GENESI - LA STORIA PATRIARCALE
ABRAMO (Ge 12, 1 - 25, 11)
VITTORIA DI ABRAMO SUI RE ORIENTALI.
INCONTRO CON MELCHISEDEC (Ge 14)

INDICE
Introduzione
Schieramento dell'esercito nemico v. 1
Contingente della truppa amica v. 2
Fasi della battaglia vv. 3-9a
Il numero del contingente ed azione vv. 9b -12

La vittoria dell'eroe vv. 13-17
Intervento della divinità: Melchisedek vv. 18-20
Le azioni dopo la vittoria vv. 21-24

Introduzione

La gran parte degli studiosi sono concordi nel ritenere che il capitolo 14 contiene uno dei racconti più difficili e più discussi, non solo della storia dei patriarchi, ma dell'intera tradizione storica dell'Antico Testamento.

Si distingue anzitutto da tutti gli altri episodi riguardanti i patriarchi perché coinvolge Abramo in un avvenimento mondiale che vede due coalizioni di re schierate in lotta l'una contro l'altra. La figura di Abramo ci viene quindi presentata come quella di un forte condottiero, molto diversa da come appare negli altri episodi in cui é invece descritto come un mite pastore nomade.

Anche dal punto di vista formale, per quanto riguarda il genere letterario, l'episodio é descritto in maniera diversa. Gli avvenimenti infatti non vengono trattati con evidenza ed espressività di particolari, ma semplicemente riferiti come in una nuda cronaca.

Quasi ogni frase é piena di dati molto antichi, sia storici che geografici; tanto da indurre l'autore a spiegare i nomi delle località antiche con nomi più attuali e comprensibili al lettore. Questo fatto e le recenti scoperte sull'antico Oriente ci fanno pensare che il Redattore abbia attinto i dati da un'antichissima tradizione che viene inserita nella storia del patriarca per giustificare il suo intervento nella liberazione di Lot ed il suo successivo incontro con Melchisedec, il re sacerdote di Salem.

Molto probabilmente questa antica tradizione é stata ricavata da una cosiddetta "Stele di vittoria ", un tipico genere letterario dell'antico Oriente in cui venivano descritti episodi di guerra fra opposte coalizioni seguendo un ben preciso schema letterario. Negli scavi dell'antico Oriente furono scoperte parecchie di queste "Stele di vittoria". Una fra queste ad esempio quella di Zakir di Hamãt, eretta nel 780 ad Apiš, a sud di Aleppo.

Molto verosimilmente, nell'antica tradizione, la spedizione punitiva dei quattro re orientali era finalizzata al controllo della famosa via commerciale tra la Siria ed il Mar Rosso, mentre lo scontro nella Valle di Siddim é solo un episodio secondario, avvenuto durante il ritorno. Per l'autore sacro, che é invece interessato alle vicende di Lot e di Abramo nella regione di Sodoma, quest'ultimo episodio acquista un'importanza centrale, per cui egli avrebbe sfruttato la stele di vittoria per i suoi scopi particolari e specifici.

Attualmente pertanto il capitolo appare senz'altro come una glorificazione di Abramo, che salva Lot, che riconquista il bottino preso a Sodoma, che disprezza i doni offertigli da un re, e che riceve la benedizione di Melchisedec.

Di conseguenza anche la struttura attuale del testo ha rivoluzionato quella che era la sua forma preletteraria. Questa forma preletteraria, secondo G. von Rad, sarebbe stata in origine una epopea preisraelitica, che trattava solo della campagna dei re orientali contro le città di Canaan, a cui in seguito sarebbe stato aggiunto l'intervento di Abramo, già amalgamato, però, con la storia di Melchisedek. Praticamente, a ciò che é narrato nei vv. 1-11 (epopea preisraelitica), viene aggiunto l'intervento di Abramo e la storia di Melchisedek (vv. 12-24).

Secondo H. Cazelles si trattava invece di una stele di vittoria, in cui si parlava anche di Abramo, rifusa ed arricchita da aggiunte esplicative da un Redattore non tanto recente. Rifusione questa, secondo E. Galbiati, fatta non confusamente ma secondo uno schema ben preciso detto " della costruzione concentrica totale " 3+1+3.

Naturalmente tutte queste sono soltanto supposizioni. Certo é che questo brano, pieno di nomi e di località antiche, ad una prima lettura superficiale del testo, può presentarsi in maniera confusa. É necessario quindi cercare di suddividerlo nelle varie componenti per evidenziare la parte riguardante l'introduzione e la parte che invece rappresenta l'oggetto principale della narrazione. Seguendo ad esempio lo schema della " Stele di vittoria " o il semplice schema biblico 3+1+3 (già impiegato altre volte) è possibile, come vedremo, comprendere quale é stato lo scopo principale dell'autore, che prendendo come pretesto lo scontro fra le due coalizioni di re (i 4 re orientali contro i 5 cananei), ha sviluppato e messo in evidenza solo i temi che gli interessavano e cioè l'intervento di Abramo a favore di Lot, la sua vittoria e quindi la benedizione da parte di Melchisedec..

