse acquistano talvolta una suggestività enorme, atta a scatenare le capacità di recupero di una persona, facilmente suggestionabile per la debolezza del proprio fisico.

Per le azioni punitive si può risalire alla stessa lettera ai Corinzi dove leggiamo:

Quindi ognuno esamini se stesso e così magi del pane e beva del vino, perché colui che mangia e beve, mangia e beve la propria condanna se non discerne il corpo. Per questo molti di voi sono deboli e infermi e muoiono in buon numero. Se invece esaminassimo noi stessi, non saremmo condannati (1 Co 11, 28-36).

Va notato che secondo Paolo l'esame della propria persona deve essere fatta direttamente da chi accede alla cena del Signore – mangiando del pane e bevendo del vino – senza dipendere dal giudizio di altre persone: «esamini se stesso». Il cristiano che accede alla cena deve saper distinguere non solo in teoria, ma anche nella pratica la differenza tra pasti compiuti per sfamarsi e questa cena comunitaria, per cui «se non discerne il corpo », chi vi accede si attira la condanna divina. Il fatto che qui, pur parlando del pane e del vino, si dica solo che egli deve « discernere» il «corpo » (senza «il sangue») ci induce a ritenere che tale «corpo » riguardi la chiesa che è il corpo del Signore, e non quello di Cristo. Tanto più che la specificazione « (corpo) del Signore » che si trova in alcuni manoscritti, manca nei principali. Di fatto la colpa di quei di Corinto consisteva nel mancare di amore gli uni per gli altri, perché alcuni, senza attendere i fratelli, si ubriacavano mentre altri pativano la fame. Quindi l'apostolo conclude:

Perciò fratelli miei, quando vi riunite per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. Se qualcuno ha fame, mangi a casa sua, affinché non abbiate a riunirvi a vostra condanna.

La colpa stava proprio in questo riunirsi dimenticando le esigenze dell'amore fraterno. A motivo di tale colpa i Corinzi erano condannati, ossia puniti dal Signore. Di che punizione si tratta?

1. Spirituale. Qualche autore, anziché intendere alla lettera le parole «molti sono deboli, infermi e ne muoiono in gran numero», pensano ad una punizione spirituale. La colpa contro l'eucaristia recava debolezza nello spirito e morte nell'anima.

Tuttavia il termine «dormire» si riferisce usualmente al riposo notturno oppure al riposo della morte fisica, per cui sembra logico riferire anche qui le parole di Gesù alla morte fisica e alla malattie corporee. Inoltre nel caso delle malattie spirituali non si capirebbe il ragionamento di Paolo: anzitutto chi può capire se uno è spiritualmente ammalato, infermo o morto, quando lui stesso ci proibisce di giudicare gli altri (1 Co 4, 5). Quello che è spirituale è invisibile mentre qui Paolo parla di una realtà a tutti visibile. Inoltre il suo suggerimento che « quando Dio ci condanna lo fa per correggerci, per evitarci la punizione assieme a quelli del mondo» (v. 32), non quadra con l'interpretazione spirituale. Sarebbe un ben strano ragionamento il dire che Dio punisce con malattie spirituali, anzi con la stessa morte dell'anima per condurre le persone a salvezza! Questo si capisce per la malattie fisica, la quale, facendoci riflettere ci induce, almeno nell'intento divino, a modificare la nostra condotta spirituale.

2. Si tratta di malattie e di morte fisica . E' Il senso logico che si deduce dal contesto e dalle stesse parole: « il debole» (asthenés) è colui che è fisicamente ammalato e « l'infermo» (àrrostos) è colui che ha una malattia più grave del precedente. Mentre molti (pollòi) cristiani di Corinto sono tali, un discreto numero (ikanoi) muore. I morti non sono così numerosi come i precedenti, ma sono pur sempre in numero discreto, da non potersi trascurare. In che modo Dio produce questa malattia a morte?

a) Direttamente affermano alcuni – adducendo l'intervento di Dio che ai primi tempi della chiesa, per ammaestrare i credenti, produceva malattie e morte in modo da condurre i colpevoli alla conversione. Avremmo qui un intervento particolare di Dio, riservato ai primi tempi del cristianesimo. Saremmo in una situazione simile a quella di Anania e Saffira puniti di morte da parte di Pietro (At 5) o a quella dell'incestuoso di Corinto «dato da Paolo in balia di Satana », perché fosse colpito da malattie in modo da salvargli l'anima (1 Co 5).

