GENESI - LA STORIA PATRIARCALE
ABRAMO (Ge 12, 1 - 25, 11)
PROMESSA DI DIO
E PATTO DI ALLENZA CON ABRAMO (CAP. 15)


Il capitolo 15 svolge due temi fondamentali quello della posterità e quello della terra promessa. Questi temi sembrano, a prima vista, trattati in due blocchi ben distinti: 1-6 per la posterità e 7-21 per il possesso della terra. Non mancano tuttavia coloro che sostengono l'unitarietà dell'intero capitolo in quanto erede ed eredità sono strettamente legati fra loro e l'iniziativa di Dio si manifesta sia nei confronti dell'erede che dell'attuazione dell'eredità.

Nonostante però l'unità del capitolo, che ci fa pensare all'opera relativamente tardiva di un Redattore, é impossibile non riconoscere un'attività preletteraria che emerge qua e là nel testo con elementi molto antichi, come ad es. la legge sull'eredità (v. 3) secondo la quale chi non aveva figli, poteva nominare come suo erede un servo nato nella casa; oppure il rito del patto che consisteva nell'uccidere degli animali, dividerli in due parti e disporli l'uno di fronte all'altro in modo che i contraenti potessero passarvi in mezzo, per stabilire in forma simbolica ciò che sarebbe accaduto a chi prometteva senza mantenere la promessa. Quest'ultimo rito era comune a molti popoli antichi come testimoniano i ritrovamenti archeologici e certamente Abramo ne doveva essere a conoscenza. Di fronte alle perplessità del patriarca, Dio conferma il suo patto utilizzando un rito prettamente umano comune nell'antico Oriente.


V. 1 "Dopo queste cose la parola dell'Eterno fu rivolta in visione ad Abramo, dicendo: «Non temere, o Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima» "

Ricollegandosi direttamente ai fatti accaduti nel capitolo 14, abbiamo qui una manifestazione divina che viena introdotta con la frase: "La parola dell'Eterno fu rivolta ad Abramo in visione" a cui segue subito l'oracolo divino.

La frase "La Parola dell'Eterno fu rivolta ad...", che viene ripetuta anche al v. 4, é abbastanza insolita nel Pentateuco e sembra richiamare piuttosto lo stile profetico conosciuto nei testi ebraici antichi (1° Sm 15, 10; 2° Sm 24, 11). Il termine " in visione" denota una visione senz'altro profetica, per lo più notturna, come viene confermato anche dal v. 5 in cui Abramo viene condotto fuori per ammirare le stelle. Questo ci fa pensare che Abramo si trovasse nella sua tenda di sera quando l'Eterno si manifestò a lui per mezzo di una visione.
 
Questa conclusione  può sembrare in contrasto con quanto avviene successivamente al v. 12 in cui si dice che "Verso il tramontare del sole, un profondo sonno cadde su Abramo ". Se teniamo però presente che la perfetta cronologia degli avvenimenti non rientra nello stile semitico, possiamo ricostruire i fatti in questa maniera: Verso il tramonto del sole, mentre si trovava nella sua tenda, Abramo viene colto da un sonno profondo. Poiché questo sonno profondo non é la naturale conseguenza di una stanchezza fisica, ma é provocato da Dio stesso per poter entrare in contatto con lui, uno spavento ed una oscurità profonda assalgono Abramo che si trova in prossimità di un avvenimento trascendentale, superiore alle sue capacità di comprensione. Successivamente avviene la visione vera e propria, che rappresenta l'oggetto di tutto il capitolo 15, in cui Dio parla direttamente con Abramo, rassicurandolo sulle promesse riguardanti la discendenza e ed il possesso della terra da parte dei suoi diretti eredi. Questa ricostruzione degli avvenimenti ci spiegherebbe come mai Dio in questa visione si rivolga ad Abramo anzitutto con parole rassicuranti: " Non temere... ". L'immediato rivolgersi della divinità all'uomo era sentito dagli antichi come qualcosa di assai più terrificante di quanto esso non sia per la pietà moderna. Ma Abramo non deve cedere a questo istinto di terrore che prova l'uomo primitivo di fronte alla divinità.