Schema riassuntivo del capitolo 14
1) Schieramento dell'esercito nemico
Amrafel re di Scina r
Anok re di Ellasur
Kedorlaomer re di Elam
Tideal re delle nazioni

v.1
2) Contingente della truppa amica:
Bera re di Sodoma
Birsha re di Gomorra
Scinab re di Admah
Sceneber re di Tseboim
 re di Bela (cioè Tsoar)

v.2
3) Fasi della battaglia :
Accampamento a Siddim
Campagna dei re orientali
Ritorno dei re orientali
Re Cananei
Re orientali   

vv. 3-4
vv. 5-6
v.7
v.8
v. 9a

4) Il numero del contingente ed azione
Numero dei combattenti       
Teatro della Battaglia          
Sconfitta dei re cananei       
Bottino dei re orientali           
Prigionia di Lot          

v. 9b
v. 10a
v. 10b
v. 11
v. 12

6) La vittoria dell'eroe :
Mamre, Eshkol, Aner. Servi
Prigionieri cananei. Bottino
Incontro con il re di Sodoma (sconfitto)
vv.13-14
vv.15-16
v. 17
5) L'intervento della divinità:
Melchisedek
v. 18-20
7) Le azioni dopo la vittoria :
Proposta del re di Sodoma
Risposta (rifiuto) di Abramo per sé stesso
Riserva per gli alleati (Mamre, Eshkol,Aner) e i Servi (giovani)
v. 21
vv.22-23

v. 24
 
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Schieramento dell'esercito nemico v. 1

"Or avvenne al tempo di... ". Tanto la vecchia stele quanto l'autore sacro iniziano il componimento facendo l'elenco dei re orientali intervenuti nella spedizione. I nomi di questi re non sono ancora stati identificati con alcuno dei monarchi orientali conosciuti dai testi profani. Però non sono nomi inventati in quanto esistono dei nomi simili nel periodo amorritico o per lo meno hanno delle forme proprie di quel periodo.

Amrafel re di Scinar. Anche se con Scinar la Bibbia designa Babilonia e la Mesopotamia in genere, nessuno oggi sostiene più l'identificazione di Amrafel con il famoso Hammurabi, come si era fatto nel passato.

Ariok re di Ellasar. I vecchi assirologi pensarono al re di Larsa. Ma i moderni, invece, fondati sulle scoperte di Mari e di Nuzu si sono orientati su un re che avrebbe avuto un nome simile al figlio, di cui si parla nelle tavolette Hurritiche di Nuzu, la cui patria potrebbe essere Ilanzura.

Kedorlaomer re di Elam. Il nome del re é autenticamente elamitico. La prima parte del nome é un elemento comunissimo nella onomastica teoforica dell'Elam; significava "servo di una divinità", ed é portato da parecchi re; la seconda parte ricorda la dea Lagamer e si trova nella formazione di parecchi nomi. Sfortunatamente, però, nelle liste dei re elamitici (del resto molto incomplete), questo nome non si legge.

Tideal re delle nazioni. Il nome di questo re si rifà alla forma originaria Tudhalia, con la qua-le si designano alcuni re Hittiti. Se gli altri nomi ci riportano al periodo amorrita-Hurritico, si potrebbe pensare a Tudhalia I, che regnò verso la fine del secolo XVII.

Anche se nessuno di questi quattro re di Ge 14 possa essere sicuramente identificato con dei re storici, é certo però che i loro nomi hanno un fondamento nella cultura amorritica-Huttitica dell'Alta Mesopotamia. A questa cultura ci riporta anche il fatto che questi quattro sono confederati fra di loro in vista di una spedizione militare. Queste confederazioni sono comunissime nel periodo di Mari.
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Contingente della truppa amica v. 2

Il Redattore segue ancora la vecchia stele presentandoci l'elenco della confederazione amica composta da cinque re cananei. Questo elenco, però, a differenza del primo, sembra avere un carattere fittizio in quanto i nomi dei primi due re menzionati (Bera e Birsha) appaiono formati secondo la nota regola rabbina bôshet (di onta, di confusione). Inoltre l'esegesi rabbinica – già del periodo dei targumin e dei midrashim – dà a tutti i quattro nomi un'interpretazione piuttosto negativa: Bera sarebbe stato un figlio cattivo, oppure " cattivo contro Dio e cattivo contro il genere umano "; Birsha, un figlio malvagio; Scinab, uno che ammassa ricchezze o, peggio, uno che odia suo padre; Scemeber, uno che fa a sé stesso delle ali, sbattendole per ribellarsi a Dio.
Bera e Birsha sono rispettivamente re di Sodoma e di Gomorra. Queste due città sono diventate, per gli scrittori sacri, come il simbolo dell'ira distruttrice di Dio (Gr 49, 18; 50, 40). Ira che si esasperò, perché esse vivevano nell'orgoglio, nella abbondanza del pane e nell'ozio indolente; erano altezzose e commettevano abominazioni; non sostenevano la mano dell'afflitto e del povero (Ez 16, 49-50). Benché queste invettive si riferiscano alle due città distrutte dei capitoli 18 e 19, pure, secondo il Redattore, già prima di Ge 14 "
la gente di Sodoma era grandemente depravata e peccatrice contro l'Eterno " (Ge 13, 13).

Scinab re di Admah. Il nome del re é di ottima fattura mesopotamica. Sin (il dio della luna) é padre. Anche la città di Admah fu una città di confine del Canaan (Ge 10, 19), e come le due precedenti fu fatta segno dell'ira distruttrice di Jahvé (Dt 29, 23).

Scemeber re di Tseboim. Anche questo quarto re ha un nome di origine amorritica. Il primo elemento é shumu, nome, oppure figlio ed erede; il secondo elemento é abâru, essere forte. Quindi il nome shumu-abâru significherebbe il figlio é forte, oppure il suo nome é durevole, saldo. La città di Tseboim é unita alla precedente dal profeta Osea, sempre per presentare un esempio dell'ardente ira di Dio che si sfoga contro la cattiveria ingrata dei suoi amici (Os11, 8). E con  le precedenti tre città costituisce anch'essa il confine meridionale del Canaan (Ge 10, 19b).