b) Non è però necessario ricorrere a tale diretto intervento divino. Spesso la Bibbia attribuisce direttamente a Dio, anche quello che proviene, sì da lui, ma solo tramite cause seconde. La malattia è attribuita a Dio, anche se viene da cause naturali; spesso nel concetto biblico la malattia è frutto del peccato al pari della morte. E' Dio infatti che «fa morire e vivere », è «dalla sua mano che noi riceviamo il bene e il male» (1 Sm 2, 6 s). Con la giustizia portata dal re messianico « nessuno dirà in Gerusalemme: Io sono malato! » (Is 33, 24). Ciò appunto si attuerà nella Gerusalemme celeste: « La morte non vi sarà più, né più vi sarà cordoglio, lamento o pena, perché tutte queste caratteristiche del tempo precedente sono passate » (Ap 21, 4).

In tale caso sarebbe stato proprio il comportamento anticomunitario dei Corinzi, che per la loro ingordigia e mancanza di amore fraterno, avrebbe fatto sgorgare alcune malattie e provocato qualche morto; fatti che Paolo, secondo il metodo biblico, riferisce direttamente a Dio, anche se provocati da cause seconde. Si noti come Paolo biasimi il gozzovigliare di tali cene, l'ubriachezza di alcuni, per cui è facile capire come, anche naturalmente parlando, tale comportamento potesse recare malattie di vario genere e procurare anche una morte anticipata. Se i cristiani avessero invece cercato una maggiore fraternità, pronti anche a mangiare di meno per renderne partecipi i bisognosi, allora sarebbero evidentemente diminuiti i casi di malattie e di morte. Ecco l'insegnamento perenne di questo brano assai discusso. Ad ogni modo vorrei concludere che qui non si parla di punizione perché si offende il Cristo presente nel pane e nel vino, ma di punizione perché si offende, nel prossimo, il Cristo presente nella comunità che ne è il corpo.

Ottato di Milevi (m. 390 circa) riferisce il caso di quegli eretici donatisti che:

fecero dare l'Eucaristia ai cani. Ma ciò non avvenne senza punizione divina. Infatti quei cani spinti dal furore, dilaniarono con dente vindice gli stessi loro padroni rei del corpo santo, come se fossero dei ladroni del tutto sconosciuti o dei nemici (Ottato di Milevi, De Schismate donatistarum 2, 19 PL 11, 972).

Tuttavia egli continua a parlare di punizione anche per coloro che avevano gettato dalla finestra l'ampolla del crisma o commesso altri sacrilegi, dai quali risulta che l'offesa riguardava tutte le cose sacre e non specificamente il fatto che nell'ostia è presente Gesù. Si comprende poi naturalmente il furore degli animali, se si pensa che l'eucaristia comprendeva allora pure il vino, il quale doveva per forza eccitare le bestie. Vi sarebbe stata la stessa colpa anche se il pane fosse stato ritenuto puro simbolo del corpo di Gesù.

Gregorio di Nazianzo (m. ca 390) per il desiderio di passare subito ad altre cose, non volle descrivere le punizioni « che avvennero contro i sacri altari» (tàs ieràs trapézas), parole che forse si riferiscono all'eucaristia. Ma la sua espressione è così generica che non si può dedurre nulla di preciso.

Agostino (m. 430) narra di una bimba:

che, scappati i genitori per paura e abbandonata dalla nutrice, dopo aver subito molti sacrilegi demoniaci da parte della stessa nutrice, fu portata in chiesa dove le si portò l'Eucaristia (che allora si dava anche ai bambini); ma essa la sputò e la respinse con movimenti straordinari. Ora a me sembra che ciò si sia avverato per opera divina per insegnare agli adulti che non ci si può accostare all'Eucaristia senza essere pentiti (Agostino, Ep. 98, 4 PL 33,361).

Ma anche qui non vi è nulla di miracoloso; quante volte i bambini sputano quello che non è loro gradito!

