I VANGELI DELL'INFANZIA
I N T R O D U Z I O N E

Quando parliamo di vangeli dell’infanzia ci riferiamo direttamente ai primi due capitoli dei vangeli di Matteo e Luca. Costoro infatti sono gli unici evangelisti che ci hanno trasmesso alcuni episodi dell’infanzia di Gesù.

Noi sappiamo da diversi passi degli Atti che l’oggetto della predicazione, dell’annunzio (kérigma), della primitiva comunità cristiana, nei primi due decenni dopo la Pentecoste, era la vita pubblica di Gesù, a incominciare dal suo battesimo ricevuto dal Battista lungo le rive del Giordano, fino alla sua morte in croce e successiva risurrezione.

Quando dopo l’ascensione gli undici decidono di eleggere un successore a Giuda, Pietro afferma: « Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia per tutto il tempo in cui il Signor Gesù è andato e venuto tra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui egli fu portato in cielo da mezzo a noi, uno di questi diventi testimone con noi della sua risurrezione» (At 1, 21-22). Dello stesso tenore sono le parole di Pietro al centurione Cornelio che troviamo in At 10, 37-43 ed il discorso di Paolo nella sinagoga di Antiochia di Psidia di At 13, 23-33. In questi passi abbiamo i termini cronologici della primitiva predicazione cristiana.

Alcuni esegeti contemporanei addirittura, basandosi su 1 Cor 15, 1-5 (considerata la più antica testimonianza della predicazione apostolica), ritengono che il racconto della passione, morte e risurrezione di Gesù sia stato il nucleo più antico dei vangeli, tanto nella formulazione orale che in quella di piccole unità letterarie. Comunque il vangelo che forse più integralmente ha tramandato la forma originale dell’annuncio primitivo è quello di Marco, per il quale il «principio » storico e teologico del «vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» inizia proprio con la predicazione del Battista (Mc 1, 1-4). Con Marco concorda sostanzialmente anche Giovanni, giacché anche il quarto vangelo non ha alcuna narrazione sulla nascita e sull’infanzia di Gesù, e dopo la grande "ouverture", rappresentata dal prologo, inizia subito con la predicazione del Battista.

È molto probabile quindi che il cosiddetto "vangelo dell’infanzia", che troviamo in Matteo e Luca, non facesse parte del primitivo annuncio cristiano (kérigma). Ciò non esclude però che esso facesse parte della catechesi e della liturgia, che approfondivano e sviluppavano il kérigma primitivo. Il materiale di cui si compone questo "vangelo dell’infanzia" non deve essere stato raccolto molto presto in piccole unità letterarie, ma solo in un secondo tempo. Ciò risulta anche dal fatto che gli episodi dell’infanzia non vengono mai citati negli altri scritti del Nuovo Testamento.

È stato solo in un secondo tempo, per venire incontro alla legittima curiosità e soprattutto alla pietà dei convertiti, che si cominciò ad indagare e ad esporre nella catechesi e a rivivere nella liturgia i fatti precedenti la vita pubblica: cioè come Gesù fosse venuto al mondo, che cosa avesse fatto da bambino e da fanciullo. Tale graduale spostamento dalla Pasqua al Natale, grazie anche alla numerosa letteratura apocrifa, si andò sempre più accentuando nel corso dei secoli, fino a far passare in seconda linea l’importanza salvifica centrale della morte e della risurrezione di Gesù.

Le fonti, a cui potevano attingere gli evangelisti per i loro racconti dell’ infanzia, non erano ancora del tutto scomparse: era ancora viva la principale protagonista, la madre di Gesù, o almeno coloro che avevano potuto parlare ripetutamente con lei; erano ancora vivi i fratelli del Signore; anzi uno di loro Giacomo era divenuto il principale esponente dei giudeo-cristiani di Gerusalemme.

Quindi accanto al più vasto ciclo della vita pubblica, incominciarono a sorgere delle raccolte più piccole che riunivano alcuni fatti dell’infanzia di Gesù e che li facevano rivivere nella liturgia e nella catechesi. Anzi sorsero due cicli dei racconti dell’infanzia: Quello di Matteo e quello di Luca, tra loro indipendenti e non sovrapponibili. Infatti se si confrontano fra loro non rivelano alcuna mutua dipendenza letteraria anche se suppongono un substrato tradizionale comune in alcuni elementi principali.

Matteo raccolse concatenandoli fra loro alcuni episodi, Luca ne raccolse altri. Matteo si rifà maggiormente alla tradizione della famiglia di Giuseppe ed ha come centro Betlemme, mentre Luca si rifà di più alla figura di Maria ed ha come centro Nazareth. Ognuno dei due evangelisti ha come scopo di mettere in risalto determinati aspetti ed insegnamenti e quindi ciascuno di loro ha un proprio stile e si propone di sviluppare una sua propria teologia.