Re di Bela (che é Tsoar). Per ultimo si ricorda il non nominato re di Bela. Nel fatto che il quinto re non ha nome si é visto volentieri un segno di attendibilità storica, perché un narratore che inventasse non sarebbe stato imbarazzato a dargliene uno. Molto probabilmente il redattore si é attenuto strettamente a quanto trovato nella tradizione antica. Tale redattore inoltre si preoccupa di spiegarci che Bela, avendo cambiato nome, ora, cioè ai suoi tempi, si chiama Tsoar. É chiaro in questo mutamento di nome, il ricordo di Genesi 19, 20, secondo cui questa città, dopo l'affondamento della valle di Siddim (bela significa un avido divoramento), fu risparmiata per le preghiere di Lot. Tsoar, essendo appunto piccolina, ha anche il significato di gente di umile condizione, gente piccola, degna della misericordia di Dio (Cfr anche Zc. 13, 7). Probabilmente si trova nell'angolo Sud-Est del Mar Morto. Secondo una tradizione ebraica, ripresa anche da Girolamo, sembra che questa piccola città sia stata distrutta da un terremoto.
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Fasi della battaglia vv. 3-9a

Accampamento (ribellione): v. 3 " Tutti questi ultimi si radunarono nella valle di Siddim (che é il Mare Salato)".Il traduttore della versione Nuova Diodati con l'aggiunta della parola "ultimi" intende precisare che si tratta della coalizione dei re cananei. Costoro infatti schierano le proprie truppe nella valle di Siddim. Trattandosi di un termine geografico molto antico, non più usato ai tempi dell'autore, egli ci informa che questa località corrisponde al Mare Salato. Con questo termine geografico nella Bibbia viene chiamato l'attuale Mare Morto (Nm 34, 3; Gs 3, 16; Gs 15, 5). La valle di Siddim corrisponderebbe quindi a quella pianura che é stata poi sommersa dal Mare Morto in occasione del cataclisma che distrusse Sodoma, Gomorra e le altre città vicine, come ci viene descritto da Ge 19, 24-25.28.

v. 4 "Per dodici anni erano stati soggetti a Kedorlaomer, ma al tredicesmo anno si ribellarono ". Anche se non provato direttamente dalla storia, é molto probabile un dominio elamitico nella Siria e nella Palestina. É stato, infatti, accertato dalle scoperte archeologiche che tra i secoli XVII e XVIII a.C. ci fu un'espansione degli Elamiti verso Nord . É possibile quindi che in questo periodo di pressione verso Nord, un elamita di nome Kedorlaomer, confederato ad un amorreo come Amarafel, ad un Hurrita come Ariok e ad un hittita come Tideal, abbia spinto le sue truppe fino al Mar Rosso per assicurare uno sbocco commerciale al suo impero.

Campagna dei re orientali. vv. 5-6 " Nell'anno quattordicesimo Kedorlaomer e i re che erano con lui vennero e sbaragliarono i giganti ad Ashterot-Karnaim, gli Zuzim ad Ham, gli Enim a Shaveh-Kiriathaim. Gli Horei nella loro montagna di Seir fino a El-Paran, che é presso il deserto". L'azione ora si sposta sulla coalizione dei re orientali che, partendo dall'Eufrate, combatte contro i popoli ribelli, lungo la cosiddetta "via del deserto ", detta anche "strada regia" che, attraverso Damasco, congiunge la Mesopotamia al Mar Rosso. L'autore segue questo esercito vittorioso soltanto dalla Transgiordania in poi e cioè quando entra nel quadrante geografico che più lo interessa direttamente. Lo scopo principale di questa spedizione non era tanto quello di affrontare i re cananei, schierati nella valle di Siddim, le cui forze non preoccupavano certamente i re orientali, ma piuttosto quello di aprirsi una via commerciale verso il Mar Rosso, sbaragliando i popoli che maggiormente ostacolavano il loro cammino in quella direzione. Infatti, soltanto nella strada di ritorno, essi affrontano i re cananei.

I popoli che essi affrontano per primi sono i giganti (o Refaim, o anche Refei) di Ashterot-Karnaim. Costoro sono vecchi popoli precananei, entrati nel mistero leggendario. Nei testi di Ugarit sono considerati una comunità di uomini immortali, quasi semidei, addetti al culto dei morti. Nella Bibbia abitano parte a Ovest (Ge 15, 20; Gs 17, 15; 2° Sm 21, 16; Is 17, 5) e parte ad Est del Giordano, specialmente nel Bashan, dove Og regnò come ultimo loro rampollo (Dt 3, 11; Gs12, 4). Il gruppo vinto da Kedorlaomer abitava ad Ashterot-Karnaim, non lontana dalla valle dello Yarmuk, identificata con Tell 'Ashtarah, a 6 Km Sud-Est di Tsil e a 23 Km. nord-ovest di Edrè'î (Derã'). Il nome così composto appare solo in questo passo e significa " Astarte dalle due corna ", con riferimento, forse, ai due picchi della montagna su cui si ergeva. Negli altri passi paralleli é nominata solo con il nome di Ashterot (Dt 1, 4; Gs 9, 10; 13, 12.31).

Gli Zuzim ad Ham sono nominati soltanto in questo versetto; a meno ché non li possiamo identificare con gli Zamzummim di Dt 2, 20, secondo cui sarebbero popolazioni preammonite. Sicché anche l'ignota Ham potrebbe considerarsi come una trascrizione di un documento accadico di 'Ammon'.

Gli Emim a Shaveh-Kiriathaim. Questi popoli sono dei premoabiti. Essi abitano a Shaveh-Kiriathaim, nella " valle delle due città" (Gr 48, 23; Ez 25, 9; Nm 32, 37).

Tutti e tre questi popoli, i Refaim (o giganti), gli Zuzim e gli Emim, entrano nella narrativa popolare, che li considera come esseri superiori, di gigantesche misure e legati con i dolmen (Dt 2, 10 s.; 20 s.; 3, 11; 13b). Difatto essi sono gli aborigeni della Transgiordania, che incominciarono a scomparire dalla storia locale alla fine del Bronzo Medio I (1700 ca. a. C:), molto probabilmente in seguito alla spedizione di Kedorlaomer.

