Giro di vite del Garante per la privacy

Risultano ambigue, invadenti, accanite! Sono le e.mail spam ovvero le offerte commerciali non richieste che inondano quotidianamente la posta elettronica di milioni di utenti di internet. Trasferiscono virus e intasano la memoria dei computer, rallentano l'attività produttiva, costano milioni di euro in termini complessivi di utilizzo delle linee telefoniche da parte di tutti coloro che sono costretti a scaricare, quotidianamente, spazzatura. Spesso nascondono tentativi di truffa o immagini e messaggi non adatti a bambini. Finalmente, dopo alcune condanne che hanno provocato anche la sospensione dell'attività di società e persone, il Garante della privacy Stefano Rodotà ha adottato un nuovo provvedimento (puoi consultarlo in formato .pdf) per frenare l'invio online di promozioni o pubblicità non richieste, recependo le indicazioni approvate dall'Unione europea lo scorso anno, in tema di contrasto allo spamming e contenute nel "Codice in materia dei dati personali", pubblicato con Decreto legislativo del 30 giugno 2003 n. 196. In sostanza, spedire e.mail pubblicitarie senza il consenso del destinatario oppure omettendo di indicare in modo chiaro il mittente del messaggio e l’indirizzo fisico presso il quale i destinatari possono rivolgersi per chiedere che i propri dati personali non vengano più usati, è vietato dalla legge. Chi contravviene, rischia sanzioni pecuniarie che vanno dai 3 mila euro fino ai 90 mila per omessa informativa all'utente. Ma è previsto anche il carcere, da sei mesi a tre anni, se si è fatto uso illecito di dati altrui per ricavare un ingiusto profitto o si è provocato un danno. Chi utilizza le e.mail per comunicazioni commerciali e promozionali deve ricordare che gli indirizzi di posta elettronica sono considerati dati personali. Quindi, il fatto che essi possano essere trovati con facilità su newsgroup, forum, chat oppure liste anagrafiche di abbonati ad un Internet provider o ad una newsletter, pubblicati su siti web di soggetti privati o pubblici, non implica il diritto di utilizzarli liberamente per qualsiasi scopo, come l’invio di messaggi pubblicitari. Gli indirizzi di posta elettronica, insomma, non sono pubblici nel senso corrente del termine; anzi, il consenso è necessario anche quando gli indirizzi sono formati ed utilizzati automaticamente mediante un software, senza verificare se essi siano effettivamente attivi e a chi pervengano, e anche quando non sono registrati dopo l’invio dei messaggi. Il consenso del destinatario deve essere acquisito prima dell’invio dell'e.mail, dopo averlo informato chiaramente sugli scopi per i quali i suoi dati personali (indirizzo di posta elettronica) verranno usati. Inoltre, non è ammesso l’invio anonimo di messaggi pubblicitari, cioè senza l’indicazione della fonte di provenienza del messaggio o di coordinate veritiere, in modo da garantire agli interessati la possibilità di far valere i diritti riconosciuti dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali, come la revoca del consenso, la richiesta di conoscere la fonte dei dati, la cancellazione dei dati dall’archivio e quant'altro stabilito dalla normativa. (settembre 2003)

 

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IL PROVVEDIMENTO DEL GARANTE

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