Più recentemente, si parla di paralisi o di morti improvvise che sarebbero occorse a Lovanio-Bruxelles (1369), a Volterra (1471), a Boston (1834). Tali fenomeni, se storicamente fossero certi, rientrerebbero nei fenomeni patologici creati dalla paura inconscia provocata dal subcosciente, la quale scatena un collasso cardiaco o la paralisi di qualche membro del corpo. Non mancavano fenomeni del genere, specie in passato, in che schiaffeggiava un sacerdote, in quanto ciò era ritenuto un grave sacrilegio comportante la punizione divina. La paralisi è un modo inconscio con cui l'individuo punisce se stesso di un fatto peccaminoso. Non prova affatto l'esistenza di gesù nell'eucaristia, ma documenta solo la reazione patologica dell'organismo alla convinzione di aver commesso un atto grave contro Gesù ritenuto presente nell'ostia consacrata. Fenomeni simili si avverano anche in paure improvvise o in fatti scioccanti che nel caso di un pericolo grave provocano paralisi o il collasso cardiaco della persona coinvolta.

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2) Fenomeni sulle sacre specie

Vari fenomeni miracolosi sono riferiti non alle persone che si accostano alla comunione, bensì all'ostia o al vino consacrati. I fenomeni possono raggrupparsi in diverse categorie.

a) Luminosità delle ostie e piccole raffigurazioni di Gesù in esse

L'ostia consacrata sarebbe divenuta luminosa, tra altri casi, a Torino (1453), di cui parlerò più estesamente in seguito, a Paterno presso Napoli (1772). Vi si sarebbe vista l'immagine di un piccolo Gesù a Braine (1153), a Ulmes nella diocesi di Angers (1668).

Anzitutto questi fatti sono in gran parte scarsamente attendibili per assenza di critica storica. Anche se fossero storici rientrerebbero nel fenomeno assai facile dell'allucinazione o dell'illusione ottica, quale non di rado si verifica presso la gente del popolo sempre a caccia di fenomeni straordinari. Basti ricordare nella recente storia italiana la illusione di molta gente che vedeva muoversi alcune statue di Maria e il fenomeno di Fatima circa il sole che sembrava gettarsi sulla terra in miriadi di colori. Basti ricordare, come nel Medio Evo, non poche persone si illudevano di vedere Satana, di avere rapporti carnali con esso (demoni incubi e succubi), di partecipare a cene truculente nella famose riunioni dei sabba. Che si trattasse di pura illusione risulta dal fatto che quelle stesse persone, dopo aver mangiato tutto quel cibo, si sentivano più affamate di prima. Di fronte a fenomeni così strani, perché non si potrebbe intendere come illusioni anche i fenomeni luminosi o le immagini di gesù riguardanti le ostie consacrate?

b) Levitazione di ostie

E' assai noto il caso della beata Imelda Lambertini, che entrata a 10 anni nel monastero domenicano di S. Maria Maddalena di Valpietra, fuori delle mura bolognesi, vi morì giovanissima, il 12 maggio 1333 probabilmente dodicenne, perché se ne ignora la data precisa della nascita. Siccome alla religiosa ancora troppo giovanissima veniva insistentemente negata l'eucaristia, il Signore provvide a comunicarla miracolosamente con un'ostia che. levitandosi, volò per l'aria e si posò sopra la sua lingua. Raccoltasi in preghiera la beata, fu poi trovata esamine. Tuttavia la notizia sopra riferita proviene da una « tenue tradizione » (A Redigonda, Lambertini Imelda, in Ecc. Catt. 7, 837) che non è criticamente documentata.

Anche Caterina da Siena (m. 1380) sarebbe stata comunicata prodigiosamente e più volte dall'ostia, che sollevandosi, le si poneva in bocca. Questi ed altri episodi miracolosi furono sottoposti a critica assai severa dal cattolico R. Fautier, che giunse a conclusioni del tutto negative.

Curioso l'episodio di Torino. Il 6 giugno 1943 due soldati rubarono un ostensorio da una chiesa poco lontana dalla città, e vendettero la refurtiva ad alcuni mercanti che la portarono a Torino. Ma nell'ostensorio stava racchiusa l'ostia consacrata, per cui quando costoro giunsero davanti alla chiesa di S. Silvestro, il mulo portante gli oggetti rubati, si impuntò e non volle andare oltre. Il sacco con la refurtiva si aprì e me uscì l'ostensorio che stette librato in alto, mentre l'ostia diveniva luminosa. Vi arrivò il vescovo in processione, che, innalzato verso l'ostia consacrata un calice, pregò perché vi scendesse. L'ostia si posò allora sul calice e fu portata trionfalmente nella cattedrale torinese.