Gli Horei nella loro montagna di Seir fino a El-Paran (che é presso il deserto). É sicuro che il termine biblico Horei sia la trascrizione esatta di Hurru degli accadici e di Huru dei testi egiziani. Due termini con cui sono designati gli Hurriti dell'alta Mesopotamia, del regno dei Mitanni, e della Siria e della Palestina. Alcuni studiosi per vari motivi si sono chiesti se sia storicamente possibile identificare gli Horei del cap. 14 di Genesi con gli Hurriti. Nel più grande disaccordo alcuni lo negano ed altri invece lo affermano fondati sul fatto che realmen-te gli Hurriti in quell'epoca si sarebbero spostati dalla Mesopotamia del Nord verso il Sud, compresa la Transgiordania meridionale e dai nomi che possiamo trovare in Ge 36, 20-30.

La località geografica dove abitava questo popolo é la montagna di Seir fino a El-Paran. Questa regione montagnosa oggi é chiamata Eš-Sherãh, e si eleva ad est dello Wãdi el 'Arabah (Dt 1, 2; 2, 12.21). La catena corre fino al golfo dell'Aqabah, dove si trova l'oasi di El Paran che prende il nome dalle palme ('el = alberi di grande fusto, terebinto, querce, palme per lo più legate con il culto) che vi crescevano. Questa oasi costituiva una tappa obbligatoria per chi si voleva spingere fino all'Egitto (1° Re 11, 18), attraverso il deserto omonimo, detto pure et-Tih (Ge 21, 21; Nm 10, 12).

Ritorno dei re orientali. v. 7 "Poi tornarono indietro e vennero a En-Mishpat, (che é Kadesh), e saccheggiarono l'intero territorio degli Amalekiti e anche degli Amorei, che abitavano ad Hatsatson-Tamar". Invece di continuare verso l'Egitto, i re orientali ritornarono indietro, risalendo prima l'Arabah meridionale, e poi piegando verso il centro della penisola del Sinai, lungo lo Wãdi el Gerãfi e lo G. Umm Bãred, difficile e montagnoso, giungendo a En-Mishpat (che é Kadesh). Probabilmente si tratta qui di un santuario (kadesh significa appunto "santo"), ove si faceva il giudizio di ordalia (Mishpat significa decisione giudiziale) per mezzo dell'acqua santa. La fonte sacra si chiama dal tempo del Redattore fino adesso Kadesh e durante l'Esodo fu un frequentato centro religioso di primaria importanza, per circa 38 anni (Nm 13, 26; 20, 1.13).

Giunti in questa località i re orientali saccheggiarono l'intero territorio degli Amalekiti. Costoro sono un popolo di nomadi, celebri razziatori, della regione settentrionale del Sinai, da Kadesh fino al Neghev (Nm 13, 29). Furono, tra i più accaniti nemici, i primi ad ostacolare l'esodo verso Canaan del popolo ebraico (Nm 14, 43 ss.). E una volta che gli Ebrei si furono sedentarizzati, non cessarono di molestarli con continue incursioni (Gdc 3, 13; 6, 4-33; 7, 12). Saul (1° Sm 15), Davide (1° Sm 27, 8) ed Ezechia (1° Cr 4, 43) dovranno ancora combatterli. Il nostro testo afferma che questo popolo fu sconfitto dai re orientali sulla strada di ritorno in patria. Nessun documento storico ci parla di questo né degli altri fatti di guerra, solo perché i nomadi non sono soliti lasciare traccia di sé; del resto neppure i loro piedi lasciano delle orme durature su una sabbia che muta continuamente!

Anche gli Amorei che abitavano ad Hatsatson-Tamar subirono la stessa sorte degli Amalekiti. Questi Amorei difficilmente si possono identificare con gli Amorriti dei documenti accadici, né con quelli egiziani, che abitavano nel Mât Amurri, comprendente la Fenicia e la Siria (Nord Canaan). Anche secondo i documenti di Tell el Amarna gli Amorriti abitavano nel Libano. Dei testi biblici solo Gs 13, 4 sembra interessarsi della storia di questi Amorei settentrionali. Tutti gli altri testi collocano gli Amorei nella Transgiordania settentrionale a Nord di Moab (Nm 21, 13); altri nella stessa Palestina (Gs 24, 8), tanto nelle zone montagnose (Nm 13, 29; Dt 1, 7) che in quelle del piano (Gdc 1, 34 ss.). Si può quindi pensare che l'uso del termine Amorei non corrisponda ad un reale impero amorritico nella Palestina sia ad est che ad ovest del Giordano. Molto probabilmente é dovuto all'uso dell'antico babilonese di estendere l’ideogramma MAR.TU (proprio degli Amorriti) non solo alla Fenicia e alla Celesiria, ma anche alla Palestina; oppure all'uso degli Assiri, dopo TIGLAT-PILSER (1114-1076), di chiamare Amurru (o « Paese dell'ovest ») tutta la zona che si estende da Palmira al Mediterraneo, compresa la Terra Santa.

É da notare che le tradizioni E e D sono solite chiamare amorrite le popolazioni palestinesi preisraelitiche, dette invece cananee dalla tradizione J.

Il nostro testo fa abitare questi Amorei nella Palestina meridionale e precisamente nella città di Hatsatson-Tamar che gli esegeti identificano con la semplice Tamar di cui si parla in Ezechiele 47, 19 e 48, 28. Questa città é chiamata *amarw da Tolomeo (XVI, 8) e Thamara dai Bizantini. Si tratterebbe delle rovine di Kurnub ancora visibili ai nostri giorni.

