Il capitolo
15 svolge due temi fondamentali quello della posterità e quello
della terra promessa. Questi temi sembrano, a prima vista, trattati in
due blocchi ben distinti: 1-6 per la posterità e 7-21 per il possesso
della terra. Non mancano tuttavia coloro che sostengono l'unitarietà
dell'intero capitolo in quanto erede ed eredità sono strettamente
legati fra loro e l'iniziativa di Dio si manifesta sia nei confronti dell'erede
che dell'attuazione dell'eredità.
Nonostante però l'unità del capitolo, che ci fa pensare
all'opera relativamente tardiva di un Redattore, é impossibile
non riconoscere un'attività preletteraria che emerge qua e là
nel testo con elementi molto antichi, come ad es. la legge sull'eredità
(v. 3) secondo la quale chi non aveva figli, poteva nominare come suo
erede un servo nato nella casa; oppure il rito del patto che consisteva
nell'uccidere degli animali, dividerli in due parti e disporli l'uno di
fronte all'altro in modo che i contraenti potessero passarvi in mezzo,
per stabilire in forma simbolica ciò che sarebbe accaduto a chi prometteva
senza mantenere la promessa. Quest'ultimo rito era comune a molti popoli
antichi come testimoniano i ritrovamenti archeologici e certamente Abramo
ne doveva essere a conoscenza. Di fronte alle perplessità del patriarca,
Dio conferma il suo patto utilizzando un rito prettamente umano comune
nell'antico Oriente.
V. 1 "Dopo queste cose la parola dell'Eterno
fu rivolta in visione ad Abramo, dicendo: «Non temere, o Abramo, io
sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima»
"
Ricollegandosi direttamente ai fatti accaduti nel
capitolo 14, abbiamo qui una manifestazione divina che viena introdotta
con la frase: "La parola dell'Eterno fu rivolta
ad Abramo in visione" a cui segue subito l'oracolo
divino.
La frase "La Parola
dell'Eterno fu rivolta ad...", che viene ripetuta
anche al v. 4, é abbastanza insolita nel Pentateuco e sembra richiamare
piuttosto lo stile profetico conosciuto nei testi ebraici antichi (1°
Sm 15, 10; 2° Sm 24, 11). Il termine "
in visione" denota una visione senz'altro profetica, per lo più
notturna, come viene confermato anche dal v. 5 in cui Abramo viene condotto
fuori per ammirare le stelle. Questo ci fa pensare che Abramo si trovasse
nella sua tenda di sera quando l'Eterno si manifestò a lui per mezzo
di una visione.
Questa conclusione
può sembrare in contrasto con quanto avviene successivamente al
v. 12 in cui si dice che "Verso il tramontare
del sole, un profondo sonno cadde su Abramo
". Se teniamo però presente che la perfetta cronologia degli avvenimenti
non rientra nello stile semitico, possiamo ricostruire i fatti in questa
maniera: Verso il tramonto del sole, mentre si trovava nella sua tenda,
Abramo viene colto da un sonno profondo. Poiché questo sonno profondo
non é la naturale conseguenza di una stanchezza fisica, ma é
provocato da Dio stesso per poter entrare in contatto con lui, uno spavento
ed una oscurità profonda assalgono Abramo che si trova in prossimità
di un avvenimento trascendentale, superiore alle sue capacità di
comprensione. Successivamente avviene la visione vera e propria, che rappresenta
l'oggetto di tutto il capitolo 15, in cui Dio parla direttamente con Abramo,
rassicurandolo sulle promesse riguardanti la discendenza e ed il possesso
della terra da parte dei suoi diretti eredi. Questa ricostruzione degli
avvenimenti ci spiegherebbe come mai Dio in questa visione si rivolga
ad Abramo anzitutto con parole rassicuranti: "
Non temere... ". L'immediato rivolgersi della divinità
all'uomo era sentito dagli antichi come qualcosa di assai più terrificante
di quanto esso non sia per la pietà moderna. Ma Abramo non deve
cedere a questo istinto di terrore che prova l'uomo primitivo di fronte
alla divinità.
Già dall'inizio del capitolo possiamo quindi affermare che
il rapporto tra Dio ed Abramo viene rappresentato nei termini delle vocazioni
profetiche ed ha quindi tutte le caratteristiche di una profezia. Abramo
stesso infatti é una persona profeticamente autorizzata (Ge 20,
7) ed il suo rapporto con Dio ha le stesse modalità che contraddistinguono
i profeti (Nm 24, 4.16). Questa profezia é legata inoltre con un
oracolo della divinità, caratteristico delle visioni profetiche (Ez
13, 7). Un parallelo di questa visione notturna lo possiamo trovare nel
passo di Gb 4, 12-16 in cui questa visione é ricevuta con una viva
lucidità mentale ed é accompagnata anche da particolari fenomeni
psichici.