Anzitutto la storicità di questo e simili episodi è assai discussa; nel caso che fossero veri rientrerebbero nei fenomeni di levitazione o telecinesi ben noti alla metapsichica e dei quali si cerca ora di dare una sua interpretazione naturalistica senza interventi supernaturali. Anche se si volesse ammettere una causa al di là delle normali leggi di natura, non è ancora detto che vi sia intervento divino: varie cause possono venir addotte, oltre Dio, come spiriti demoniaci o burloni. Da essi non si può poi arguire la presenza di Gesù nell'ostia consacrata. Dinanzi a tutti questi problemi non è saggio addurre nemmeno al popolo dei fenomeni non ben documentati o non probativi.

c) Conservazione di ostie

Si tratta di ostie che normalmente sarebbero dovute andar distrutte. Ricordo i due casi più noti di Siena e di Faverney.

1. Siena. Si tratta di 223 particole consacrate il 14 agosto 1730, trafugate la notte successiva da Siena, furono manomesse, asportate e ritrovate dopo tre giorni di affannose ricerche in una cassetta di elemosine nella vicina chiesa di S. Maria in Provenzano, tra ragnatele, polvere e qualche moneta. Riportate solennemente nella basilica di S. Francesco a Siena, si riscontrò che il loro numero corrispondeva perfettamente a quello delle ostie trafugate. Avvolte in un corporale, furono allora depositate nel ciborio in attesa della loro decomposizione, che non si è ancora avverata.. Dopo circa 50 anni furono deposte in un vaso sacro, nel quale ogni anno sono portate in processione, esposte al pubblico senza che si sia notato un sensibile alteramento della loro composizione.. Esaminate scientificamente il 10 giugno 1914, da una commissione di scienziati, si constatò che esse risultano di vero pane azzimo e si trovano in uno stato di buona conservazione, mentre di solito le ostie non si mantengono intatte più di quattro o cinque anni. La predetta commissione ha rilevato che le ostie, confezionate in estate e quindi più facilmente alterabili, furono rubate, nascoste in una cassetta di elemosine, ripulite dalla polvere e dalle ragnatele, contate una ad una, lasciate per 50 anni in un corporale, spostate più volte da un vaso all'altro. Nel 1951, rubate una seconda volta, giacquero incustodite per molte ore in un angolo del ciborio alquanto umido, e da allora sono in perenne contatto con il pulviscolo, il caldo e il freddo dell'atmosfera attraverso il vaso non ermeticamente chiuso.

Eppure sono passate indenni attraverso tutte queste peripezie senza subirne alcun danno apprezzabile. per cui il Prof. Grimaldi concluse: « Digitus Dei est hinc. Questa conservazione è un miracolo ».

2. Faverney. La notte dal 26 al 27 giugno 1618, in questa cittadina francese non molto lontana dal confine svizzero, si incendiò l'altare e l'ostensorio con l'ostia consacrata, che vi stava depositata, stette sollevato in mezzo al fumo, attaccato ad una grata per la piccola croce che lo ornava in alto, mentre tutto il resto restava sospeso senza alcun appoggio. Vi stette così per 33 ore, poi al momento dell'elevazione durante una Messa scese su di un altare improvvisato e riprese la sua posizione normale. Il protestante Federico Veuillard, che assistette al prodigio, ne fu talmente colpito, che si convertì al cattolicesimo e credette alla presenza reale di Gesù nell'eucaristia. E' miracoloso il fatto che l'ostia si sia conservata illesa in mezzo alle fiamme.