I re cananei. v. 8 "Allora il re di Sodoma, il re di Gomorra, il re di Admah, il re di Tse-boim ed il re di Bela, (che é Tsoar), uscirono e si schierarono in battaglia contro di loro, nella valle di Siddim". Impauriti dall'avanzare dell'esercito orientale vittorioso, i re cananei si schierano in ordine di battaglia nella valle di Siddim. Dal contesto appare chiaramente che questa valle non doveva essere molto lontana dalla città di Hatsatson-Tamar e quindi doveva estendersi a sud del Mar Morto, sul cammino delle truppe nemiche che avanzavano. I re cananei vogliono evidentemente porre ostacolo a questa avanzata. Dato che la lotta entra ormai nei confini della terra promessa ad Abramo e dato che tale avanzata é anche causa della prigionia di Lot (v. 12), essa diventa il centro del racconto dell'autore sacro che ne sottolinea ogni particolare. Tralasciando i nomi, già ricordati al v. 2, l'ordine dei re cananei é lo stesso. Il re di Sodoma, menzionato per primo, é il capo dello schieramento.

I re orientali. v. 9a "contro Kedorlaomer re di Elam, Tideal re delle nazioni, Amrafel re di Scinar e Ariok re di Ellasar". I re orientali sono gli stessi già nominati al v. 1., ma l'ordine diverso in cui vengono elencati indica che il capo di questo schieramento é kedorlaomer re di Elam.
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Il numero del contingente ed azione vv. 9b -12

Dopo aver dato il numero del contingente (che nella stele di vittoria costituiva un tema a parte), lo scrittore sacro descrive il teatro della battaglia, racconta inoltre la sconfitta, e, parlando dei prigionieri, sottolinea che tra di essi c'é anche Lot, figlio del fratello di Abramo. É proprio questo particolare a giustificare la comparsa nella scena del patriarca che é appunto l'eroe di tutta questo racconto.

Numero dei combattenti. v. 9b "quattro re contro cinque". Secondo lo stile della su menzionata " stele di vittoria" viene precisato il numero dei re che compongono gli opposti schieramenti. Si fronteggiano infatti quattro re orientali e cinque re cananei.

Teatro della battaglia. v. 10a "Or la valle di Siddim era piena di pozzi di bitume". Nell'ebraico la ripetizione di una parola é un modo di esprimere la moltitudine della cosa indicata da questa parola. Nel nostro caso specifico " bè'erot - bè'erot = pozzi-pozzi" indica chiaramente un seguito di pozzi. Tutti gli autori profani che parlarono del Mar Morto furono concordi nel sottolineare la grande quantità di bitume che galleggiava sulle sue acque. Tanto che i greci lo chiamarono Lago asfaltide. Il nostro autore ne ritrova la causa nei numerosi pozzi che sarebbero stati attivi ancor prima dell'immersione della regione. Ci troviamo quindi in questo caso in presenza di una etiologia.

Sconfitta dei re cananei. v. 10b "e i re di Sodoma e di Gomorra si diedero alla fuga e vi caddero dentro: e quelli che scamparono fuggirono al monte". Nella descrizione della sconfitta dei re cananei, l'autore ci informa che parte dei fuggitivi cadde nei pozzi della valle, mentre i rimanenti si posero in salvo sulle montagne circostanti. Il testo ci parla dei re di Sodoma e di Gomorra, non però come individui, ma come rappresentanti delle proprie truppe. Più avanti infatti ritroviamo il re di Sodoma che va incontro ad Abramo vincitore nella cosiddetta "Valle del re (v. 17) e tratta con lui i termini della disfatta (vv. 21 ss.).

Bottino dei re orientali. v. 11 "
Così i vincitori presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra e tutti i loro viveri, e se ne andarono ". Come conseguenza di una vittoria, nell'antichità era prescritto il saccheggio della città sconfitta in vista del bottino. Il termine ebraico che significa sostanza e beni, viene letto dai LXX con il corrispondente termine ebraico che significa invece cavalleria. Se dobbiamo dar credito a questa lezione dei LXX, avremmo qui una nota cronologica per l'intero capitolo, dato che la cavalleria militare entra nel Medio Oriente solo nel sec. XV. Questo concorderebbe con i testi ugaritici che parlano dei giganti (i Refa'im), nominati al v. 5, come di guerrieri che usavano i cavalli ed i carri da guerra. I critici però non condividno tale lezione, anche se questa ipotetica confusione del LXX avvenga solo qui ed in nessun altro posto dell'A.T.

Prigionia di Lot. v. 12 "
Presero anche Lot, figlio del fratello di Abramo, con i suoi averi, e se ne andarono. Lot abitava in Sodoma". Questa notizia della prigionia di Lot serve a legare la prima parte del racconto con la seconda che più interessa all'autore sacro. La cattura di Lot con tutti i suoi averi provoca infatti l'intervento di Abramo che é l'eroe principale dell'intero racconto.
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La vittoria dell'eroe vv. 13-17

Per ragioni ideali il Redattore, diversamente dallo stile della "stele di vittoria ", descrive prima la vittoria di Abramo e poi la benedizione di Melchisedek, che costituirà il tema centrale di questa seconda parte del racconto.

Mamre, Eshkol, Aner e i servi . vv. 13-14 "Ma uno degli scampati venne a dirlo ad Abramo l'Ebreo, che abitava alle querce di Mamre, L'Amoreo, fratello di Eshkol e fratello di Aner, i quali avevano fatto alleanza con Abramo. Quando Abramo seppe che suo fratello era stato fatto prigioniero, armò gli uomini addestrati, servi nati in casa sua, in numero di trecentodiciotto, e inseguì i re fino a Dan "

Uno degli scampati viene ad avvertire Abramo che in questa occasione é identificato come l'Ebreo, cioé come uno di quegli enigmatici 'Apiru di cui abbiamo già parlato a pag. 156, nel capitolo riguardante L'ORIGINE ETNICA DEI PATRIARCHI, nel paragrafo relativo a " I senza patria". Costoro erano sempre pronti a difendersi con le armi in ogni occasione.