Questi due cicli, ad un attento esame critico, risultano internamente molto omogenei ed organizzati, tanto da costituire, insieme con le narrazioni della passione, i brani meglio costruiti di tutti i vangeli. Questo risulta maggiormente da un confronto con il resto dei rispettivi vangeli dove sono più evidenti tracce di accostamenti e sovrapposizioni di vari strati redazionali.

Alcuni esegeti si sono chiesti anche se i due vangeli dell’infanzia siano stati veramente composti dai due evangelisti Matteo e Luca, quando diedero forma definitiva ai loro vangeli greci, così come sono pervenuti fino ai nostri giorni; oppure se essi li abbiano invece già trovati organicamente composti in fonti orali e scritti precedenti e li abbiano quindi inseriti come si trovavano nei loro vangeli.

Lo stile, che ha qualche elemento di diversità rispetto al resto dei vangeli, farebbe propendere per questa seconda ipotesi; però sono molto di più le somiglianze sia di stile, ma soprattutto di teologia, per cui al giorno d’oggi quasi tutti gli studiosi concordano nel pensare che tutti i racconti siano stati letterariamente composti da Matteo e Luca o che comunque siano stati almeno da loro profondamente rielaborati prima di inserirli nei rispetti vangeli.

Comunque la cosa non ha rilievo per la nostra fede: questi testi infatti rimangono ispirati e normativi per noi cristiani sia nel caso che siano stati composti da Matteo e Luca, sia nel caso che siano stati fatti propri dai due evangelisti (con o senza ritocchi redazionali) in base ad un documento orale o scritto precedente. Essi risalgono comunque sempre alla prima e seconda generazione cristiana: anzi accettando l’ipotesi della loro preesistenza, essi acquistano maggior valore dal punto di vista della loro autorevolezza e della attendibilità storica, essendo già stati composti e usati dalle comunità cristiane ancor prima della loro definitiva stesura da parte dei due evangelisti canonici Matteo e Luca.

Quello che è importante per noi è tenere presente che i due cicli hanno avuto un’origine indipendente e che ciascun autore ha scelto e disposto i fatti secondo una propria visione teologica.

Luca, per esempio, in base alle sue tendenze dottrinali ed alle esigenze esistenziali della sua comunità, si propone di mettere in evidenza le ripercussione che la nascita di Gesù ha avuto tra le persone pie ed umili di Israele (Maria, Zaccaria ed Elisabetta, i pastori, Simeone ed Anna). Luca, per il suo amore verso i poveri ed i diseredati, mette in risalto la povertà della nascita di Gesù, posto in una mangiatoia; ricorda l’episodio dei pastori, gente umile e disprezzata; si sofferma  sulle figure femminili di Maria ed Elisabetta.

Matteo, al contrario, vuole mettere in risalto le ripercussioni che la nascita di Gesù ha avuto tra i potenti, i capi politici e religiosi della nazione (Erode ed il sinedrio ebraico). Egli si preoccupa di mettere in risalto al figura regale di Gesù e ricorda quindi l’episodio dell’adorazione dei Magi; la fuga in Egitto per sfuggire alla persecuzione di Erode.

Dal racconto di Luca risulta quindi una storia felice, traboccante di gioia per la venuta del Messia, con narrazioni idilliache e melodiose in cui l’ombra della croce è ancora lontana. Matteo invece ci racconta una storia conturbante piena di avvenimenti minacciosi e crudeli, dove già incombe la paura e la persecuzione.

A questo punto, per concludere, ci si deve porre la questione se questi due vangeli dell’infanzia possano essere meditati e studiati insieme o se invece sia preferibile esaminarli prima separatamente l’uno dall’altro. Da quanto abbiamo detto finora è preferibile la seconda soluzione che è senz’altro quella più ovvia. Vedremo quindi prima il vangelo dell’infanzia secondo Matteo e in un secondo tempo quello secondo Luca. In questo modo avremo la possibilità di mettere in risalto il caratteristico messaggio di ciascun evangelista.

Una volta messi in risalto separatamente questi due cicli per coglierne le rispettive teologie, potremo anche fare un accostamento fra loro. Ci accorgeremo così che queste due teologie, pur con prospettive diverse, non sono fra loro contraddittorie, ma anzi esse concordano da un punto di vista storico nei fatti essenziali. Per esempio entrambe le narrazioni concordano nello sposalizio di Maria con Giuseppe della stirpe di Davide, concordano nella concezione verginale di Gesù per opera dello Spirito Santo, concordano nella nascita di Gesù nella città davidica di Betlemme, nell’imposizione al bambino del significativo nome di Gesù, nel soggiorno di Gesù prima della sua vita pubblica nell’umile borgata di Nazaret.