Anzitutto la conservazione di cibo o altro si è avverata in modo straordinario anche in altri casi: dalle tombe faraoniche sono stati tratti semi di grano risalenti a parecchi millenni di anni fa, capaci tuttora di germinare. Quanti fenomeni anormali esistono senza che si debba gridare subito all'intervento divino. Anche imponendo le mani su un pezzo di carne (personalmente ne ho fatta esperienza!), si può conservarla a lungo esposta al sole senza che si corrompa a causa dei microbi, mentre altri pezzi non trattati così, vanno subito in putrefazione. Bisogna quindi essere cauti nel gridare al prodigio. Anche per l'ostia di Faverney trovata avvolta dal fumo, bisognerebbe conoscere bene come si siano svolti i fatti, che cosa gettò l'ostensorio in alto prima di essere colpito dalle fiamme, che cosa vi è di veramente storico e quale abbellimento vi fu dato 9in seguito.

d) Ostie e calici sanguinanti

Si ricordano moltissimi casi che mostrano nell'ostia o nel calice il sangue di gesù tra cui quelli di Offida. di Ferrara (1171), di Alatri (1228), di Firenze (1230), di El Cebrero (metà del 13° secolo), di Bolsena (1263) e di Berlino (1510). Le ostie di Avignone nel 1554, forate da colpi di pugnale, lasciarono cadere del sangue; quelle di Gand nel 1554, rubate da alcuni ladri e quella di Napoli nel 1581 profanata da chi l'aveva ricevuta nella comunione, persero sangue in abbondanza.

1. Il miracolo di Lanciano, l'antica Anxanum dei Frentani custodisce il primo miracolo eucaristico. Il «prodigio» avvenne nel secolo VIII d. C. nella chiesetta di S. Legonziano. Un monaco basiliano, mentre celebrava l'Eucaristia, fu assalito da forti dubbi sulla presenza reale del Signore. A consacrazione avvenuta, il miracolo! L'ostia diventò Carne viva ed il vino si mutò in Sangue vivo, raggrumandosi in cinque globuli, irregolari sia per forma che per grandezza. Tuttora, la Carne conserva forma e grandezza dell'ostia grande in uso nella liturgia cattolica latina. E' leggermente bruna. Il Sangue è coagulato, di colore terreo, tendente la giallo ocra. Dal 1713, la Carne è conservata in un artistico ostensorio d'argento, cesellato con gusto. Il Sangue è contenuto da una ricca e antica ampolla di cristallo.

Che sia veramente carne e vero sangue risulta dalla ricognizione scientifica, compiuta nel novembre del 1970, dal prof. Odoardo Linoli, libero docente di anatomia e istologia patologica, in chimica e microscopia clinica, primario degli ospedali riuniti di Arezzo.

Ecco il risultato delle indagini presentato al santuario del miracolo il 4 marzo 1971.

«La Carne è vera carne. Il Sangue è vero sangue. La Carne è costituita da tessuto muscolare del cuore (miocardio). La Carne e il Sangue appartengono alla specie umana. La Carne e il Sangue hanno lo stesso gruppo sanguigno (AB). Nel Sangue sono state ritrovate le proteine normalmente frazionate con i rapporti percentuali quali si hanno nel quadro siero-proteico del sangue fresco normale. Nel Sangue sono stati anche ritrovati i minerali: cloro, fosforo, magnesio, potassio, sodio e calcio. La conservazione della Carne e del Sangue, lasciati allo stato naturale per dodici secoli ed esposti all'azione di agenti fisici atmosferici e biologici, rimane un fenomeno straordinario»

Che si tratti di carne e sangue di un uomo è quindi accettabile. Ma si tratta poi del sangue e della carne di Gesù? La documentazione storica è poi sicura? Il Lessico Ecclesiastico edito dall'Utet alla parola Lanciano non esita a parlare di « leggenda».

2. El Cebrero. La storia è narrata dal cronista generale dell'Ordine benedettino P. Yepes ed è ricordata in due bolle pontificie del 15° secolo. Alle porte orientali della Galizia si erge il picco El Cebrero (m. 1300) sul cammino francese verso S. Giacomo di Compostela, dove nel 9° secolo il cavaliere francese Giraldo, conte di Aurillac, aveva fondato un'abbazia benedettina con un ospedale e un ospizio per i pellegrini. Verso 1l 13° secolo in una fredda giornata, mentre tutto era letteralmente sommerso da un nevischio turbinoso, il cappellano stava celebrando la Messa, quando appena dopo la consacrazione, vi arrivò un contadino. Il celebrante non si sarebbe mai atteso la presenza di una persona con un tempo così orribile e pensò tra sé: «Ecco che arriva questo pazzo, con una simile tempesta, a vedere un po' di pane e un po' di vino». Ma d'improvviso davanti ai suoi occhi, sbalorditi, l'ostia divenne carne e il vino sangue. I contadini narrarono che la Madonna di El Cebrero adorasse il miracolo inchinandosi. per oltre duecento anni l'ostia e il sangue del miracolo furono conservati nei vasi sacri. Attualmente si trovano in un reliquiario, regalato verso la fine del 15° secolo dai sovrani Isabelle e Fernando.