Quando gli arrivò l'ambasciata, Abramo era accampato sotto le 'Querce di Mamre ' che in questa occasione non indica più, come in Ge 13, 18 la località di Hebron dove si trovava il famoso santuario omonimo, bensì il nome dell'Amoreo a cui apparteneva, molto probabilmente, questo santuario. Sono nominate anche altri due persone che compaiono come fratelli di Mamre e, tutte e tre, come alleate di Abramo. Il termine ebraico usato per "alleati", indica i partecipanti di un patto giurato e i membri di una confederazione. Il termine " fratelli ", quindi, più che un vincolo di sangue e di parentela, indica in questo caso un vincolo confederativo, come avveniva spesso fra gli Amorei. Poiché molto spesso i clan venivano designati soltanto con il nome del loro capo, in questo caso siamo autorizzati a pensare che intorno al santuario di 'Mamre' si era formata una confederazione di cui facevano parte gli Amorei di Mamre, di Eshkol, di Aner e gli 'Apiru di Abramo. Si trattava quindi di un esercito composto da un numero di combattenti abbastanza cospicuo, non indifferente  per quei tempi, e non soltanto dei 318 servi mobilitati da Abramo. Questi ultimi, ci viene precisato, erano nati in casa, cioè legati alla famiglia e quindi pronti all'occorrenza anche ad impugnare le armi. A capo di questo esercito Abramo, alla notizia che Lot era stato condotto in prigionia dai re orientali, si avvia ad inseguire i vincitori fino a Dan. É chiaro che Dan é un'annotazione redazionale in quanto questa località, prima dell'occupazione israelitica, era conosciuta con il nome di Lais. A meno che tale frase " fino a Dan ", non stia qui ad indicare l'estremo limite nord della Terra Promessa da cui Abramo perciò avrebbe cacciato i nemici.

Prigionieri cananei. Bottino . vv. 15-16 "Egli divise le sue forze contro di loro di notte, e coi suoi servi li attaccò e li inseguì fino a Hobah, che é a sinistra di Damasco. Così recuperò tutti i beni e riportò indietro anche Lot suo fratello e i suoi beni, come pure le donne e il popolo".

Frutto di questo inseguimento é la sconfitta dell'esercito nemico addormentato (v. 15) ed il recupero dei prigionieri e del bottino (v. 16).

La manovra di Abramo diverrà classica nella strategia ebraica (Gdc 7, 16;1° Sm 11, 11; Gb. 1, 17; 1° Mac. 5, 33): divisione del contingente in tre schiere, attacco notturno di sorpresa, inseguimento fino a tardo giorno. Sicché le truppe avversarie scompigliate, potessero essere decimate ed il bottino recuperato.

Abramo dopo averli sbaragliati, insegue i nemici fino a Hobah, che secondo l'autore si trova a settentrione di Damasco. Secondo parecchi esegeti si tratterebbe della regione stessa di Damasco. Altri, più in sintonia con l'autore che la separa da Damasco, identificano la città di Hobah con un'altra città a Nord di Damasco. Chi con Choba (Gr. Cwba) di Giuditta (4, 4; 15, 4-5); e chi con Helbon di Ezechiele (27, 18).

Segue l'elenco dei beni recuperati da questa razzia che sono tutti i beni predati dalla spedizione dei re orientali e cioè Lot e i suoi averi, le donne e i soldati fatti prigionieri.

Incontro con il re di Sodoma (sconfitto). v. 17 "Dopo il suo ritorno dalla sconfitta di Kedorlaomer e dei re che erano con lui, il re di Sodoma gli andò incontro nella valle di Saveh, (che é la Valle dei re)".

Avendo udito che Abramo ritornava vittorioso dalla battaglia contro Kedorlaomer ed i suoi alleati, carico del bottino recuperato e con i prigionieri riscattati, il re di Sodoma gli andò incontro nella Valle di Saveh, che l'autore ci precisa essere la Valle dei re. Gli esegeti sono d'accordo nel pensare che tale valle si trovi nei dintorni di Gerusalemme, ma non riescono ad identificarla esattamente. Le numerose proposta finora fatte di identificazione non soddisfano completamente.

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Intervento della divinità: Melchisedek vv. 18-20

Interrompendo chiaramente il racconto, il redattore ha dato alla pericope una forma unitaria e l'ha immessa nella narrazione. Originariamente, nella stele di vittoria, l'intervento della divinità era suddiviso in due parti: la benedizione prima della battaglia e la benedizione dopo la vittoria.

Melchisedek. vv. 18-20 "
Allora Melchisedek, re di Salem portò pane e vino. Egli era sacerdote del Dio Altissimo. E benedisse Abramo dicendo: «Benedetto sia Abramo dal Dio Altissimo, padrone dei cieli e della terra! E benedetto sia il Dio Altissimo, che ti ha dato nelle mani i tuoi nemici!». E Abramo gli diede la decima di ogni cosa"

La scena si apre con la comparsa improvvisa di Melchisedek, che offre pane e vino e viene presentato come re di Salem e sacerdote del Dio Altissimo. Era piuttosto comune a quei tempi che il re di una città ne fosse anche il sacerdote. Secondo la maggior parte degli esegeti moderni, la città di Salem corrisponderebbe all'antica Gerusalemme.

Come sacerdote Melchisedek benedice Abramo. Egli però non é, come ci si potrebbe aspettare, sacerdote del Dio locale, ma del Dio Altissimo ('El 'Elyon). Questa antica divinità cananea era distinta dal 'El, di cui anzi sarebbe stato il padre. Per questa ragione era nominato "Altissimo". Anche in alcuni passi molto antichi della Bibbia, 'Elyon é considerato come Dio supremo, unico e senza rivali (Nm 24, 16; Dt 32, 8; Is. 14, 14; Sl 9, 2).
 