Alla visione profetica, come abbiamo detto, é
strettamente legato l'oracolo divino. Dopo la solita esortazione a non
temere il contatto mistico con la divinità c’è la promessa
della protezione del Dio personale ed una grandissima ricompensa. La rinuncia
di Abramo ad arricchirsi con i beni offerti dal re di Sodoma viene ricompensata
dal Dio Altissimo di Melchise-dek, signore e padrone del cielo e della
terra, che si avvicina profondamente ad Abramo e gli si offre come protettore.
Lo scudo é una metafora biblica comunissima nel linguaggio liturgico,
per indicare l'attività protettrice di Dio a favore del proprio
amico, essenzialmente debole e sperduto (Dt 33, 29; Sl 3, 3; 7, 10; Pr
2, 7; 30, 5). Una volta che Dio protegge il proprio vassallo, lo fa partecipe
anche della sua ricchezza infinita.
Vv.. 2-3. "Ma Abramo disse:«Signore, Eterno,
che mi darai, perché sono senza figli e l'erede della mia casa
é Eliezer di Damasco?» Poi Abramo soggiunse:«Tu non
mi hai dato alcuna discendenza; or ecco uno nato in casa mia sarà
mio erede» "
A seguito delle parole incoraggianti da parte di
Dio, Abramo avrebbe potuto pensare tanto alla terra promessa, quanto alla
progenie. Non ci può però essere alcuna eredità se
non c’è l'erede. Abramo quindi chiede delle spiegazioni. Come potrà
ricevere la grandissima ricompensa promessa dal momento che non ha figli
e che l'unico erede della sua casa altri non é se non un tale ELiezer
di Damasco? Abramo si lagna con il Dio che gli promette ricchezze e possessi,
ma lo fa morire senza figli e con la prospettiva che ogni suo bene venga
ereditato da un estraneo, non legato a lui da vincoli di sangue, ma da un
semplice contratto di adozione di tipo Hurritico. Secondo questo tipo di
contratto l'adottante poteva adottare una persona a lui gradita che, in vista
dell'eredità, si impegnava ad assistere l'adottante durante la vita
ed a provvedere alla sua sepoltura dopo la morte.
La questione angoscia a tal punto Abramo che, seppure
in termini diversi, ripete la sua lagnanza a Dio. Alcuni pensano che il
v. 3 sia una ripetizione del v. 2 in quanto l'autore sacro, trovandosi in
presenza di due fonti diverse, avrebbe cercato di amalgamarle insieme. Anche
se non possiamo scartare del tutto questa ipotesi, ci sembra abbastanza
verosimile l'insistenza di Abramo dal momento che si trovava nello stato
d'animo di colui che, pur avendo il favore di Dio, non vedeva alcuna prospettiva
di adempimento delle promesse fattegli.
Vv. 4-5 "Allora la parola dell'Eterno gli fu rivolta,
dicendo:«Questi non sarà tuo erede; ma colui che uscirà
dalle tue viscere sarà tuo erede». Poi lo condusse fuori e
gli disse:«Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare»,
quindi aggiunse:«Così sarà la tua discendenza»
".
Ripetendo la stessa frase che era servita ad introdurre
il primo oracolo di Dio, l'autore sacro riporta questo secondo oracolo
con il quale l'Eterno rassicura il proprio protetto: "
non un estraneo, ma colui che uscirà dalle sue viscere sarà
suo diretto erede". Questo in poche parole
significa che, non solo Abramo avrà un figlio suo, ma la sua discendenza
sarà così numerosa come sono numerose le stelle che si possono
ammirare nel cielo. Dio Infatti conduce fuori Abramo e gli fa ammirare
le stelle del cielo che sono prese come paragone per indicare il numero
dei suoi discendenti, numero talmente grande da non potersi neppure contare,
come non si possono contare le stelle che brillano nel cielo notturno. Questo
ci ricorda la promessa già fatta ad Abramo nel capitolo 13, dove
il paragone veniva fatto allora con la polvere della terra. Si tratta ovviamente
di una esagerazione semitica che vuole sottolineare le capacità fecondative
comunicate ad un uomo benedetto da Dio.