3. Gli annali di Camaldoli narrano che il P. Lazzaro di Venezia, priore del monastero di Bagno, nel 1412, dopo la consacrazione dell'ostia fu assalito da dubbi circa la presenza di Gesù nell'eucaristia. Il vino prese allora l'aspetto del sangue vermiglio, ribollì, traboccò dal calice sul corporale, che tutt0ra si conserva in quel luogo nella chiesa di S. Maria.

4. nel 1429 a Alkmaar in Olanda, durante la S. Messa un sacerdote fece cadere alcune gocce di vino sopra la pianeta, che lasciarono sulla stoffa delle macchie rosse quasi fossero sangue. Fu tagliata allora quella parte della pianeta per bruciarla con il fuoco (come purificazione), ma si dice che la stoffa, rimasta sospesa al di sopra delle fiamme, non bruciasse ed è venerata come preziosa reliquia (dal 1897).

5. Bolsena. Il miracolo avvenne nel 1263, al tempo in cui la dottrina di Berengario, arcidiacono di Angers (Francia), contrario alla presenza reale del corpo di Cristo nell'eucaristia, minava l'insegnamento cattolico. Pietro da Praga, un sacerdote di origine boema, assalito da dubbi, decise di recarsi a Roma per implorare sulla tomba di Pietro la risposta al suo angoscioso problema. Durante il viaggio sostò a Bolsena, diocesi di Orvieto, dove si mise a celebrare la Messa nella chiesa di S. Cristina. Dopo la consacrazione il prete versò sbadatamente un goccia di vino sul corporale e cercò di sfregarla via, ma la goccia si diffuse per tutto il corporale trasformandosi in macchie sanguigne tondeggianti in forma di ostia. In seguito si è detto che gocce di sangue fossero uscite dall'ostia al momento della sua rottura o in quello dell'elevazione; anzi si è perfino aggiunto che l'ostia si fosse trasformata in carne e che macchie di sangue siano scese anche sopra le pietre dell'altare. Allora il sacerdote, tremante e atterrito, coprì il calice con la patena, vi pose sopra il corporale, portò tutto in sacrestia e fuggì via.

Ecco come tale miracolo viene descritto in una lastra di marmo del 1673, secondo il documento ufficiale, che traduco dal latino.

Al tempo in cui Urbano IV (1261-1264) con tutta la sua corte soggiornava in orvieto, vi fu un certo prete teutonico, ottimo in ogni virtù sacerdotale, ma dubbioso sul mistero della transustanziazione. Costui peregrinando alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo ed ai luoghi insigni della Chiesa, giunto in Bolsena, diocesi di orvieto, sostò in questa presente chiesa di S. Cristina ed in questo luogo detto, in lingua volgare, delle pedate per le impronte dei piedi della martire Cristina impresse su una grande pietra basaltica, ed in questo luogo prese a celebrare la S. messa. Ma al momento della consacrazione, mentre teneva l'ostia sopra il calice, pronunciate le parole rituali, cosa ammirevole e stupenda, tanto per gli antichi quanto per i moderni tempi, l'Ostia apparve visibilmente arrossata da sangue stillante, tranne nei due punti a contatto con le dita del celebrante. Al sacerdote mancò la forza di continuare il rito, e pieno di confusione e sgomento avvolse le specie eucaristiche nel corporale e nei lini sacrificali, e vacillante li portò in sacristia, riponendole nel sacrario.

Ripresosi dallo sbigottimento e sgomento per la propria scarsa fede, si recò nella vicina Orvieto, dove soggiornava il papa Urbano IV al quale confessò il suo dubbio, chiedendo perdono ed assoluzione, ottenendoli.