Con il tempo però, tanto nell'ambiente fenicio, come in quello biblico, 'Elyon fu spodestato da 'El e da Ba'al-Jahvé, i quali presero il nome del loro padre come un appellativo che sottolineava la loro caratteristica, sicché abbiamo come nel nostro passo: 'El 'Elyon (= il Dio Altissimo) (vedi anche Sl 78, 35); 'Elöhîm 'Elyon (Sl 47, 2). É chiaro che. nell'ambiente biblico, non si risenta più della mitica teogonia fenicia, e che il titolo 'Elyon si riferisce al Dio vero, monoteistico; anche se magari Melchisedek, re-sacerdote di Salem, non ne abbia compresa tutta la portata religiosa.

A nome di 'El 'Elyon, Melchisedek benedice Abramo. Nella stele di vittoria questa benedizione era data due volte dall'indovino dell'esercito, sia prima che dopo la battaglia. L'autore invece nella sua composizione biblica la fa dare una sola volta dopo la vittoria con la chiara intenzione di mettere  tutta l'azione di Melchisedek come tema centrale del racconto.

Il testo della benedizione é chiaramente liturgico e ritmico. Astraendo dai particolari del contesto fa riferimento a nemici in genere. Riferendosi al Dio Altissimo, Melchisedek lo designa come "
Padrone del cielo e della terra". Questa espressione sembra possedere un significato originario ed uno redazionnale.
 
Possiamo infatti intenderlo come "Padrone e Signore del cielo e della terra", ma anche come " Creatore del cielo e della terra". La radice del termine ebraico si presta molto bene  a questo duplice valore. Senz'altro il redattore ha voluto dargli il significato di " Creatore". Originariamente, però, quando questa benedizione si trovava prima della battaglia, deve aver avuto il senso di possedere e quindi "Padrone del cielo e della terra". Melchisedek ad Abramo che partiva per la lotta augurò che 'El 'Elyon, che possedeva il cielo e la terra, lo benedicesse, lo facesse, cioé, compartecipe del suo dominio universale, e perciò anche del dominio dei nemici che doveva attaccare.

La prima parte della benezione ha come oggetto Abramo. La seconda parte, invece, ha come oggetto 'El 'Elyon stesso, il quale viene ringraziato (certamente dopo la vittoria), perché come padrone assoluto dell'umanità, ha consegnato nelle mani di Abramo i suoi nemici. Melchisedek constata il fatti della vittoria ed incita Abramo a manifestare la sua gratitudine al Dio che lo ha protetto.

Abramo, generoso e pio, come di solito facevano i generali dell'ambiente accadico e forse anche cananeo, offre la decima del bottino al Dio 'El 'Eloym di Melchisedek. L'Ebreo che portava la sua decima al Tempio poteva ricordare che il padre del suo popolo, proprio vicino alla città santa, aveva già pagato un simile canone. (Dt 12, 11; Dt 14, 22-27).

Certamente l'azione di Abramo dovette risalire ad una grande antichità, perché in nessuna epoca della storia israelitica, dopo la conquista di Canaan, avrebbe potuto crearsi una leggenda in cui Abramo, il fondatore di Israele e "
l'amico di Dio " (Is. 41, 8), riceve la benedizione di un cananeo e, a sua volta, lo riverisce come  sacerdote con il pagamento della decima.

Questa comparsa improvvisa della figura di Melchisedk, la benedizione che ne é seguita e l'ossequio da parte di Abramo con il pagamento della decima, ha offerto lo spunto ad altri autori biblici per sviluppare alcuni interessanti temi di carattere teologico che vedremo di esaminare.

Il tema di Melchisedek viene ripreso dal Salmo 110 che da più parti viene indicato come un salmo messianico. Questo Salmo, infatti, nel N.T. é applicato a Gesù Cristo, anzitutto da Gesù stesso, come risulta in Mt 22, 41-44 e paralleli (Mc. 12, 35-37; Lc. 20, 41-44). Lo fa anche l'apostolo Pietro nel suo primo discorso a Gerusalemme, il giorno della Pentecoste, in cui ci fu la discesa dello Spirito Santo in forma straodinaria sui discepoli (At. 2, 34-35). Pure l'apostolo Paolo, parlando ai Corinzi, attribuisce il Salmo 110 a Cristo (1° Co 15, 25).

Se nel N.T. quindi la figura di Melchisedek é vista come il tipo del futuro Messia. é sopratutto la lettera agli Ebrei (7, 1-28) che sviluppa il tema della tipologia tra il sacerdozio di Melchisedek e quello del Cristo, l'uno e l'altro superiori a quello di Levi. La ragione di tale superiorità sta nel fatto che tanto quello di Cristo come quello di Melchisedek non sono sacerdozi fondati sulla "
generazione", come quello di Levi, ma sulla Parola di Dio; per cui non durano solo una vita naturale, ma tutta l'eternità. Del resto tale superiorità fu confessata da Abramo, padre di tutti gli Ebrei e perciò anche dai sacerdoti Leviti, quando si curvò per ricevere la benedizione del sacerdote di 'Elyon e grato gli offrì la decima di tutto il bottino.

A proposito del sacerdozio "
secondo l'ordine di Melchisedek", trattato in modo particolare nel capitolo settimo della lettera agli Ebrei e che viene inequivocabilmente riconosciuto a Cristo stesso, fa meraviglia constatare che esista ancora in seno al cristianesimo una divisione dei fedeli in clero (sacerdoti) e laici. I primi avrebbero il compito di far accedere i secondi alla grazia divina.

Viene spontaneo chiedersi di quale sacerdozio possiamo oggi parlare. Non certamente del sacerdozio secondo l'ordine di Aronne in quanto, avendo Cristo portato a compimento la legge di Mosè, i sacerdoti leviti non hanno più alcuna ragione di esistere (Eb. 7, 12). Né tanto meno possiamo parlare del sacerdozio "
secondo l'ordine di Melchisedek", perché quest'ultimo é stato attribuito esclusivamente a Cristo e non può essere trasmesso ad alcuno (Eb. 7, 24).