Già dall'inizio del capitolo possiamo quindi affermare che il rapporto tra Dio ed Abramo viene rappresentato nei termini delle vocazioni profetiche ed ha quindi tutte le caratteristiche di una profezia. Abramo stesso infatti é una persona profeticamente autorizzata (Ge 20, 7) ed il suo rapporto con Dio ha le stesse modalità che contraddistinguono i profeti (Nm 24, 4.16). Questa profezia é legata inoltre con un oracolo della divinità, caratteristico delle visioni profetiche (Ez 13, 7). Un parallelo di questa visione notturna lo possiamo trovare nel passo di Gb 4, 12-16 in cui questa visione é ricevuta con una viva lucidità mentale ed é accompagnata anche da particolari fenomeni psichici.


Alla visione profetica, come abbiamo detto, é strettamente legato l'oracolo divino. Dopo la solita esortazione a non temere il contatto mistico con la divinità c’è la promessa della protezione del Dio personale ed una grandissima ricompensa. La rinuncia di Abramo ad arricchirsi con i beni offerti dal re di Sodoma viene ricompensata dal Dio Altissimo di Melchise-dek, signore e padrone del cielo e della terra, che si avvicina profondamente ad Abramo e gli si offre come protettore. Lo scudo é una metafora biblica comunissima nel linguaggio liturgico, per indicare l'attività protettrice di Dio a favore del proprio amico, essenzialmente debole e sperduto (Dt 33, 29; Sl 3, 3; 7, 10; Pr 2, 7; 30, 5). Una volta che Dio protegge il proprio vassallo, lo fa partecipe anche della sua ricchezza infinita.

Vv.. 2-3. "Ma Abramo disse:«Signore, Eterno, che mi darai, perché sono senza figli e l'erede della mia casa é Eliezer di Damasco?» Poi Abramo soggiunse:«Tu non mi hai dato alcuna discendenza; or ecco uno nato in casa mia sarà mio erede» "

A seguito delle parole incoraggianti da parte di Dio, Abramo avrebbe potuto pensare tanto alla terra promessa, quanto alla progenie. Non ci può però essere alcuna eredità se non c’è l'erede. Abramo quindi chiede delle spiegazioni. Come potrà ricevere la grandissima ricompensa promessa dal momento che non ha figli e che l'unico erede della sua casa altri non é se non un tale ELiezer di Damasco? Abramo si lagna con il Dio che gli promette ricchezze e possessi, ma lo fa morire senza figli e con la prospettiva che ogni suo bene venga ereditato da un estraneo, non legato a lui da vincoli di sangue, ma da un semplice contratto di adozione di tipo Hurritico. Secondo questo tipo di contratto l'adottante poteva adottare una persona a lui gradita che, in vista dell'eredità, si impegnava ad assistere l'adottante durante la vita ed a provvedere alla sua sepoltura dopo la morte.

La questione angoscia a tal punto Abramo che, seppure in termini diversi, ripete la sua lagnanza a Dio. Alcuni pensano che il v. 3 sia una ripetizione del v. 2 in quanto l'autore sacro, trovandosi in presenza di due fonti diverse, avrebbe cercato di amalgamarle insieme. Anche se non possiamo scartare del tutto questa ipotesi, ci sembra abbastanza verosimile l'insistenza di Abramo dal momento che si trovava nello stato d'animo di colui che, pur avendo il favore di Dio, non vedeva alcuna prospettiva di adempimento delle promesse fattegli.

Vv. 4-5 "Allora la parola dell'Eterno gli fu rivolta, dicendo:«Questi non sarà tuo erede; ma colui che uscirà dalle tue viscere sarà tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse:«Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare», quindi aggiunse:«Così sarà la tua discendenza» ".

Ripetendo la stessa frase che era servita ad introdurre il primo oracolo di Dio, l'autore sacro riporta questo secondo oracolo con il quale l'Eterno rassicura il proprio protetto: " non un estraneo, ma colui che uscirà dalle sue viscere sarà suo diretto erede". Questo in poche parole significa che, non solo Abramo avrà un figlio suo, ma la sua discendenza sarà così numerosa come sono numerose le stelle che si possono ammirare nel cielo. Dio Infatti conduce fuori Abramo e gli fa ammirare le stelle del cielo che sono prese come paragone per indicare il numero dei suoi discendenti, numero talmente grande da non potersi neppure contare, come non si possono contare le stelle che brillano nel cielo notturno. Questo ci ricorda la promessa già fatta ad Abramo nel capitolo 13, dove il paragone veniva fatto allora con la polvere della terra. Si tratta ovviamente di una esagerazione semitica che vuole sottolineare le capacità fecondative comunicate ad un uomo benedetto da Dio.