La frase "Allora la parola dell'Eterno gli fu
rivolta" sta ad indicare che ci troviamo sempre in presenza di
una visione profetica in cui Abramo, immerso in un sonno profondo, può
comunicare direttamente con Dio.
V. 6 "Ed egli credette
all'Eterno, che glielo mise in conto di giustizia
"
Abramo, senza figli ed ancora pellegrino nella terra promessa, rimette
la propria causa nelle mani di Jahvé, credendolo suo valido protettore
contro il demone della infecondità che perseguita la sua casa. Iddio
gli conta questa sua fede come valida, per ottenere la giustizia.
cioè l'adempimento di tutte le promesse già fattegli.
La frase ha un duplice soggetto: Abramo ha la fede e Dio gli imputa
questo fatto come giustizia. Il cambio implicito di soggetto, in una medesima
proposizione non é una cosa strana nel linguaggio ebraico.
La frase del versetto 6, per il suo profondo significato teologico
é stata più volte ripresa dagli autori del Nuovo Testamento
ed in modo particolare nel capitolo 4 della lettera ai Romani e nel capitolo
3 della lettera ai Galati, nei quali l'apostolo Paolo tratta della giustificazione
per fede. La fede che ha mosso il patriarca Abramo a credere, contro ogni
evidenza, alle promesse di Dio é la stessa fede che deve spingere
oggi i cristiani a credere nella potenza redentrice di Dio per mezzo di
Cristo. Come Abramo per questa fede ottenne giustizia, così oggi i
credenti con la stessa fede possono essere giustificati.
Ma di quale fede si tratta? Di una fede teorica ed astratta che si
manifesta soltanto a parole? A questi interrogativi risponde Giacomo nella
sua lettera al capitolo 2, 14-26 dove viene ripreso ed esaminato lo stesso
passo di Ge 15, 6. sotto un angolazione diversa. La fede di Abramo non
si é fermata soltanto alle parole, ma si é manifestata in
un comportamento ben preciso. Quando Dio gli ha chiesto di offrire l'unico
figlio Isacco sull'altare, Abramo non ha dimostrato alcuna esitazione nell'obbedire
a questa richiesta che lo avrebbe privato del suo unico discendente. Questa
é la fede di Abramo che Dio gli ha messo in conto di giustizia.
Non dobbiamo tuttavia pensare che ci sia divergenza
fra il pensiero di Paolo e quello di Giacomo. Ambedue infatti non potevano
non conoscere la storia patriarcale relativa ad Abramo ed ambedue avevano
senz'altro presente che la fede di Abramo si era manifestata con azioni
concrete. A questa fede ed a questa fede soltanto essi si riferivano quando
la mettevano in stretta relazione con la giustificazione dei credenti.
Essi certamente pensavano ad una "fede operante
per mezzo dell'amore" (Gl 5, 6) che si manifesta
in maniera concreta nella nuova creazione di Dio per mezzo di Cristo (2°
Cor. 5, 17) con l'essere "una nuova creatura
" (Gl 6, 15).
Vv. 7-8 "Poi l'Eterno
gli disse: «Io sono l'Eterno chi ti ha fatto uscire da Ur dei Caldei,
per darti questo paese in eredità». E Abramo chiese: «Signore,
Eterno, da che cosa pos-so io saper che l'avrò in eredità?»
".
Quello stesso Dio che era apparso in visione ad
Abramo, che gli aveva manifestato la sua protezione (scudo) e la sua benedizione
(grandissima ricompensa), che lo aveva rassicurato sulla discendenza ed
a cui Abramo aveva fatto professione di fede, ora si presenta in maniera
solenne e si qualifica come lo stesso Jahvé che lo aveva chiamato
dal paese dei suoi avi, da Ur dei Caldei per dargli in eredità la
terra di Canaan. Questa presentazione da parte di Dio nel contesto della
visione, dopo quanto era avvenuto finora, può sembrare alquanto strana
se non si considera il fatto che la chiamata di Abramo da Ur dei Caldei é
strettamente legata alla promessa dell'eredità della terra di Canaan.
Poiché si stava preparando il rito che doveva sancire in maniera
solenne il patto fra Dio ed Abramo, l'autore sacro ha voluto introdurre
a questo punto la formula solenne di presentazione della divinità
per sottolineare l'importanza del gesto che stava per essere compiuto proprio
in quel momento.