Se dal punto di vista giuridico non possiamo oggi più parlare di sacerdozio come casta separata di credenti, tanto meno lo possiamo fare se consideriamo il compito che i sacerdoti erano chiamati a svolgere. Essi in pratica erano dei mediatori che dovevano amministrare i rapporti fra Dio ed il popolo. Il popolo non poteva accedere direttamente a Dio se non tramite loro. Nel Tempio ebraico di Gerusalemme esisteva infatti una speciale cortina che separava il luogo Santissimo dalle altre parti. In questo luogo Santissimo, in cui c'era la presenza di Dio, poteva entrare solo il Sommo Sacerdote una volta l'anno per ottenere il perdono dei peccati suoi e del popolo per mezzo di un sacrificio cruento.

Dopo la morte e la resurrezione di Cristo questa cortina é stata squarciata dall'alto in basso (Mt 27, 51) per significare che é stata abolita completamente questa separazione fra Dio e gli uomini i quali mediante la fede in Cristo possono ora accedere liberamente alla grazia divina senza che sia necessario alcun altro mediatore se non Cristo stesso (Eb. 10, 19-22; Cfr. anche 1° Ti 2, 5-6).

In considerazione della libertà che ha oggi il cristiano per mezzo di Cristo di beneficiare della Grazia divina mediante la fede e l'ubbidienza, possiamo parlare come faceva l'apostolo Pietro di "
un sacerdozio regale" e universale, aperto a tutti i credenti (1° Pt. 2, 9). Ogni credente infatti ha oggi il privilegio di presentare sé stesso a Dio quale sacrificio vivente, santo e accettevole (Rom. 12, 1) ed ha anche il privilegio di proclamare al mondo le meraviglie di Dio che li ha chiamati dalle tenebre alla luce (1° Pt. 2, 9) e li ha trasportati nel Regno (Chiesa) del Suo amato Figlio nel quale hanno ottenuto la redenzione ed il perdone dei peccati (Cl 1, 13-14).

Diversa cosa dal sacerdozio sono i servizi che alcuni credenti più maturi ed in possesso di alcuni requisiti ben precisi sono tenuti a svolgere all'interno delle singole comunità locali (1° Ti 3, 1-13; Tt 1, 5-10; Ef. 4, 11-16; At. 14, 23; At. 20, 17-35; ecc). Stiamo parlando naturalmente dei dottori, degli evangelisti, degli anziani o vescovi e dei diaconi che hanno il compito di mettere i propri talenti a disposizione della comunità locale per l'edificazione e la crescita spirituale dei credenti, per sorvegliare che i fedeli non ancora cresciuti nella fede e nella conoscenza divengano facile preda di false dottrine.


Non si tratta di una casta separata, né tanto meno di sacerdoti che amministrano la Grazia di Dio agli altri fedeli, ma semplicemente di credenti più maturi che nel primo secolo venivano designati dagli apostoli o dagli evangelisti da loro incaricati, ma potevano anche essere eletti direttamente dalla comunità locale che riconosceva in alcuni fratelli le doti necessarie per poter svolgere in maniera efficace il compito che veniva loro assegnato (At. 6, 5-6).

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Le azioni dopo la vittoria vv. 21-24

Il Redattore analizza, nel 7° tema della stele di vittoria, le azioni compiute dall'eroe, dopo la vittoria: Rprendendo il discorso interrotto al versetto 17 a causa dell'inserimento nella vicenda di Melchisedek, l'azione si sposta sul re di Sodoma.

Proposta del re di Sodoma. v. 21 "
Poi il re di Sodoma disse ad Abramo: «Dammi le persone, e prendi i nbeni per te»" Generosamente il re di Sodoma offre al vincitore tutti i beni riscattati nella razzia, ma reclama per sé le persone. Il termine ebraico usato qui per " persone " può indicare tanto gli uomini che gli animali. É lo stesso termine già adoperato per indicare genericamente gli " esseri viventi" sia in Ge 1, 20-21.24 (animali acquatici e terrestri) che in G2 2, 7 (l'uomo). Dal contesto, però, si capisce che si tratta dei soldati riscattati.

Risposta (rifiuto) di Abramo per sé stesso. vv 22-23. "
Ma Abramo rispose al re di Sodoma: «Ho alzato la mano all'Eterno, il Dio Altissimo, padrone dei cieli e della terra, che non avrei preso niente di ciò che ti appartiene, neppure un filo o un legaccio dei calzari, perché tu non abbia a dire: — Ho arricchito Abramo — »". Abramo non accetta l'offerta generosa del re di Sodoma perché aveva già fatto un giuramento solenne a Dio di non prendere nulla di ciò che apparteneva ad altri ed in particolare, in questo caso, al re di Sodoma. C'é da notare che qui per bocca di Abramo viene usato il nome di Jahvé, mentre 'El 'Elyon (Il Dio Altissimo) diventa soltanto un suo attributo. Con questa precisazione l'autore sacro vuole dirci che il Dio Altissino di Melchisedek, che aveva benedetto Abramo ed a cui Abramo stesso si era sottomesso con il pagamento della decima, altri non era se non lo stesso Jahvé che aveva fatto le promesse al nostro patriarca. Abramo vuole essere arricchito da questo Dio e non dalla generosità degli uomini perché nessuno possa dire: " Io ho arricchito Abramo ".
Riserva per gli alleati (Mamre, Eshkol e Aner) e i servi (giovani). v. 24 " «Non prenderò nulla per me ad eccezione di ciò che hanno mangiato i giovani e la parte che spetta agli uomini che sono venuti con me: Aner, Eshkol e Mamre, lascia che essi prendano la loro parte» ". Naturalmente il giuramento valeva solo per Abramo, ma non per ciò che avevano consumato i giovani (i servi che avevano combattuto per lui), né per i suoi alleati a cui aspettava, secondo le usanze di quei tempi, una parte del bottino conquistato.