La frase "Allora la parola dell'Eterno gli fu rivolta" sta ad indicare che ci troviamo sempre in presenza di una visione profetica in cui Abramo, immerso in un sonno profondo, può comunicare direttamente con Dio.

V. 6 "Ed egli credette all'Eterno, che glielo mise in conto di giustizia "

Abramo, senza figli ed ancora pellegrino nella terra promessa, rimette la propria causa nelle mani di Jahvé, credendolo suo valido protettore contro il demone della infecondità che perseguita la sua casa. Iddio gli conta questa sua fede  come valida, per ottenere la giustizia. cioè l'adempimento di tutte le promesse già fattegli.
La frase ha un duplice soggetto: Abramo ha la fede e Dio gli imputa questo fatto come giustizia. Il cambio implicito di soggetto, in una medesima proposizione non é una cosa strana nel linguaggio ebraico.

La frase del versetto 6, per il suo profondo significato teologico é stata più volte ripresa dagli autori del Nuovo Testamento ed in modo particolare nel capitolo 4 della lettera ai Romani e nel capitolo 3 della lettera ai Galati, nei quali l'apostolo Paolo tratta della giustificazione per fede. La fede che ha mosso il patriarca Abramo a credere, contro ogni evidenza, alle promesse di Dio é la stessa fede che deve spingere oggi i cristiani a credere nella potenza redentrice di Dio per mezzo di Cristo. Come Abramo per questa fede ottenne giustizia, così oggi i credenti con la stessa fede possono essere giustificati.

Ma di quale fede si tratta? Di una fede teorica ed astratta che si manifesta soltanto a parole? A questi interrogativi risponde Giacomo nella sua lettera al capitolo 2, 14-26 dove viene ripreso ed esaminato lo stesso passo di Ge 15, 6. sotto un angolazione diversa. La fede di Abramo non si é fermata soltanto alle parole, ma si é manifestata in un comportamento ben preciso. Quando Dio gli ha chiesto di offrire l'unico figlio Isacco sull'altare, Abramo non ha dimostrato alcuna esitazione nell'obbedire a questa richiesta che lo avrebbe privato del suo unico discendente. Questa é la fede di Abramo che Dio gli ha messo in conto di giustizia.

Non dobbiamo tuttavia pensare che ci sia divergenza fra il pensiero di Paolo e quello di Giacomo. Ambedue infatti non potevano non conoscere la storia patriarcale relativa ad Abramo ed ambedue avevano senz'altro presente che la fede di Abramo si era manifestata con azioni concrete. A questa fede ed a questa fede soltanto essi si riferivano quando la mettevano in stretta relazione con la giustificazione dei credenti. Essi certamente pensavano ad una "fede operante per mezzo dell'amore" (Gl 5, 6) che si manifesta in maniera concreta nella nuova creazione di Dio per mezzo di Cristo (2° Cor. 5, 17) con l'essere "una nuova creatura " (Gl 6, 15).

Vv. 7-8 "Poi l'Eterno gli disse: «Io sono l'Eterno chi ti ha fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese in eredità». E Abramo chiese: «Signore, Eterno, da che cosa pos-so io saper che l'avrò in eredità?» ".

Quello stesso Dio che era apparso in visione ad Abramo, che gli aveva manifestato la sua protezione (scudo) e la sua benedizione (grandissima ricompensa), che lo aveva rassicurato sulla discendenza ed a cui Abramo aveva fatto professione di fede, ora si presenta in maniera solenne e si qualifica come lo stesso Jahvé che lo aveva chiamato dal paese dei suoi avi, da Ur dei Caldei per dargli in eredità la terra di Canaan. Questa presentazione da parte di Dio nel contesto della visione, dopo quanto era avvenuto finora, può sembrare alquanto strana se non si considera il fatto che la chiamata di Abramo da Ur dei Caldei é strettamente legata alla promessa dell'eredità della terra di Canaan. Poiché si stava preparando il rito che doveva sancire in maniera solenne il patto fra Dio ed Abramo, l'autore sacro ha voluto introdurre a questo punto la formula solenne di presentazione della divinità per sottolineare l'importanza del gesto che stava per essere compiuto proprio in quel momento.