Anche la richiesta di Abramo potrebbe sembrare
strana dopo la professione di fede da lui manifestata poco fa e che gli
era valsa la giustificazione da parte di Dio. Questa richiesta da parte
di Abramo che, nonostante fosse solidamente fondato sulla fede, chiede
un segno su come le promesse saranno mantenute, serve solamente a preparare
l'atmosfera del giuramento solenne da parte di Dio. Secondo la mentalità
del tempo era assolutamente necessario che qualsiasi patto o alleanza fosse
sancita in maniera solenne con un rito tipico che vedremo più avanti.
Vv. 9-11 "Allora l'Eterno
gli disse: «Portami una giovenca di tre anni, una capra di tre anni,
un montone di tre anni. una tortora ed un piccione giovane». Allora
Abramo gli portò tutti questi animali, li divise in due e pose ciascuna
metà di fronte all'altra; ma non divise gli uccelli. Or alcuni uccelli
rapaci calarono sulle bestie morte, ma Abramo li scacciò
".
Gli animali che Abramo deve preparare non sono
in funzione di un sacrificio, ma del rito del Patto; infatti i pezzi di
carne non saranno mangiati o bruciati, ma ricoperti di terra come qualcosa
di maledetto. Si trattava di una misteriosa cerimonia, comunissima nell'ambiente
dell'antico Oriente secondo cui il taglio dell’alleanza era lì a
testimoniare contro i possibili spergiuri della medesima. Gli animali dovevano
essere divisi a metà e le due metà dovevano essere poste l'una
di fronte all'altra in modo da permettere ai contraenti di passarvi in mezzo.
Con questo gesto i contraenti si impegnavano a rispettare l'alleanza
o a subire in caso contrario la stessa sorte degli animali uccisi. (Gr
34,18-20).
Alla preparazione del rito dell'alleanza vengono
predisposti anche una tortora ed un piccione che rappresentano due simboli
della posterità di Abramo, due presagi favorevoli alle nascite
di bambini. Quando la colomba é figura del popolo protetto da Dio,
allora, come nel nostro caso non deve essere divisa, né sacrificata.
Deve solo comparire nel rito.
Ciò che di strano vi é in tutto
questo e anche di unico nella storia delle religioni é che Dio
stesso per stringere un rapporto di unione con Abramo usi quelle forme
che danno la maggiore garanzia nei contratti fra uomini. Ma non é
poi tanto strano se diamo uno sguardo alla storia della salvezza in cui vediamo
Dio stesso scendere fra gli uomini ed usare gli stessi mezzi umani per aiutarli
a comprendere la Sua volontà.
Un patto fra uomini o gruppi di uomini ha lo scopo
di regolare fra i due contraenti, mediante l'assunzione di particolari
obblighi, una situazione giuridica sotto qualche riguardo non chiara.
Esso trasforma, mediante una norma di diritto che vincola ambedue le parti,
uno stato pericoloso e ambiguo in una interrelazione vantaggiosa. Non é
affatto importante ed indispensabile che i due contraenti siano fra
loro in posizione di parità; al contrario accadeva spesso che il
più forte concedesse alleanza al più debole. Il corrispondente
termine ebraico, reso più adeguatamente con il nostro "
obbligo, impegno", "
promessa solenne", poteva anche essere assunto
da una sola delle parti nei confronti dell'altra. Così avviene infatti
nel nostro caso in cui é Dio soltanto che si impegna nei confronti
di Abramo che resta il muto destinatario della promessa.
Il piombare giù degli avvoltoi si potrebbe intendere come un
cattivo presagio. Si tratta forse di potenze maligne che all'ultimo momento
vogliono intralciare la conclusione dell'alleanza? Il misterioso incidente
potrebbe anche alludere agli ostacoli che si oppongono alla realizzazione
della promessa.
V. 12. "Verso il tramontare
del sole, un profondo sonno cadde su Abramo; ed ecco uno spavento e una
oscurità profonda caddero su di lui"
Come abbiamo già detto questo versetto secondo la mentalità
occidentale doveva essere messo all'inizio del capitolo 15 perché
altrimenti non si spiegherebbe la visione profetica notturna vissuta da
Abramo che viene condotto fuori dalla tenda per ammirare le stelle. Tutto
avviene infatti mentre perdura questo sonno profondo, colmo di ansia e di
stordimento nel quale le attività dello spirito e della sensibilità
vengono sospese, ma in cui l'uomo può anche aprirsi ad uno stato superiore
di veglia per ricevere una rivelazione da parte di Dio.