Il Sommo Pontefice, profondamente commosso, ordinò che il venerabile corpo di cristo fosse traslato nella chiesa orvietana dedicata a Maria Vergine, e comandò al vescovo di orvieto di recarsi immantinente a Bolsena nella chiesa di S. Cristina. Qui giunto, con grande devozione prese e trasportò poi, accompagnato da clero e popolo di Bolsena, le Sacre Reliquie fino al ponte sul Riccharo, dove il Romano Pontefice, con i Cardinali, chierici e religiosi e con grande moltitudine, con profonda devozione ed effusione di lacrime, inginocchiatosi, assunto con le proprie mani il venerabile Sacramento, lo portò alla cattedrale orvietana e lo ripose, con ogni possibile onore, nel sacrario della stessa chiesa.

Urbano IV, fervoroso devoto dell'eucaristia, informato del prodigioso evento, dalla sua residenza di orvieto volle che gli si portasse il corporale, e con grande pompa di cardinali, ministri e maggiorenti della città, di gran folla di popolo osannante con rami di olivo, depose il sacro lino nel tempio di orvieto. Più tardi gli si edificò il famoso duomo «vero giglio d'oro di tutte le cattedrali » dove si conserva tuttora in una cappella il prezioso reliquiario, opera di Ugolino di Vieri, sommo orafo senese (1338) con il corporale del miracolo.

Fino al 1951 si pensava che tale miracolo avesse indotto Urbano IV a stendere la sua bolla Transiturus per istituire in tutta la chiesa la festa del Corpus Domini; ma dopo gli studi di A. Lazzarini appare che la bolla era già stata scritta prima che si avvenisse al miracolo di Bolsena. Viceversa l' 8 settembre 1264 un corriere straordinario partì a spron battuto da orvieto per Liegi con un contr'ordine del papa: anziché iniziare la celebrazione della festa l'anno seguente (1265) doveva venire celebrata il giovedì successivo alla recezione del messaggio. Perché tale contr'ordine? Si è pensato al miracolo di Bolsena, che avrebbe indotto il papa ad anticipare tale festa. E' possibile, anche se non certo, perché in una lettera papale del 9 settembre 1264, indirizzata alla beata Eva di Liegi, il papa dice di aver solennizzato lui stesso ad orvieto una grandiosa festa del « Corpus Domini », senza attendere il tempo da lui fissato nella bolla, ma non allude affatto, come sarebbe stato naturale, al miracolo di Bolsena che l'avrebbe indotto a tale passo.

Ad ogni modo, nonostante l'abbondanza di documenti il miracolo è tuttora soggetto a critica. Ma pur accettandolo come dato storico, va ricordato che la visione di Pietro da Praga può essere stata occasionata da macchie di fungo (bacillus prodigiosus o monas prodigiosa) che d'improvviso copre di muffa, rossa come il sangue, i farinacei come è l'ostia e l'amido del corporale. L'umidità e la penombra della cappella possono aver favorito la realizzazione del fenomeno senza ricorrere all'apporto inconscio di sangue come suggerisce il Pioli.

Non mi dilungo a parlare della figura di Cristo, di carne o di un fanciullo apparsa nella s. ostia, in quanto il fenomeno è troppo soggettivo e storicamente poco controllabile. Anche Tommaso d'Aquino ammette la possibilità che il Cristo possa apparire e agire nell'eucaristia, ma discute il modo con cui ciò possa accadere.

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3) Conclusione

I cosiddetti miracoli eucaristici sono storicamente discutibili, in quanto risalgono in gran parte al Medio Evo e la loro documentazione storica lascia molto a desiderare. Qualora alcuni di questi fatti fossero riconosciuti come storici non necessariamente documentano l'intervento di Dio. Anche a prescindere da un intervento demoniaco ad opera dell'anticristo, già all'opera dal tempo di Paolo (2 Te 2, 9), si possono spiegare come fenomeni naturali insoliti, oppure frutto di allucinazione, suggestione, forze occulte. Ad ogni modo, fossero pure fenomeni divini, non servono affatto a difendere la presenza sostanziale di Gesù nell'eucaristia, in quanto anche l'omaggio o l'offesa ai simboli diviene un omaggio o un offesa al Gesù che vi è simboleggiato.

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