Anche la richiesta di Abramo potrebbe sembrare strana dopo la professione di fede da lui manifestata poco fa e che gli era valsa la giustificazione da parte di Dio. Questa richiesta da parte di Abramo che, nonostante fosse solidamente fondato sulla fede, chiede un segno su come le promesse saranno mantenute, serve solamente a preparare l'atmosfera del giuramento solenne da parte di Dio. Secondo la mentalità del tempo era assolutamente necessario che qualsiasi patto o alleanza fosse sancita in maniera solenne con un rito tipico che vedremo più avanti.

Vv. 9-11 "Allora l'Eterno gli disse: «Portami una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni. una tortora ed un piccione giovane». Allora Abramo gli portò tutti questi animali, li divise in due e pose ciascuna metà di fronte all'altra; ma non divise gli uccelli. Or alcuni uccelli rapaci calarono sulle bestie morte, ma Abramo li scacciò ".

Gli animali che Abramo deve preparare non sono in funzione di un sacrificio, ma del rito del Patto; infatti i pezzi di carne non saranno mangiati o bruciati, ma ricoperti di terra come qualcosa di maledetto. Si trattava di una misteriosa cerimonia, comunissima nell'ambiente dell'antico Oriente secondo cui il taglio dell’alleanza era lì a testimoniare contro i possibili spergiuri della medesima. Gli animali dovevano essere divisi a metà e le due metà dovevano essere poste l'una di fronte all'altra in modo da permettere ai contraenti di passarvi in mezzo. Con questo gesto i contraenti  si impegnavano a rispettare l'alleanza o a subire in caso contrario la stessa sorte degli animali uccisi. (Gr 34,18-20).

Alla preparazione del rito dell'alleanza vengono predisposti anche una tortora ed un piccione che rappresentano due simboli della posterità di Abramo, due presagi favorevoli alle nascite di bambini. Quando la colomba é figura del popolo protetto da Dio, allora, come nel nostro caso non deve essere divisa, né sacrificata. Deve solo comparire nel rito.

Ciò che di strano vi é in tutto questo e anche di unico nella storia delle religioni é che Dio stesso per stringere un rapporto di unione con Abramo usi quelle forme che danno la maggiore garanzia nei contratti fra uomini. Ma non é poi tanto strano se diamo uno sguardo alla storia della salvezza in cui vediamo Dio stesso scendere fra gli uomini ed usare gli stessi mezzi umani per aiutarli a comprendere la Sua volontà.

Un patto fra uomini o gruppi di uomini ha lo scopo di regolare fra i due contraenti, mediante l'assunzione di particolari obblighi, una situazione giuridica sotto qualche riguardo non chiara. Esso trasforma, mediante una norma di diritto che vincola ambedue le parti, uno stato pericoloso e ambiguo in una interrelazione vantaggiosa. Non é affatto importante ed indispensabile che i due contraenti siano fra loro in posizione di parità; al contrario accadeva spesso che il più forte concedesse alleanza al più debole. Il corrispondente termine ebraico, reso più adeguatamente con il nostro " obbligo, impegno", " promessa solenne", poteva anche essere assunto da una sola delle parti nei confronti dell'altra. Così avviene infatti nel nostro caso in cui é Dio soltanto che si impegna nei confronti di Abramo che resta il muto destinatario della promessa.
Il piombare giù degli avvoltoi si potrebbe intendere come un cattivo presagio. Si tratta forse di potenze maligne che all'ultimo momento vogliono intralciare la conclusione dell'alleanza? Il misterioso incidente potrebbe anche alludere agli ostacoli che si oppongono alla realizzazione della promessa.

V. 12. "Verso il tramontare del sole, un profondo sonno cadde su Abramo; ed ecco uno spavento e una oscurità profonda caddero su di lui"

Come abbiamo già detto questo versetto secondo la mentalità occidentale doveva essere messo all'inizio del capitolo 15 perché altrimenti non si spiegherebbe la visione profetica notturna vissuta da Abramo che viene condotto fuori dalla tenda per ammirare le stelle. Tutto avviene infatti mentre perdura questo sonno profondo, colmo di ansia e di stordimento nel quale le attività dello spirito e della sensibilità vengono sospese, ma in cui l'uomo può anche aprirsi ad uno stato superiore di veglia per ricevere una rivelazione da parte di Dio.