Vv. 13-16. "Allora l'Eterno
disse ad Abramo: «Sappi per certo che i tuoi discendenti dimore-ranno
come stranieri in un paese che non sarà loro, e vi saranno schiavi
e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma io giudicherò la nazione
di cui saranno stati servi; dopo questo essi usciranno con grandi ricchezze.
Quanto a te ne andrai in pace presso i tuoi padri, e sarai sepolto dopo
una bella vecchiaia. Ma alla quarta generazione essi torneranno qui, perché
l'iniquità degli Amorei non é ancora giunta al colmo»
"
Questi versetti interrompono improvvisamente il
rito dell'alleanza. Ci si aspetterebbe, infatti, una volta terminati i
preparativi del rito, che seguisse immediatamente la teofania in cui Dio
suggella il patto con il Suo passaggio fra gli animali divisi. Si ha invece
un discorso piuttosto prolisso da parte di Dio che, anche se interrompe
il filo degli avvenimenti, serve tuttavia a chiarire meglio i termini del
patto che sta per essere stipulato.
Il brano allude infatti ai tratti oscuri che la
posterità di Abramo doveva percorrere nel cammino della sua storia,
prima che la promessa trovasse compimento. L'intento di questi versi é
chiaro: si tratta di dare una spiegazione all'enigma della mancata realizzazione
della promessa fatta ad Abramo nel corso di molte generazioni della sua
posterità. Il fatto non dipende da una mancanza di potere da parte
di Jahvé.
L'intermezzo doloroso
del soggiorno in Egitto non fu qualcosa di imprevisto. Al contrario Jahvé
ha calcolato tutto fin dal principio poiché la colpa degli Amorei
(qui intesa nel senso di popolazione cananea indigena) non era ancora giunta
al colmo. Dio quindi misura ai popoli i loro tempi (Dn 2, 21). La colpa
degli Amorei consiste anche qui certamente nel loro pervertimento sessuale
(Lv 18, 24-28). I quattrocento anni che devono trascorrere prima della
realizzazione della promessa definitiva devono essere presi come l'indicazione
di una cifra fatta in modo sommario in quanto non corrisponde esattamente
al dato fornito da Es 12, 40. Tale cifra ha inoltre valore del tutto simbolico
se messa in relazione con le quattro generazioni del v. 16. Una generazione
infatti nell'A.T. non corrisponde mai a 100 anni.
Prima che avvenga l'occupazione del suolo dei Cananei da parte dei
suoi discendenti, Abramo morirà, ma avrà una buona vecchiaia.
Avere una buona vecchiaia era sempre considerato come un grande favore
di Dio.
V. 17 "Or come il sole
si fu coricato e scesero le tenebre, ecco una fornace fumante ed una torcia
di fuoco passare in mezzo agli animali divisi
".
La teofania, che la narrazione aveva preparato in una tensione crescente,
é descritta con estremo realismo. Tuttavia si possono notare i segni
di una certa voluta misura, poiché l'autore evita accuratamente
di identificare senz'altro Jahvé con gli strani fenomeni che si
verificano. Si parla di una fornace fumante e di una torcia di fuoco che
nelle tenebre fitte si vede passare in mezzo agli animali divisi. Questa
apparizione serve a dare una garanzia del tutto concreta alla stipulazione
del patto e si svolge senza nemmeno una parola e con un atteggiamento di completa
passività da parte del contraente uomo.
Vv. 18-20. "In quel giorno
l'Eterno fece un patto con Abramo dicendo: «Io do alla tua di-scendenza
questo paese, dal torrente d'Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate: I
Kenei, i Kenizei, i Kadmonei, gli Hittei, i Perezei, i Refei, gli Amorei,
i Cananei, i Ghirgasei e i Gebusei "
Solo al v. 18 il narratore spiega l'episodio, non alludendo però
ad un suo significato più alto; constata semplicemente con un realismo
quasi giuridico il fatto che l'alleanza é stata conclusa, e poi
riferisce a mo’ di protocollo il testo dell'impegno preso da Jahvé.
L'estensione della terra promessa corrisponde a quella del regno di Salomone,
nel momento del suo maggiore splendore (1° Re 5, 1). I versetti 19 e
21 consistono nell'enumerazione di 10 popoli promessi ad Abramo come partecipanti
alla sua federazione in quanto vengono assorbiti in qualche maniera dagli
Ebrei. Di fatto, questo elenco non ha nulla a che fare con le liste deuteronomistiche
che contano sette popoli nemici di Israele