Vv. 13-16. "Allora l'Eterno disse ad Abramo: «Sappi per certo che i tuoi discendenti dimore-ranno come stranieri in un paese che non sarà loro, e vi saranno schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma io giudicherò la nazione di cui saranno stati servi; dopo questo essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te ne andrai in pace presso i tuoi padri, e sarai sepolto dopo una bella vecchiaia. Ma alla quarta generazione essi torneranno qui, perché l'iniquità degli Amorei non é ancora giunta al colmo» "

Questi versetti interrompono improvvisamente il rito dell'alleanza. Ci si aspetterebbe, infatti, una volta terminati i preparativi del rito, che seguisse immediatamente la teofania in cui Dio suggella il patto con il Suo passaggio fra gli animali divisi. Si ha invece un discorso piuttosto prolisso da parte di Dio che, anche se interrompe il filo degli avvenimenti, serve tuttavia a chiarire meglio i termini del patto che sta per essere stipulato.

Il brano allude infatti ai tratti oscuri che la posterità di Abramo doveva percorrere nel cammino della sua storia, prima che la promessa trovasse compimento. L'intento di questi versi é chiaro: si tratta di dare una spiegazione all'enigma della mancata realizzazione della promessa fatta ad Abramo nel corso di molte generazioni della sua posterità. Il fatto non dipende da una mancanza di potere da parte di Jahvé.
 
L'intermezzo doloroso del soggiorno in Egitto non fu qualcosa di imprevisto. Al contrario Jahvé ha calcolato tutto fin dal principio poiché la colpa degli Amorei (qui intesa nel senso di popolazione cananea indigena) non era ancora giunta al colmo. Dio quindi misura ai popoli i loro tempi (Dn 2, 21). La colpa degli Amorei consiste anche qui certamente nel loro pervertimento sessuale (Lv 18, 24-28). I quattrocento anni che devono trascorrere prima della realizzazione della promessa definitiva devono essere presi come l'indicazione di una cifra fatta in modo sommario in quanto non corrisponde esattamente al dato fornito da Es 12, 40. Tale cifra ha inoltre valore del tutto simbolico se messa in relazione con le quattro generazioni del v. 16. Una generazione infatti nell'A.T. non corrisponde mai a 100 anni.

Prima che avvenga l'occupazione del suolo dei Cananei da parte dei suoi discendenti, Abramo morirà, ma avrà una buona vecchiaia. Avere una buona vecchiaia era sempre considerato come un grande favore di Dio.

V. 17 "Or come il sole si fu coricato e scesero le tenebre, ecco una fornace fumante ed una torcia di fuoco passare in mezzo agli animali divisi ".

La teofania, che la narrazione aveva preparato in una tensione crescente, é descritta con estremo realismo. Tuttavia si possono notare i segni di una certa voluta misura, poiché l'autore evita accuratamente di identificare senz'altro Jahvé con gli strani fenomeni che si verificano. Si parla di una fornace fumante e di una torcia di fuoco che nelle tenebre fitte si vede passare in mezzo agli animali divisi. Questa apparizione serve a dare una garanzia del tutto concreta alla stipulazione del patto e si svolge senza nemmeno una parola e con un atteggiamento di completa passività da parte del contraente uomo.

Vv. 18-20. "In quel giorno l'Eterno fece un patto con Abramo dicendo: «Io do alla tua di-scendenza questo paese, dal torrente d'Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate: I Kenei, i Kenizei, i Kadmonei, gli Hittei, i Perezei, i Refei, gli Amorei, i Cananei, i Ghirgasei e i Gebusei "

Solo al v. 18 il narratore spiega l'episodio, non alludendo però ad un suo significato più alto; constata semplicemente con un realismo quasi giuridico il fatto che l'alleanza é stata conclusa, e poi riferisce a mo’ di protocollo il testo dell'impegno preso da Jahvé. L'estensione della terra promessa corrisponde a quella del regno di Salomone, nel momento del suo maggiore splendore (1° Re 5, 1). I versetti 19 e 21 consistono nell'enumerazione di 10 popoli promessi ad Abramo come partecipanti alla sua federazione in quanto vengono assorbiti in qualche maniera dagli Ebrei. Di fatto, questo elenco non ha nulla a che fare con le liste deuteronomistiche che contano sette popoli nemici di Israele